19 Settembre 2023

Wilderness su Prime Video – Thrillerino godibile con finale arrogante di Diego Castelli

Sei episodi per raccontare una storia di corna e violenza, fra twist interessanti e morali discutibili

Pilot

Quando vado dai miei amici che hanno figli, piccole creaturine scalmanate a cui io voglio molto bene, sono certamente contento del fatto di stare simpatico ai bambini, e di poter scoprire le piccole meraviglie che i loro cervelli ancora elastici sanno partorire senza bisogno di funghi allucinogeni.
Allo stesso tempo, quando poi torno a casa, accendo il computer e accarezzo i gatti, sono assolutamente felice e beato che le creaturine siano rimaste a casa loro.

Ecco, ci sono serie tv che hanno lo stesso effetto, ma sullo stadio precedente, sulle relazioni tout court. Per esempio, se sei single e ti capita di guardare Wilderness – Fuori Controllo, disponibile con sei episodi su Prime Video, non puoi che terminare la visione con la netta, precisa impressione che da soli si sta proprio meglio.

Creata da Marnie Dickens e interamente diretta da So Yong Kim, Wilderness racconta di una coppia apparentemente perfetta, Liv e Will, una moglie e un marito (Jenna Coleman e Oliver Jackson-Cohen) novelli sposi, benestanti, con tutta la vita davanti per togliersi tante soddisfazioni.

Il problema arriva quando Liv – che già percepisce qualcosa di stonato nel fatto di aver accettato, almeno per il momento, di fare la mogliettina casalinga mentre il coniuge lavora e porta a casa i bei soldi – scopre che Will le ha messo le corna.

Il castello di carte crolla, Liv è sconvolta ma Will, in uno slancio creativo, riesce a fare ammenda e farsi concedere una seconda chance organizzando un viaggio attraverso l’America che Liv voleva fare da tempo, e che ora diventa la scusa per lui per impegnarsi tantissimissimo a ricostruire il rapporto.

Durante il viaggio, però, Liv scopre altre prove di ulteriori menzogne da parte del marito, e quello che per lei stessa era iniziato come un viaggio per mettere insieme i cocci della relazione, diventa una potenziale occasione di tremenda vendetta.

Tutta questa roba che vi ho detto sta già nel primo episodio, e il trailer stesso, compresa la descrizione della serie fatta uscire prima del debutto, ci svela fin da subito questo potenziale elemento di vendetta. Per dirla semplice, suggeriscono che Liv possa decidere di ammazzare Will.

Come potete immaginare, e qui evito di spoilerare, gli altri cinque episodi non sono basati esclusivamente sul vagabondare di questi due nella natura selvaggia del titolo, in attesa che Liv si decida a compiere il fatidico gesto. Sei ore solo per questo sarebbero un po’ troppe.
Naturalmente succedono altre cose, si inseriscono altri personaggi, e Wilderness (il cui titolo diventa presto metafora per la natura selvaggia che sta dentro i personaggi, oltre che fuori) diventa un thriller abbastanza articolato, con la sua quota di twist e un percorso narrativo che parte dalla nostra completa conoscenza degli eventi (o quasi), per costruire l’intrattenimento attraverso la scoperta di come i protagonisti riusciranno a uscire da un groviglio di problemi sempre più intricato.

Nel complesso, funziona. Che non vuol dire “mamma mia che roba eccezionale”, ma funziona. Il maggior pregio di Wilderness è una scrittura umile ma precisa, che parte dalle sue premesse, le sviluppa in una serie di incastri credibili, e arriva alle sue conclusioni lasciandoci l’impressione di aver raccontato quello che doveva raccontare, nel modo in cui voleva raccontarlo.

È una serie che si segue facilmente perché semplice e diretta, e perché tratta temi con cui, in un modo o nell’altro, abbiamo familiarità, fosse anche solo per sentito dire. Una puntata l’ho guardata addirittura mentre cucinavo, selezionando il doppiaggio italiano per farmi compagnia mentre rimestavo la pasta nella pentola.

Doppiaggio italiano assolutamente terrificante, giusto per essere chiari, ma era per dire che è quel tipo di serie lì, il genere di intrattenimento pesante nei temi ma leggero nella forma, che non ha bisogno di risorse mentali eccessive.
L’errore da evitare, quindi, sarebbe solo chiederle di più: Wilderness è un thrillerino tardo-estivo, e come tale va trattato. Se al suo interno cercate innovazioni stilistiche particolari, guizzi registici e ardite sperimentazioni narrative, non ne troverete, perché nemmeno ci prova.

