Ahsoka 1×05 – Star Wars vera, Star Wars come piace a noi di Diego Castelli
Il quinto episodio di Ahsoka rimarra a lungo nella memoria, e forse segna uno spartiacque nel futuro della saga
ATTENZIONE! SPOILER GALATTICI SULL’EPISODIO 5 DELLA PRIMA STAGIONE
Lo dico?
Lo dico dopo soli cinque episodi?
Ok lo dico: Ahsoka è la miglior serie di Star Wars finora.
Ma sapete perché lo dico? Non tanto per una valutazione generale sulla qualità della sua scrittura e della sua messa in scena (comunque ci arriviamo), ma perché le altre due candidate al trono, ovvero The Mandalorian (per lo meno le prime due stagioni) e Andor non sono esattamente “Star Wars” come lo è Ahsoka.
Chiaro che The Mandalorian ci si avvicina: è ambientata negli stessi luoghi, ha per protagonista l’appartenente a un popolo molto famoso nel franchise, e ha toccato il cuore cinematografico della saga in modi a volte potenti, come nel primo incontro con Grogu, o nelle comparsate di Luke Skywalker. Però sempre di un mandaloriano si tratta, uno che per caratteristiche sue proprie rende la serie più simile a un western che al connubio fra fantascienza e fantasy medievale che è sempre stata Guerre Stellari.
E se parliamo di Andor, ci allontaniamo ancora. Se ricordate, nella recensione finale della prima stagione di Andor ci eravamo perfino posti la domanda se fosse o no davvero “Star Wars”. Non certo perché avevamo dubbi sulla qualità del prodotto (molto alta), ma perché Andor, in piena consapevolezza, si allontanava parecchio dall’anima più classica della saga, per esplorare territori diversi, adulti e molto affascinanti, ma anche volutamente devianti.
Con Ahsoka, e con questo episodio in particolare, torniamo alla vera Star Wars scoprendo che, sospirone, è ancora qualcosa per la quale valga la pena emozionarsi.
Due parole sulla trama dell’episodio. Avevamo lasciato Ahsoka sconfitta da Baylan Skoll, caduta da un dirupo e finita in quello che pareva il famoso “mondo tra i mondi”, una dimensione della Forza già nota ai fan di Star Wars Rebels, in cui Ahsoka incontra niente meno che Anakin Skywalker, suo vecchio maestro nonché futuro (anzi ex) Darth Vader.
Nel frattempo i cattivi prendevano Sabine, che non li aveva combattuti fino in fondo perché speranzosa di raggiungere il luogo lontano in cui ritrovare l’amico Ezra.
Il quinto episodio si compone di due parti abbastanza distinte: nella prima, Ahsoka dialoga e combatte col suo ex insegnante, affrontando un percorso di riflessione interiore che pare richiamare altri simili passaggi epocali, prima fra tutti la gitarella di Luke Skywalker nella caverna su Dagobah ne L’Impero Colpisce Ancora.
Nella seconda parte, un’Ahsoka tornata alla vita e alla superficie del mare che l’aveva inghiottita, escogita un piano per inseguire i rapitori di Sabine: si fa aiutare dai purrgil, sorta di balene cosmiche che sono una specie animale in grado di viaggiare fra le galassie in modo naturale, senza tecnologia (vennero ideati e introdotti da Dave Filoni, creatore anche di Ahsoka e regista di questo episodio, in una puntata di Star Wars Rebels nel 2016). Trasformatasi in novella Pinocchio, infilata nel ventre di una balena spaziale (consenziente), Ahsoka riesce a partire all’inseguimento dei cattivi, uscendo per la prima volta dalla Galassia lontana lontana, verso nuove frontiere della saga.
Che Ahsoka fosse una serie che tornava al nucleo di Star Wars l’avevamo scritto pure in occasione del pilot. Jedi e spade laser, maestri e apprendisti, grandi ragionamenti sul Bene e sul Male sono al centro della creatura di George Lucas molto più dei pur interessanti mandaloriani o dei punti di vista politici e sociali di Andor.
