Ted Lasso 3×01 – L’eterna lotta fra il Male e il Buffo di Diego Castelli
La terza stagione di una serie amatissima, fra nuove opportunità e qualche rischio
SPOILER SULLA 3X01 DI TED LASSO
Ed eccoci qui, un anno e mezzo dopo la fine della seconda stagione, a parlare del ritorno di Ted Lasso. Una serie che da tempo ci scalda il cuoricino e che torna nel momento più opportuno, cioè dopo che The Last of Us ci ha costretto a rannicchiarci in un angolo stringendo le braccia intorno alle ginocchia.
Come dire, Ted aiutaci tu, allungaci un biscottino.
La scorsa stagione (trovate qui la recensione) aveva confermato la verve più dolce della serie, ma anche approfondito in modo più preciso alcune dinamiche psicologiche non necessariamente leggere, che avevano dato allo show uno spessore diverso e pure delle sfumature che non erano piaciute a tutti (anzi, sotto quell’articolo trovare pure un sacco di livore, ellapeppa).
Non abbiamo molti dubbi che questa terza stagione offrirà molti momenti per spendere una lacrima felice, ma c’è da scommettere che anche stavolta dovremo mettere in conto qualche botta di malinconia, cosa peraltro ribadita dalla primissima inquadratura della terza stagione.
Il momento di down (messo così in apertura giusto per non dare false speranze) è dato dall’espressione di Ted alla prospettiva che il figlio torni in America dalla madre dopo aver passato l’estate da lui (o almeno così mi sembra di intuire).
Già sappiamo che i problemi con la famiglia e la lontananza dalla prole sono fra i temi psicologici più importanti per il protagonista, e questo episodio esplora tangenzialmente quel discorso presentandoci quella che potremmo definire “una riflessione sulle cose importanti”.
Prima, però, affrontiamo l’elefante nella stanza.
Al termine della stagione 2 avevamo appreso che Nate era passato al nemico, venendo ingaggiato da Rupert per allenare il West Ham.
La costruzione di un nemico vero per Ted (Rupert è sempre stato un nemico di Rebecca), sembrava essere il potenziale motore della stagione 3, nonché un motivo di ritorno al calcio giocato, un po’ bistrattato l’anno scorso (naturalmente senza prevedere alcun realismo, perché Ted Lasso NON è una serie realistica, né prova ad esserlo).
A giudicare da questa premiere, sarà effettivamente così, ma con una sfumatura nuovamente psicologico-valoriale e non solo meramente competitiva.
Sì, Nate è l’allenatore del West Ham, sì, è diventato “cattivo”, e ora possiamo appassionarci alla sfida per batterlo, ma se la cosa fosse così semplice o binaria, staremmo guardando una qualunque tamarrata sportiva hollywoodiana.
In realtà, l’episodio ci fa entrare subito in un mondo di chiaroscuri. Sappiamo che Nate si è allontanato da Ted per problemi che riguardano soprattutto il suo rapporto con il padre, che di certo non sono stati risolti. Ecco allora, in questa puntata, un Nate che tratta male i giocatori e si fa forza per fare lo smargiasso con i giornalisti, ma in fondo è ancora il buffo magazziniere sempre pronto alla gaffe, che ci rimane malissimo quando la madre, in un messaggio, gli fa notare che al padre non è piaciuto il modo in cui ha gestito la conferenza stampa.
Dall’altra parte abbiamo invece il solito Ted compagnone e ottimista, ma anche segnato dai suoi problemi personali (quando in finale di puntata scopre che la ex moglie ha un nuovo compagno vediamo qualcosa che gli si spezza dentro), e soprattutto chiamato a gestire una sfida probabilmente nuova.
Al momento, questo mi sembra il vero nucleo tematico di questa nuova stagione, che è naturalmente figlio del racconto che è stato fatto nelle due precedenti: l’arrivo di Ted Lasso nella Premier League è servito innanzitutto a fornire una prospettiva nuova, che consentisse di uscire dalle dinamiche più tossiche del calcio per abbracciare una visione meno machista e stressata, in sostanza più felice.