Si potrebbe anche chiuderla qui, piazzando su Wilderness la sua bella etichetta di serie media, riconoscendo il suo slancio femminista nella storia di una ragazza che, volente o nolente, deve emanciparsi da uno stereotipo ormai passato (quello della casalinga bellina e remissiva) e passare oltre. Mi tocca però soffermarmi su un ultimo dettaglio, nel complesso non così importante, ma abbastanza fastidioso da rimanere impresso, soprattutto perché piazzato proprio in finale di stagione.

DA QUI IN POI CI SARANNO SPOILER TOTALI, PROSEGUITE SOLO SE AVETE VISTO LA SERIE (O SE NON PENSATE DI GUARDARLA)

Dunque, già nella seconda puntata della serie fa la sua comparsa Cara, l’amante di Will, che insieme all’ignaro compagno “ufficiale” raggiunge Liv e Will in vacanza.
Per farla breve, la serie prosegue con Liv che, nel tentativo di uccidere Will, ammazza per sbaglio Cara, e finisce con Will accusato dell’omicidio della stessa Cara, con Liv che se ne va via libera, supportata dalla madre (a sua volta single dopo aver lasciato un marito fedifrago molti anni prima) che è l’unica che conosce la verità.

Non ci sarebbe niente di strano o di sbagliato in questa conclusione, magari non originalissima, ma comunque lineare e coerente con quanto visto fino a quel momento.
Se non fosse che Liv, appena prima di congedarsi da noi, deve spararci il pistolotto politico.

Il concetto, espresso sia dalla voce fuori campo sia dai dialoghi fra Liv e un ignaro tizio che passava di lì, nello stesso sentiero dove Liv aveva ucciso Cara, è molto semplice: guardate cosa ci portate a fare, guardate quando possiamo diventare cattive (noi donne) se voi (uomini) ci trattate in questo modo.

Ora, capiamoci subito: i film e le serie di vendetta sono sempre tanto entusiasmanti da seguire quanto fragili se li si guarda con occhio “realistico”. Che Keanu Reeves-John Wick ammazzi decine di persone perché hanno fatto del male al suo cane ci entusiasma cinematograficamente, ma nella realtà il buon John dovrebbe essere condannato all’ergastolo.
E questo vale anche per la protagonista di Kill Bill e per tutte le storie simili.

Se non usciamo dal cinema condannando quelle persone, ma anzi considerandoli eroi ed eroine, è perché il cinema (e le serie tv in questo caso) lavorano per iperboli, per metafore, creano spettacolo forzando i limiti della morale ufficiale, consentendoci di vivere in un universo alternativo in cui possiamo sperimentare in sicurezza istinti e desideri non necessariamente edificanti, ma capaci di farci emozionare. E nel farlo rielaboriamo anche i temi messi in campo, smussandone gli angoli, facendoci delle domande e portandoci a casa qualche conclusione.

Questo ragionamento potrebbe valere anche per Wilderness. Potremmo cioè essere contenti del fatto di vedere questa donna liberarsi dalle costrizioni dei maschi mentitori e iniziare una vita indipendente con il vento fra i capelli. Di nuovo, non il messaggio più originale del mondo, ma un tema comunque attuale e che va benissimo.

Se però mi piazzi il pistolotto politico, se usi gli strumenti che hai a disposizione per spezzare la narrazione e costruire un momento di riflessione “vera”, allora mi costringi a uscire dalla cornice della fiction, per trattare con più serietà le tue istanze.
E se siamo usciti dalla fiction e tu mi fai seriamente il discorso sulle donne che diventano cattive perché sono maltrattate, mi spiace, ma il giochino non regge, perché tu hai ammazzato una persona (in realtà due, ma conta la prima) perché tuo marito ti tradiva. E no, le corna non sono un motivo valido per ammazzare la gente.

Il risultato è che, nel tentativo abbastanza telefonato di darsi uno spessore etico e politico che vada oltre le possibilità artistiche di una serie media, Wilderness offre al pubblico una riflessione che vorrebbe essere arguta e provocatoria, e che risulta solo posticcia e, nel concreto, irricevibile.

Era meglio fermarsi 30 secondi prima: avremmo capito tutto lo stesso, senza essere costretti a giudicare nel merito.

Perché seguire Wilderness: è un thriller semplice e chiaro, che non dura troppo e offre un intrattenimento gradevole.
Perché mollare Wilderness: non va molto oltre il compitino e piazza qualche scelta discutibile.



CORRELATI