Un’estate fa – La serie di Sky porta a casa il risultato di Marco Villa
Un’estate fa è un crime che mescola due diversi piani temporali e trova un buon equilibrio tra trama e nostalgia
Questa è la maxistoria di come una serie partita bene sarebbe potuta implodere clamorosamente e invece no.
È la storia di una serie che è ambiziosa, cosa mai scontata per i prodotti italiani.
È la storia di una serie che ha dei difetti, uno macroscopico, ma alla fine porta a casa il risultato.
È la storia di Un’estate fa, la serie originale Sky in otto episodi che si è conclusa il 27 ottobre su Sky Atlantic.
Un’estate fa è la canzone di Franco Califano, poi dei Delta V e ora – per questa serie – di Francesca Michielin con gli Altarboy. Cover che tornano ciclicamente, perché poche cose riescono a scatenare la nostalgia come le estati della giovinezza e sappiamo bene quanto la nostalgia sia un elemento fondante dell’immaginario pop degli ultimi vent’anni.
Da qui parte anche la serie, creata da Michele Alberico e Massimo Bacchini per la regia di Davide Marengo e Marta Savina, parte cioè dal fatto che tutti noi, nessuno escluso, abbiamo un’estate che ha segnato la nostra vita, nel bene o nel male. O nel malissimo, come nel caso di un gruppo di sei diciottenni, tre ragazzi e tre ragazze, che vivono la loro estate con la E maiuscola nel 1990, l’estate delle Notti Magiche dei Mondiali di Italia ‘90, una sorta di disillusione collettiva per una generazione, sotto forma di sconfitta calcistica. In quell’estate, dicevamo, sei diciottenni sono al mare insieme, in un campeggio del litorale romano: proprio nella notte della fatidica semifinale tra Italia e Argentina, quella dei fischi a Maradona nel “suo” stadio napoletano e dell’eliminazione degli azzurri, proprio quella notte scompare Arianna (Antonia Fotaras), una ragazza del gruppo: per trent’anni, nessuno saprà che fine ha fatto.
Un’estate fa però parte dal tempo presente, quando il suo corpo viene ritrovato all’interno di un’auto adagiata sul fondo di un lago. E da lì ripartono le indagini della polizia. Il primo a essere coinvolto è Elio Santamaria (Lino Guanciale), già tra i sospettati all’epoca della scomparsa, perché in quei giorni era molto vicino ad Arianna. Nessuna cadavere, nessuna prova, nessun colpevole. Anche perché Elio ha completamente rimosso quell’estate, una sorta di amnesia selettiva che ora inizia a diradarsi: ogni volta che vede una foto di Arianna, infatti, Elio inizia a ricordare dei pezzi.
O meglio: Elio ritorna al 1990 e rivive davvero quelle giornate. Un’estate fa, infatti, è strutturata su una doppia linea temporale: quella del 1990, in cui seguiamo i giorni vacanzieri del gruppo di amici al campeggio e quella del presente, in cui i personaggi sono ormai cinquantenni. Vite in potenza, vite ormai indirizzate. Quando queste due linee si intersecano, ovvero quando Elio torna agli anni della gioventù, si trovano i momenti migliori di questa serie. Tutto quello che è ambientato nel 1990 è fresco e credibile, con interpreti che funzionano, a cominciare dalla versione nineties di Elio (Filippo Scotti) e dalla chimica che si è creata tra tutti gli attori giovani. La carta nostalgia è giocata con intelligenza, senza eccedere nella cartolina, ma piazzando tutti gli elementi al posto giusto.
Anche la parte crime di Un’estate fa funziona, nonostante i due investigatori (interpretati da Paolo Pierobon e Alessio Praticò) impieghino diverse puntate a uscire dal rischio-macchietta. A interessare è soprattutto l’indagine compiuta da Elio nel passato, anche perché fin dal primo episodio si capisce che il suo non è un semplice ricordare: Elio agisce sul passato, è in grado di modificare il corso degli eventi. È un punto fondamentale, perché rende Un’estate fa diversa da una classica indagine che alterna i piani temporali. Ed è anche l’elemento di maggiore rischio, quello che, riprendendo l’apertura, rischiava di far implodere tutto. Non è così e, a visione completata, si può serenamente dire che tutto tiene e si tiene. Magari a un occhio pignolo qualcosa potrà essere fuori posto, ma non si tratta di dettagli decisivi.
Ben più decisivo è invece il gigantesco problema della serie, ovvero il meccanismo che porta il personaggio principale a tornare indietro nel tempo: Elio guarda una foto di Arianna, ha un forte mal di testa e di colpo è nel 1990. Si tratta di un meccanismo, appunto, un gesto talmente standard che ricopre con una patina meccanica qualcosa che di meccanico non ha nulla. Alla lunga, questo passaggio diventa quasi una parodia di se stesso, con Guanciale che cerca la foto come se stesse cercando un interruttore in grado di accendere e spegnere le epoche in cui vive.
Nonostante questo aspetto, che sembra una robina, ma in qualche modo segna la visione, Un’estate fa non si perde per strada, regalando anzi un finale in crescendo con un ultimo episodio che porta con sé almeno un paio di colpi di scena tutt’altro che trascurabili. Un’estate fa non è la serie perfetta, ma non è questo il punto, non è mai questo il punto. Il punto è che questa è una buona serie, con un’idea interessante e la capacità di portare a casa il risultato. Al contrario della Nazionale a Italia ’90. E comunque quella finale ce la meritavamo.