Personalmente, non ho fatto mistero di gradire questa sterzata, proprio perché quelle barrette luminose in mano a gente che si fa chiamare “cavalieri” (con tutto quello che orbita intorno a questi concetti), sono la cosa che più mi piace di questo mondo.
Da un punto vista puramente pratico, visivo, questo episodio di Ahsoka è dunque una manna: i combattimenti con la spada sono belli, ma belli sul serio, un po’ danza acrobatica e un po’ manifestazione di potenza, come a unire le due anime delle vecchie trilogie e dell’ultima.
E poi la Forza usata non solo come strumento di battaglia, ma anche come connessione nei confronti del Tutto, capace di mostrare al giovane Jacen la sopravvivenza di Ahsoka, ma anche di permettere dalla stessa Ahsoka di “dialogare” con i purrgil e ottenere un passaggio verso l’infinito e oltre.
Questa roba è qui è Guerre Stellari ragazzi, pura e semplice Guerre Stellari, a colpo d’occhio.
Naturalmente, però, il vero fiore all’occhiello della puntata, e forse di tutta questa prima stagione, vedremo, è la lunga sequenza in compagnia di Anakin.
Ringiovanito digitalmente con un lavoro molto più accurato di altre volte, Hayden Christensen riprende i panni del suo personaggio più famoso e torna dalla sua vecchia allieva per, a suo dire, completare un addestramento mai portato a termine.
I due si trovano a combattere, e dopo poco Ahsoka viene letteralmente catapultata sul viale dei ricordi, dentro battaglie che i fan già conoscono per averle viste in The Clone Wars e Rebels, dalla battaglia di Teth all’assedio di Mandalore.
In queste specie di flashback che non sono esattamente tali, perché Ahsoka ci si ritrova dentro con la capacità di rendersi conto di cosa sta guardando e ri-esperendo, abbiamo anche occasione di rivedere la protagonista bambina, in un’effettiva versione live action della ragazzina tutto pepe che animava le Clone Wars: a interpretarla (in maniera assai credibile) c’è Ariana Greenblatt, che evidentemente è abbonata a questo tipo di interpretazioni, visto che aveva impersonato la versione giovane di Gamora in Avengers: Infinity War.
In questa sequenza Ahsoka è chiamata, come ogni jedi che si rispetti, a fronteggiare il Lato Oscuro, scegliendo di respingerlo. Anakin la (ri)mette di fronte alla necessità di combattere, e Ahsoka si scontra con la brutalità della guerra che, nella sua visione, poco dovrebbe centrare con l’ideale di pace e fratellanza propugnato dall’Ordine Jedi.
Anakin cerca di spiegare alla piccola Ahsoka che a volte è necessario combattere per salvare la propria vita (e, per estensione, la propria gente e i propri valori), ma la giovane padawan teme di finire come il maestro, che cedette al Lato Oscuro diventando Darth Vader (anche se lo fece per motivi diversi da quelli temuti da Ahsoka per sé).
Si arriva dunque a un vero e proprio scontro fra la donna (tornata adulta) e un Anakin dagli occhi fiammeggianti, gli stessi che aveva durante l’ultimo scontro con Obi Wan prima di diventare Vader.
È in questa battaglia che Ahsoka sceglie la vita sulla morte, evitando di cedere ai suoi più bassi istinti, e scegliendo invece la via della luce. In questo senso, giova ricordare che sono anni che i fan di Star Wars si interrogano sull’identità dell’Ahsoka adulta in quanto potenziale jedi grigio, cioè quello specifico gruppo di cavalieri jedi che non sceglie né il Lato Chiaro né il Lato Oscuro, preferendo una sostanziale neutralità, simboleggiata anche dalle spade bianche.
In questa scena, dunque, vediamo un’Ahsoka che sceglie, che esce dalla sua potenziale ignavia, per decidere della propria esistenza e dei propri valori. Un’Ahsoka neutrale, algida, non serve a nessuno, e quindi la protagonista deve confrontarsi con la sua paura (la paura conduce al Lato Oscuro…) di finire come il suo maestro.
Spoiler, non ci finirà, e la nuova Ahsoka che risorge dalle acque e viene curata da Hera si trasforma in una versione rinnovata di sé stessa, pronta a intreprendere un nuovo viaggio oltre le stelle.
