L’infermiera – Netflix: un crime ospedaliero che fa il suo di Marco Villa
Un’infermiera che uccide pazienti, una novellina che si trova al suo fianco: un crime danese che centra l’obiettivo
Una qualche regola non scritta dice che temere chi dovrebbe accudirci è una delle forme più spietate di terrore. In famiglia, ma non solo. Perché alla base di qualsiasi tipo di affidamento ad altri c’è la fiducia e quando quella fiducia viene minimamente incrinata, tutto crolla.
L’infermiera (The Nurse il titolo internazionale) è una serie danese ambientata in un ospedale di provincia. Come spesso accade nelle serie di questo tipo, entriamo in ospedale insieme a un personaggio che arriva in un nuovo posto di lavoro. Lei è Pernilla (Fanny Louise Bernth, la bionda di queste foto), fa l’infermiera, è alla prima esperienza in un pronto soccorso e per questo viene affiancata a Christina (Josephine Park, la mora), che invece di esperienza ne ha a pacchi.
Christina non è la più popolare dell’ospedale, forse per i suoi modi un po’ bruschi, ma Pernilla va subito d’accordo con lei. Anzi: d’accordissimo, perché iniziano a frequentarsi anche fuori dal lavoro e la nuova arrivata è tutta felice per aver trovato così in fretta un’amica. Anche per quanto riguarda il lavoro in senso stretto, Pernilla si trova bene: è carica, impara, affronta situazioni nuove.
Tra queste situazione nuove, però, c’è anche la perdita di alcuni pazienti: Pernilla lo sa, fa parte del gioco, ma quando a morire è una paziente giovane e in apparente buona salute, la cosa la colpisce. Anche perché vicino al lettino trova una siringa che non si sarebbe mai aspettata di vedere e che potrebbe essere la vera causa del decesso.
La storia de L’infermiera è chiara da subito: Christina in realtà uccide alcuni pazienti. Storia già sentita tante volte e in questo caso ispirata alla vicenda di Christina Aistrup, giovane infermiera danese condannata per aver ucciso deliberatamente 4 persone che erano sotto la sua tutela. Trattandosi di storia vera, non abbiamo alcun dubbio su come andrà a finire: non c’è indagine per scoprire cosa succede, ma lo spettatore partecipa alle ansie crescenti di Pernilla e alla sua progressiva comprensione della psiche della collega, che è complessa e ovviamente in qualche modo deviata.
I primi due episodi de L’infermiera fanno un buon lavoro, portando dentro un ospedale che non viene estremizzato in termini di scenografia e messa in scena, ma che trasmette comunque una certa ansia. Non siamo dalle parti iper-tecnologiche di un Seattle Grace, siamo piuttosto in un ospedale isolato, dall’atmosfera vecchiotta e un po’ in disarmo. Un’ambientazione che aiuta in termini di angoscia, perché amplifica la sensazione di abbandono totale che si prova quando si è costretti ad affidarsi alle cure di qualcuno.
Anche la resa del rapporto tra Pernilla e Christina e efficace: la prima non è presentata come Cappuccetto Rosso in un mondo crudele e la seconda non è il male incarnato. Il risultato è una serie che risulta subito credibile e in cui non si fa fatica ad entrare. Non si impone come qualcosa da vedere a tutti i costi, ma galleggia nettamente sopra le serie mediocri a cui ci stiamo sempre più abituando. È una buona serie, non svolterà le serate di nessuno, ma difficilmente lascerà delusi.
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