Constellation su Apple Tv+ – Un thriller che forse abbiamo già visto di Diego Castelli
Constellation mette insieme un bel cast e buoni mezzi, lasciandoci però un’impressione di scarsa originalità. Ma può migliorare.
Devo dirvi la verità: senza volerlo veramente, senza cioè farne il frutto di un’analisi razionale, puntavo molto a Constellation come nuovo primo posto della nostra classifica annuale, attualmente occupato da uno show molto bello e stratificato (Mr. and Mrs. Smith) che però vorrei non fosse la miglior serie dell’anno, perché sarebbe un po’ pochino.
Avvicinarsi a una serie con aspettative troppo alte è la classica ricetta della delusione, ma il trailer molto ricco, la presenza di due facce intriganti come Noomi Rapace e Jonathan Banks, e la certezza che Apple Tv+ raramente sbaglia del tutto, mi fomentavano l’entusiasmo.
Dopo i primi tre episodi però, e pur ammettendo la presenza di ampi margini di miglioramento, Constellation non riesce a fare quel passo in più verso la grandezza.
Vediamo perché.
La protagonista è proprio Noomi Rapace, che interpreta un’astronauta coinvolta in un incidente sulla Stazione Spaziale Internazionale.
L’incidente si prende un episodio e mezzo di suspense a gravità zero, di cui però abbiamo già conosciuto la conclusione fin dalla prima scena (l’incidente è infatti un flashback): Jo si salva e riesce a tornare sulla Terra, riabbracciando marito e figlia.
Quello che però sarebbe il finale di molti film, qui è l’inizio: una volta rientrata, infatti, Jo si rende conto che qualcosa non va. La sua vita quotidiana sembra la stessa, ma ci sono dettagli che non tornano, colori e oggetti fuori posto, perfino la netta impressione di non riconoscere sul serio alcune delle persone che le stanno intorno.
Nello spazio è successo qualcosa, e l’unico che sembra capire quello che Jo sta provando è Henry Caldera (Banks), ex astronauta e fisico teorico che sulla Stazione stava conducendo (guidandolo da remoto) un esperimento assai importante ma dalle conseguenze imprevedibili.
Constellation è un thriller (con varie sfumature di suspense, dal “ce la farà l’eroina a non morire nello spazio” a “riuscirà a capire cosa le sta succedendo”), ma è anche un drama familiare, è un giallo psicologico, ed è pure una storia di fantascienza abbastanza palese.
Vale la pena dirsi subito che la serie tratta più o meno bene tutte le sue anime: ci sono i mezzi tecnici per rappresentare in maniera credibile le scene spaziali, ci sono i personaggi adatti allo struggimento familiare, c’è il respiro necessario a costruire i dubbi della protagonista, accumulando gli indizi su una realtà improvvisamente meno decidibile del previsto.
C’è anche qualche sbavatura, come alcuni passaggi più didascalici e spiegoni superflui, e la sensazione che, in generale, le scene nello spazio siano più interessanti di quelle a Terra.
Si tratta però di peccati di piccolo conto, rispetto a un impianto generale complessivamente solido e visivamente convincente.
A Constellation però manca qualcosa, che possiamo riassumere con una (non) banale questione di originalità.
Non c’è praticamente nulla, nella serie creata da Peter Harness (già sceneggiatore per Doctor Who, ma alla prima esperienza da showrunner di una serie importante) che non sembri derivare da qualcos’altro. E se questa cosa è vera nella maggior parte dei casi (per certi versi, nessuno si inventa più niente), il problema si pone quando diventa vistosa.
Non c’è nulla di davvero nuovo nel modo in cui è costruita e messa in scena la suspense spaziale, né rimaniamo particolarmente stupiti quando le allucinazioni e i dubbi di Jo sono raccontati nelle forme molto classiche del cinema horror-inquietante.
Inquadrature già viste, ritmi già sperimentati, sviluppi tutto sommato prevedibili.
Perfino l’elemento fantascientifico orbita intorno a un twist che di certo non ci catapulta in chissà quale territorio inesplorato.
A voler spendere dell’ottimismo, proprio in quest’ultimo punto di vede del margine per lavorare. Quel twist fantascientifico, infatti, è così telefonato che probabilmente non va considerato nemmeno una (tentata) sorpresa, bensì la base accuratamente preparata di uno sviluppo successivo.
Per dirla in altri termini, quello che in altre serie poteva essere lo svelamento di fine stagione, qui è una struttura da spiegare già nei primi tre episodi (gli unici al momento usciti), e questo lascia sperare che nella sceneggiatura ci siano pronte articolazioni effettivamente impreviste, che lavorino sia sullo stupore fantascientifico che sull’approfondimento della psicologia dei personaggi.
Certo è, però, che intanto abbiamo visto tre ore piene di materiale non certo brutto, ma nemmeno particolarmente originale. Se il bello deve ancora venire saremo contenti e, nel caso, ci risentiremo. Sperando che l’unico difetto di Constellation sia quello di avere una partenza troppo prudente, e non quello di essere, semplicemente, una serie più media del previsto.
Perché seguire Constellation: perché fa tante cose e le fa quasi tutte a modino.
Perché mollare Constellation: alla vigilia speravamo in un prodotto più originale e di maggiore d’impatto.