The Gentlemen su Netflix – Il gagliardo ritorno di Guy Ritchie di Diego Castelli
Una simpatica accozzaglia di manigoldi uniti dall’unico obiettivo di farci divertire
Nel mondo seriale che stiamo vivendo, pieno di spin-off, remake, adattamenti e revival di serie vecchissime, la notizia di una nuova versione di qualcosa che già conosciamo viene spesso accolta con un’iniziale curiosità, seguita quasi subito da uno sbuffo di noia.
“Signora mia, al giorno d’oggi non ci si inventa più niente”.
Esistono però modi per dare un boost emotivo anche a questa pratica, per esempio quello di puntare su un autore dallo stile riconoscibilissimo e molto amato, che mancava dalla serialità da vent’anni, e che al solo nominarlo viene da dire “aspetta aspetta, fammi capire bene”.
Stiamo parlando di Guy Ritchie, regista di Snatch, dei due Sherlock Holmes con Robert Downey Jr., ex marito di Madonna, e personaggio molto riconoscibile a Hollywood per il suo stile svelto, tamarro, divertente, spesso caricaturale.
Ritchie aveva già tentato la via della serialità tratta da un suo film con Lock, Stock…, serie britannica del 2000 tratta da Lock & Stock – Pazzi scatenati, uscito nel 1998.
Oggi ci riprova a quasi venticinque anni di distanza, dall’alto di una reputazione molto più solida, e con mezzi ben diversi: e quindi eccoci a parlare di The Gentlemen, disponibile su Netflix e tratta dall’omonimo film del 2019.
Per essere subito chiari, questa nuova The Gentlemen non ha alcuno specifico legame narrativo con il film, che vantava un cast d’eccezione con Matthew McConaughey, Charlie Hunnam, Michelle Dockery, Jeremy Srtrong, Colin Farrell e Hugh Grant.
Diciamo che stanno nello stesso universo e condividono lo stesso mood.
Il protagonista è Edward, interpretato da Theo James, che di professione fa il soldato dell’ONU ma è anche il secondogenito di un’importante famiglia nobile inglese.
Quando suo padre muore, Edward torna a casa per salutarlo un’ultima volta e assistere alla lettura del testamento, che a sorpresa lascia quasi tutti i possedimenti del duca, compresi castello e tenuta, proprio a lui invece che a suo fratello, l’indebitato, inaffidabile, mezzo alcolista e fattone Freddy (Daniel Ings).
Le sorprese, però, non sono finite, perché Edward scopre che il padre, ormai da anni, affittava i sotterranei della tenuta nei quali la famiglia Glass – il carcerato Bobby e la figlia Susie (Kaya Scodelario) – gestisce un centro di produzione illegale di marijuana.
La serie, quindi, racconta il tentativo di Edward di gestire questa novità, fra desiderio di innocenza e frizzanti prospettive di guadagno.
La costruzione di The Gentlemen è relativamente semplice: per ottenere ciò che vuole e proteggere la sua famiglia e la sua eredità, Edward è costretto ad accettare una serie di compromessi. Tipicamente, questo significa ottenere qualcosa offrendo qualcosa in cambio. Solo che, puntualmente, la necessità di ottenere qualcosa da qualcuno implica il bisogno di chiedere qualcosa a qualcun altro, con la creazione di una catena di favori (tutti poco legali, diciamo) che consente a Guy Ritchie di fare quello che sa fare meglio, ovvero presentare al pubblico una lunga lista di criminali fa fumetto, esilaranti, stravaganti, esageratissimi.
La base del divertimento di The Gentlemen è proprio questa, ovvero una collezione di “gentiluomini” che non lo sono poi troppo, uniti nelle maniere più disparate e creative da avidità, potere, vendetta, e naturalmente parentela, perché tutto parte in primo luogo dalla necessità per Edward di evitare che gli ammazzino il fratello pieno di debiti con la mala.
E nel fare tutto questo c’è anche tempo per costruire molto bene alcuni personaggi (ottima la presentazione di Edward, che in una scena breve ma significativa si pone come il leader calmo e ragionevole la cui intelligenza verrà messa a dura prova), le dinamiche fra di loro (in particolare la strana alleanza fra Edward e Susie), e il continuo saliscendi del racconto fra l’altezza dei nobili e dei ricchi, e le bassezze dei criminali più scalcagnati, con il nemmeno troppo vado suggerimento che, fra gli uni e gli altri, non ci sia poi molta differenza.
The Gentlemen funziona, e pure bene, perché non spreca quasi niente: i dialoghi se ne fregano del realismo perché gli interessa di più la costruzione di caratteri furbi, tosti, o al contrario sfigati e buffi, ma sempre sopra le righe. Gli eventi si susseguono a ritmo forsennato, nei primi due episodi succede di tutto, e non c’è un attimo di sosta.
Quella di The Gentlemen è una serialità di intrattenimento, ma che l’intrattenimento lo sa fare, perché si ricorda che il primo obiettivo della serialità (anche se a volte lo si dimentica) dovrebbe essere quello di farti venire voglia di vedere il prossimo episodio, e in questo The Gentlemen non tradisce, perché quando hai passato un’oretta in compagnia di questa banda di freak, sicuro vuoi passarne subito un’altra.
Un paio di difetti li ha, che forse derivano proprio dalla sua genesi cinematografica. Nel tentativo di costruire un orologio perfetto che duri otto ore, Guy Ritchie e i suoi in qualche punto sbandano, e quello che nei primi tre-quattro episodi è effettivamente un ingranaggio calibratissimo, poi si concede qualche forzatura e twist “perché sì”, come se dopo un lungo scatto emergesse un po’ di fiatone.
Ci sono un paio di sorprese che non riescono a essere inaspettate come probabilmente avrebbero voluto, e possiamo dire che la stagione inizia meglio di come finisce, nel senso che manca il senso di un’esplosione finale, un ultimo scatto che arrivi ancora più in alto rispetto all’inizio già molto robusto (e si sa che, nei film ma anche nelle serie, per lo meno nelle singole stagioni, finire più in alto di dove si è iniziato sarebbe sempre una buona cosa).
Si tratta però di sbavature non così importanti, proprio perché il livello è alto dall’inizio alla fine.
Secondo il Villa, a oggi (12 marzo 2024) The Gentlemen dovrebbe balzare diretta al primo posto della nostra classifica. Io ci tengo ancora Shōgun, in attesa di vedere come finirà, perché a fronte dei primi tre episodi la ritengo una serie più grossa, più potente, e potenzialmente più memorabile (parametro, questo, difficilissimo da stabilire “a caldo”).
La domanda però è legittima e resta al momento sospesa, a riprova del fatto che quando Guy Ritchie cala otto episodi in cui la sua firma si vede benissimo, non possono che essere un divertimento totale, da gustarsi con popcorn, copertina, e risate sguaiate.
A posto così.
Perché seguire The Gentlemen: se vi piace lo stile rapido, violento e dissacrante di Guy Ritchie, qui ce n’è quanto volete.
Perché mollare The Gentlemen: perché a voi le storie di criminali piacciono solo se sono pesantone.