Questo mondo non mi renderà cattivo: perché amiamo Zerocalcare di Marco Villa
Questo mondo non mi renderà cattivo è l’ennesima conferma dell’unicità Zerocalcare, del suo livello qualitativo e del suo coraggio
Ci sono alcune cose che dicono tutti gli artisti, nessuno escluso. Che l’ultima opera che hanno realizzato è la loro migliore, la summa della loro carriera (non conta il mezzo: disco, libro, film, vale tutto) e che non hanno intenzione di ripetere formulette già usate, solo perché hanno avuto successo. Come a lasciare intendere che potrebbero replicare in ogni momento i grandi risultati ottenuti in passato, ma non vogliono farlo. Sono diversi, loro. Non sono come quelli là, loro. E io ci credo, perché poi ti rendi conto quando, invece, ci sono quelli che hanno davvero trovato una formuletta e l’hanno trasformata nel pin di un bancomat. Tra il non volersi fossilizzare e il rischiare tutto, però, c’è una bella differenza ed è quella che corre tra Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo, prima e seconda serie realizzate da Zerocalcare per Netflix.
La prima è stata un successo senza alcun dubbio: in Italia ha funzionato benissimo, ha consacrato Zerocalcare anche oltre il pubblico (già enorme) che legge i suoi fumetti, raccontando una storia intimissima, una vicenda di amicizie coltivate e tradite, di persone che crescono e faticano a costruirsi un’identità adulta. A livello narrativo, un classico dei racconti di Zerocalcare, che giustamente si è appoggiato sui propri punti di riferimento per l’esordio nell’animazione di ampio respiro. Due anni dopo, il compito è quello di ripetersi. Di ripetere il risultato, non la serie, perché torniamo all’inizio e se c’è uno a cui è giusto credere è Zerocalcare, anche perché la mossa del “non voglio ripetermi” l’ha già fatta proprio con i fumetti. È partito da un’osservazione della realtà sotto forma di tavole caricate su internet, poi man mano che la popolarità cresceva ha allargato il cast, aggiungendo vari personaggi e poi ha ampliato orizzonte, perché passare da Rebibbia a Kobane è un salto triplo carpiato, per quanto coerentissimo, nel suo caso.
Questo mondo non mi renderà cattivo è una versione velocizzata di questo processo, perché in questo caso lo sguardo politico arriva già alla seconda serie e perché il pubblico è potenzialmente più ampio ed eterogeneo. Ha avuto coraggio, Zerocalcare. Certo, con le spalle ben larghe della sua carriera, ma quelle spalle, va ripetuto per l’ennesima volta, se le è allenate tutte da solo.
Come sempre per Zerocalcare, tutto si svolge nel suo quartiere-microcosmo, che viene ribaltato dall’arrivo di una trentina di migranti, che vengono letteralmente parcheggiati in una struttura. Il loro arrivo provoca l’immediata reazione di gruppi di estrema destra, che nella serie vengono definiti nazisti per un motivo che non vi sto a spoilerare, ma che è sacrosanto. Questi fatti avvengono in contemporanea con il ritorno nel quartiere di un amico del liceo, Cesare, che da tempo se n’era andato, mentre l’amico storico Secco continua a voler mangiare gelati e Sarah finalmente sembra poter dare una svolta alla propria vita. Lo scontro, prima ideologico e nel finale anche fisico, con i nazisti è l’ennesima occasione per mettere Zero e i personaggi di fronte allo specchio, per capire chi sono e quanto sono cambiati nel corso degli anni.
Di fatto, quindi, Questo mondo non mi renderà cattivo prende lo schema della prima serie e applica un ulteriore livello di complessità, un livello che avrebbe potuto far saltare tutto, che potrebbe allontanare parte del pubblico, ma che dà un grande valore alla serie di Zerocalcare. Lo dà a lui e lo dà a Netflix, che ha deciso di credere in un prodotto che ha tutto per essere divisivo e anti-ecumenico, in un paese che geneticamente guarda a destra e che ha da pochi mesi eletto il governo più di destra della sua storia. In questo contesto, una serie che chiama nazisti dei personaggi che si danno di gomito con le forze maggioritarie del paese è un atto forte e non scontato. Da parte di tutti gli attori in campo. Ed è senza alcun dubbio l’aspetto più interessante di tutta la serie.
Perché quando uno è bravo e riesce a mantenersi ad alti livelli per tanti anni, poi il fatto che la sua serie faccia ridere, che abbia i suoi momento riflessivi e pure quelli da lacrimuccia, senza che nessuno di questi aspetti oscuri gli altri, beh ti pare quasi che sia il minimo sindacale. E invece no, Zerocalcare è un caso unico, perché stiamo parlando di un autore che ormai da quasi 15 anni riesce a mantenere uno standard talmente impressionante che non mi vengono in mente altri riferimenti. Anche perché il suo non è mai un lavoro che gioca sulla difensiva, al contrario: ogni puntata è piena zeppa di idee, riferimenti, invenzioni e intuizioni (Silvio Orlando, tipo?), come se non fosse mai abbastanza. E alla fine il vero motivo per guardare Questo mondo non mi renderà cattivo è tutto qui ed è tutto in quello che Michele Rech ha fatto in questi anni, nel modo in cui l’ha fatto e in cui l’ha presentato.