Sciopero a Hollywood: le serie rimandate e l’autunno che ci aspetta di Diego Castelli
Non si ferma la protesta dei sindacati, e ormai possiamo dirlo: ci serviranno dei nuovi hobby per l’autunno
Ieri stavo cercando di decidere cosa scrivere per oggi, baloccandomi con un paio di possibilità non così entusiasmanti (bisognerà parlare della 1×04 di Ahsoka, ma aspettiamo la quinta), finché non ho potuto fare altro che accettare una realtà ormai evidente: che in effetti non è un periodo serialmente clamoroso, a parte quelle poche cose buone di cui però abbiamo già parlato, tipo la seconda stagione di The Bear.
(Poi vabbè, molti pensano che una cosa molto buona sia One Piece, agree to disagree)
Al di là delle eccezioni, comunque, l’impressione abbastanza netta è quella di non essere esattamente sommersi dalle nuove proposte, belle o brutte che siano.
E se parte del motivo sta nella riduzione del numero di serie prodotte negli ultimi anni, dopo un primo picco dovuto alla nascita di nuove piattaforme disposte a produrre in perdita pur di posizionarsi sul mercato, l’altro motivo è l’elefante nella stanza, un pachiderma di cui abbiamo parlato più volte nei nostri podcast, ma che non avevamo ancora affrontato qui sul sito.
Un elefante noto col nome di sciopero di attori/attrici e sceneggiatori/sceneggiatrici.
Questo articolo non serve a ricostruire tutte le tappe dello sciopero, bensì a concentrarsi (dopo un inevitabile inquadramento della situazione) su quello che accadrà da qui a qualche mese sui nostri schermi.
O meglio, quello che non accadrà, visto che, con ogni probabilità, andiamo verso un autunno povero o addirittura poverissimo di nuove proposte.
Due coordinate sulla questione.
Lo sciopero, iniziato nel sindacato degli sceneggiatori (la Writer Guild of America, o WGA) e poi allargatosi anche ad attori e attrici riuniti sotto la sigla SAG-Aftra (Screen Actors Guild e l’American Federation of Television and Radio Artists), è iniziato agli inizi del maggio scorso, e non accenna ancora a terminare.
Calcolando che scioperi di questa portata sono assai rari nella storia di Hollywood (la WGA ha scioperato solo tre volte dal 1988 a oggi), è facile immaginare che sia accaduto qualcosa di epocale per far scendere sul piede di guerra un gruppo così nutrito di persone che, almeno nella nostra percezione sognante e ingenua, stava vivendo la forma più pura di sogno americano.
Ed effettivamente il fatto epocale c’è, ed è sotto i nostri occhi ormai da anni: la nascita delle piattaforme di streaming, che hanno rivoluzionato il modo in cui i contenuti cine-televisivi vengono prodotti, proposti e fruiti dal pubblico (e, quindi, il modo in cui consentono di fare profitti), ha portato a cambiamenti profondi del sistema hollywoodiano, a cui però non sono seguiti adeguamenti normativi che inquadrassero meglio la situazione per le persone che a quei prodotti lavorano.
Per dirla proprio super-grezza, gli scioperanti vedono nuove modalità di distribuzione e fruizione, che hanno cambiato a loro volta il modo in cui le grandi case di produzione fanno soldi (e ne stanno facendo più di prima), senza che però a loro arrivi niente o quasi di questo nuovo flusso di cassa, o addirittura meno di prima, perché la legislazione vigente copre con le sue regole un mondo che sta sparendo, e non copre invece un altro mondo che si sta creando.
Ma si protesta anche con gli scenari futuri, con gli scioperanti che chiedono misure più stringenti per impedire un prossimo, massicio uso dell’IA nella produzione di script e altri materiali di contorno (uno scenario che oggi pare ancora fantascienfico, ma se pensiamo a cosa accadrà fra cinque o dieci anni, al ritmo in cui le IA evolvono ora sotto i nostri occhi…)
Ora, questo non è un articolo pensato per entrare nel dettaglio della questione (ovviamente più complessa di come l’ho messa giù un attimo fa), né per prendere posizioni nette, anche se francamente è difficile non vedere almeno un po’ di ragioni nelle richieste degli scioperanti.
Quello che più ci interessa qui è vedere cosa sta per succedere a noi, che a migliaia di chilometri di distanza usiamo proprio quelle piattaforme, aspettiamo proprio quei prodotti, e speriamo che si trovi un compromesso utile per tutti, in modo da non rimanere senza serie tv nelle fredde notti autunnali.
Un problema che, peraltro, non è solo delle serie tv.
Per fare giusto un esempio, vale la pena di partire da quello che ci sta per mancare da qui a dieci giorni: settembre è tradizionalmente il mese della consegna degli Emmy Awards, i più importanti premi in ambito televisivo, di cui già conosciamo le nomination.