Questo però valeva soprattutto con una squadra scarsa che poteva in qualche modo permettersi di diventare simpatica.
Adesso invece, complice l’irrigidirsi della competizione sportiva ed economica fra Rebecca e Rubert, l’idea è quella di gareggiare per il titolo, o comunque per essere qualcosa di più della Cenerentola un po’ sfigata e per questo ben voluta da tutti.
Questo episodio ci mostra la ferocia dei social nei confronti dei metodi alternativi di Ted, e ci racconta nel dettaglio la difficoltà (per il momento risolta) di “rimanere Ted”, cioè di mantenere quel buon cuore che caratterizza da sempre il protagonista, e che qui viene messo a dura prova dalle sparate al vetriolo di Nate.
La vera missione per i personaggi in questa stagione, dunque, non è quella di vincere il campionato. O meglio, loro pensano che sia quella, ma noi sappiamo che il vero obiettivo è rimanere se stessi, alzando il livello delle proprie prestazioni e del proprio successo, non per questo sacrificando un’identità duramente conquistata.
Ed è ovvio che questo discorso, metaforicamente, non si applica solo al calcio, ma a tutte quelle situazioni in cui la volontà di primeggiare, di vincere, o anche solo banalmente di avere ragione (pensiamo anche a tutte le polarizzazioni da social), ci porta a sacrificare empatia, rispetto ed emotività, in nome del livore e del sarcasmo più velenoso.
In questo senso, la conferenza stampa di Ted, in cui l’uomo deve sforzarsi per rimanere se stesso andando anche contro la volontà di Rebecca (che senza sapere i rischi che sta correndo gli ha chiesto di essere più combattivo), è già un punto nodale, un momento in cui quella singola battaglia per l’identità è stata vinta, senza però vincere la guerra.
In questa cornice, quella in cui Ted, ancora triste per la partenza del figlio, continua a cercare motivazioni per continuare a stare a Londra, si inserisce perfettamente anche la brutta notizia della puntata, cioè la rottura fra Roy e Keeley.
La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno, durante una conversazione con la piccola Phoebe che dimostra una maturità sorprendente e pure superiore a quella degli zii. Ma ascoltando la spiegazione data dai due personaggi, che spiegano di essersi allontanati per i troppi impegni lavorativi, rientriamo ancora una volta nella stessa riflessione di cui dicevamo prima: qual è il punto in cui la ricerca del successo lavorativo, delle medaglie da appuntarsi sul petto, entra in conflitto con le altre cose importanti della vita?
E se Keeley deve segnarsi in agenda dei momenti in cui piangere, non è che sta abdicando troppo di sé al sogno di essere una rispettata donna in carriera?
L’impressione è questa ricerca di equilibrio fra privato e pubblico, fra ricerca del nuovo e preservazione di ciò che ancora conta, sarà il vero cuore tematico della stagione.
In chiusura, però, va pure detto che servirà qualche guizzo ulteriore. Dopo che la seconda stagione aveva sviscerato molto in profondità alcuni temi anche tosti che la prima aveva solo sfiorato, la terza corre molto di più il rischio di ripetersi.
Questo primo episodio stagionale è ricco di momenti divertenti, dettaglia maggiormente la competizione con Nate, e come detto spinge la riflessione psicologica verso territori parzialmente nuovi. Ma non è un episodio che lascia a bocca aperta, e non esclude il timore che troppe delle situazioni che vedremo saranno almeno in parte riciclate dal passato.
(La stessa rottura fra Roy e Keeley, per quanto coerente con il contesto, potrebbe benissimo suonare come un espediente tipo “ho bisogno che si mollino per creare un po’ di pepe e costringervi a rimanere qui finché non si rimetteranno insieme”).
Non resta che attendere, sperando che queste premesse conducano a qualche soluzione creativa, e che la lotta anche puramente sportiva con Nate ci regali qualche variante interessante rispetto all’anno scorso.
Non credo comunque ci sia rischio circa il semplice fatto che continueremo ad amare alla follia questa gente, quindi da quel punto di vista non mi preoccuperei.