Nel mettere insieme questo breve ma significativo percorso, il regista e creatore Dave Filoni gioca con la nostra conoscenza di Star Wars, con le immagini iconiche che abbiamo in testa, e il momento in cui alterna la sagoma di Anakin con quella di Vader in mezzo al fumo della battaglia, come un respiro che a ogni boccata ci porta ora vicino all’oscurità, ora vicino alla luce, è uno straordinario tocco di classe.
Più in generale, recuperando ciò che lui stesso aveva inventato per i suoi cartoni animati, insieme a ciò che tutti i fan di Star Wars conoscono da sempre, Filoni riesce a tornare alla vera anima di Guerre Stellari, al suo stile visivo ma anche, e forse soprattutto, al suo nocciolo etico, alla citata battaglia fra Bene e Male che è sempre anche una battaglia interiore, una sfida con sé stessi verso un merito che deve per forza passare dalla fatica e dalla responsabilità, anche di fronte alle tentazioni.
A fronte di questo amore per la saga, di questa capacità di coglierne l’essenza più profonda, e di questa capacità (che non scopriamo oggi) di costruire archi narrativi e singole scene di grande potenza, la conclusione arriva spontanea, a costo di apparire forzatamente entusiasti: cara Disney, prendi tutta Star Wars, film compresi, e dalla a Dave Filoni, sono anni che se la merita.
Tutto perfetto? Probabilmente no.
Per quanto questo sia un articolo celebrativo di uno dei migliori episodi mai visti nel franchise, non faremmo un lavoro completo se non notassimo anche alcune cose che non tornano.
L’elemento più importante riguarda il rapporto stretto, mai come ora, fra una serie live action e quelle a cartoni che la precedono. Questo quinto episodio è fruibile anche da chi non ha seguito Clone Wars e Rebels, e d’altronde l’intera serie ha per protagonista un personaggio che fino a questo momento era comparso solo lì. Allo stesso tempo, l’impressione che è Dave Filoni abbia voluto davvero abbracciare i suoi fan di vecchia data, creando una storia e un episodio che, senza quella conoscenza pregressa, rende significativamente di meno.
Non mancano poi alcuni dettagli più piccoli su cui si potrebbe discutere: le stesse balene iperspaziali (mi si perdonerà se le chiamo così) sono un’idea estremamente “fiabesca”, che nel passaggio da cartone a live action, nonostante una pregevole resa tecnica, ci chiedono una sospensione di incredulità fra le più faticose di tutta la saga.
Ugualmente, lo stesso salvataggio di Ahsoka dal mare può sembrare fin troppo spirituale: prima la percezione di Jacen, giustificata dalle abilità del ragazzo, ma fin troppo utile alla trama per non essere vistosa. Ma soprattutto, il fatto che Ahsoka emerga dalle acque quasi senza coscienza, con una spinta verso l’alto data semplicemente da… il fatto che ha battuto il Lato Oscuro. Suona un tantino forzata.
Si tratta comunque di piccole sbandate o, nel caso del problema del rapporto coi cartoni, di precise scelte autoriali che si possono discutere ma che restano legittime: evidentemente, Dave Filoni ha deciso di barattare parte della comprensibilità per i neofiti, in nome di una soddisfazione davvero emozionante per chi le serie animate le conosceva.
L’episodio, poi, termina con il salto di Ahsoka verso un’altra galassia. Ancora non sappiamo cosa ci aspetta lì, e se volessimo essere cinici potremmo anche non aspettarci “tanto” di più, in termini visivi o narrativi, rispetto a ciò che già conosciamo.
Ma l’apertura verso un’altra galassia, novità assoluta per la saga, sembra anche una dichiarazione di intenti: sì, sappiamo da dove veniamo, e ci piace anche tornarci, ma sappiamo anche che per il futuro bisogna aspirare ad arrivare lontano.
Immagino ci risentiremo alla fine di questa prima stagione di Ahsoka, sperando non ci sia alcun tracollo nei prossimi episodi. Al momento, però, se avessi davanti Dave Filoni lo abbraccerei fortissimo.