Ebbene, scrittori e attori in sciopero non salirebbero sul palco a prendere i premi (non vanno nemmeno a convention, fiere, presentazioni), e non ci sono autori in grado di scrivere la serata, a partire dal classico monologo comico del presentatore. Risultato: attualmente la serata di consegna è stata spostata a un prudente gennaio 2024, senza che ancora possa esserci alcuna ufficialità.
I daily show, cioè i programmi in onda ogni giorno, a partire dai famosi late show alla Jimmy Fallon, sono quelli che hanno subito l’immediato impatto dello sciopero: chi ha visto l’ultima stagione di The Marvelous Mrs Maisel sa benissimo che senza autori che scrivono le battute, si inventano gli ospiti ecc ecc, non si fa nessun programma.
Ovviamente, però, la vera onda lunga dello sciopero, quella che tocca anche gli spettatori internazionali, è quella che sommerge le uscite di film e serie tv. Lo sciopero degli attori ha un effetto istintivamente evidente, ma non bisogna fare l’errore di pensare che, anche in caso una sceneggiatura esista già (magari perché scritta prima dello sciopero), quello degli scrittori non sia altrettanto impattante.
L’esempio più palese, anche perché a sua volta raccontato in molte serie tv metatestuali, riguarda le sitcom: se anche la sceneggiatura di un episodio viene scritta prima di andare sul set, gli autori restano comunque a disposizione, pronti a cambiare al volo battute che non funzionano e a modificare twist narrativi che dovessero rivelarsi deboli all’atto pratico.
Inoltre, solo certe serie con pochi episodi e produzioni molto blindate scrivono tutto prima: in molti altri casi, e quasi sempre se si parla di tv generalista, il lavoro degli sceneggiatori continua per tutta la stagione, e un episodio in onda ad aprile non viene scritto prima di febbraio o anche marzo, pure se la stagione di quella stessa serie è già in onda da settembre-ottobre.
Insomma, se sceneggiatori e attori incrociano le braccia, si ferma tutto.
Durante questa estate noi spettatori abbiamo vissuto di rendita, perché la produzione di serie come la citata The Bear (giusto per dirne una) era già terminata al momento dell’inizio dello sciopero, o magari stava ricevendo gli ultimi ritocchi tecnici (effetti visivi, audio, accorgimenti di montaggio) che occupavano professionisti non coinvolti nella protesta.
Adesso però siamo a settembre, il momento in cui, tradizionalmente, accogliamo la nuova stagione televisiva con quel misto di entusiasmo, ansia, alte aspettative e delusioni preventive che sempre ci coglie in questi momenti.
È vero che l’estate non è più “vuota” come una volta, proprio grazie alle piattaforme di streaming che producono più a ciclo continuo rispetto alle tradizionali reti televisive, ma ciò non toglie che settembre e soprattutto ottobre siano ancora uno dei momenti seriali più densi dell’anno.
Lo sarà ancora? Eh, mi sa di no.
Il risultato inevitabile di uno sciopero così protratto era uno solo: il rinvio di molti progetti o addirittura la cancellazione di altri. A prescindere dal loro stato di produzione – a meno che, come detto, non fosse molto avanzato – serie e film toccati dallo sciopero non possono fare altro che entrare in stand by, attendendo il momento in cui la produzione possa riprendere.
Questo causa ritardi nell’uscita dei film al cinema (e conseguente riprogrammazione di quelli che dovevano venire dopo, con un effetto domino che può riverberarsi per anni di progetti già avviati) e delle serie tv in televisione o sulle piattaforme. In alcuni casi porta a vere e proprie cancellazioni: ci sono progetti per i quali tenere in piedi la produzione (per esempio mantenendo in maniera indefinita il noleggio di spazi molto ampi che non vengono sfruttati) significa sborsare grandi quantità di denaro, che non trovano giustificazione nell’effettiva remuneratività del prodotto in questione: è questo il caso di The Peripheral, cancellata dopo la prima stagione anche se la seconda era stata effettivamente messa in cantienere, ma anche di A League of Thier Own di Prime Video, anch’essa cancellata dopo la prima stagione quando ancora era in bilico.
Prima di chiudere con una lista di serie tv da noi amate o attese, per le quali dovremo aspettare più del previsto, vale la pena citare anche qualche film di grossa caratura che subirà lo stesso destino.
Per esempio, molti progetti Marvel (sia cinematografici che televisivi) sono finiti in uno stand by piuttosto pericoloso per un franchise che già di suo stava mostrando qualche accaccio.
Avengers: The Khang Dinasty e Avengers: Secret Wars posticipati al 2026 e 2027. Captain America: Brave New World spostato a luglio 2024 (solo un mese di ritardo, ma chissà), la premiere di Fantastic Four spostata a maggio 2025.
Ma ci sono anche la seconda, attesissima parte di Dune, che doveva uscire a novembre 2023 e ora è prevista a marzo 2024, e situazioni anche più inquietanti, con Spider-Man: Beyond the Spider-Verse la cui data di uscita, al momento, è semplicemente ignota.
Veniamo però alle serie tv.
La lista che segue non è esaustiva, ci limiteremo a segnalare alcuni dei progetti che più ci stavano a cuore o che sono particolarmente seguiti, sottolineando però che ne sono parecchi altri in uguale difficoltà, specie sulla tv generalista.
Serve comunque a mettere in prospettiva la questione, aiutandoci a capire che sì, stiamo andando verso un autunno davvero anomalo, sperando che sia solo un autunno.
E se lo sciopero dovesse protrarsi ancora più a lungo, che succederà?
Questo è difficile dirlo. A perderci, dallo sciopero, sono ovviamente un po’ tutti, anche se i produttori hanno un asso nella manica che, per esempio, non avevano ai tempi dello sciopero del 2007, ovvero le produzioni estere: se pensate alla quantità di produzioni non americane di Netflix avete già un’idea di quanto prodotto si può costruire fuori dal recinto dello sciopero, ma la cosa vale anche per serie come House of the Dragon, la cui seconda stagione è stata scritta prima dello sciopero e che ha attori tutti inglesi, oppure per Dune: The Sisterhood, che ha produzione ungherese. Ci sono poi anche casi particolari come South Park, che semplicemente non utilizza sceneggiatori che fanno parte del sindacato WGA.
Questo non significa che la battaglia sarà vinta dalle case di produzione, perché per il pubblico il prodotto “realmente” americano è troppo riconoscibile e troppo importante, ma se ci si chiede chi è che rimarrà prima senza un piatto in tavola, beh, è più facile che sia il giovane sceneggiatore alle prime armi piuttosto che, per dirne uno che abbiamo citato nel podcast, David Zaslav, CEO di Warner Bros. Discovery Inc., che fra il 2018 e il 2022, secondo il Time, si è portato a casa quasi mezzo miliardo di dollari.
Facile capire perché loro hanno i mezzi per attendere, ma altrettanto facile capire perché, dal basso, si lamentano.
1923 (Paramout+): riprese della seconda stagione rimandate a data da destinarsi.
Abbott Elementary (ABC): terza stagione in standy by.
Agatha: Darkhold Diaries (Disney+, lo spinoff di WandaVision): rimandato di un anno ad autunno 2024.
Andor (Disney+): produzione della seconda stagione sospesa.
Blade Runner 2099 (prime Video): riprese interrotte almeno fino a inizio 2024.
The Boys (Prime Video): quarta stagione rimandata a data da destinarsi.
Citadel (prime Video): seconda stagione rimandata a fine 2024 (non che ci strappiamo le vesti, francamente).
Cobra Kai (Netflix): produzione sospesa, mi sa che ci salta la solita uscita natalizia.
Echo (Disney+, lo spinoff di Hawkeye): al momento rimandata da gennaio 2024 dopo un’iniziale data di fine novembre.
Emily in Paris (Netflix): produzione della quarta stagione sospesa fino a data da destinarsi.
Euphoria (HBO): terza stagione rimandata a data da destinarsi.
Good Omes (Prime Video): la seconda stagione si è salvata e l’abbiamo vista, ma la terza al momento è ferma.
Grey’s Anatomy (ABC): premiere della ventesima stagione posticipata a non si sa quando. Inutile dire che la prima stagione ufficialmente senza Meredith è anche quella che non riesce a partire. Coincidenze? Io non credo…
The Handmaid’s Tale (Hulu): produzione della sesta stagione sospesa.
The Last of Us (HBO): produzione della seconda stagione sospesa.
The Lord of the Rings: The Rings of Power (prime Video): un caso particolare di produzione in larga parte non americana, la cui seconda stagione è terminata semplicemente senza i produttori esecutivi J. D. Payne e Patrick McKay, che mi sembra solo un bene.
Outlander (Starz): scrittura dell’ottava stagione sospesa.
The Penguin (Max): lo spinoff seriale di The Batman sospeso fino a fine sciopero.
The Sandman (Netflix): la produzione della seconda stagione, le cui sceneggiature erano già state scritte, è proseguita senza Neil Gaiman e gli altri autori sul set, senza quindi la possibilità di riscritture in corsa.
Severance (apple Tv+): produzione della seconda stagione sospesa a tempo indefinito.
Shrinking (apple Tv+): come sopra.
Silo (Apple Tv+): idem.
Stranger Things (Netflix): riprese della quinta stagione rimandate fino al momento in cui sembrerà una sitcom sui pensionati.
True Detective (HBO): quarta stagione rimandata a gennaio 2024 (se va bene).
Wednesday (Netflix): seconda stagione rimandata a data da destinarsi.
The White Lotus (HBO): terza stagione rimandata al 2024.
X-Men ’97 (Disney+): doveva arrivare questo autunno, ora si parla di inizio 2024.