1 Luglio 2022

Only Murders in the Building, la seconda stagione è una certezza di Marco Villa

Era difficile pensare a un ritorno in sordina per Only Murders in the Building e per una volta non siamo stati delusi

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Non so se esistono dei bookmaker che accettano scommesse legate alle serie tv, ma in caso potete stare certi che la quota sulla qualità della seconda stagione di Only Murders in the Building sarebbe stata bassissima, perché il fatto che i due nuovi episodi siano all’altezza di quelli vecchi è un dato di fatto che in tanti avrebbero potuto firmare e controfirmare nell’esatto istante in cui sono partiti i titoli di coda del season finale.

Only Murders in the Building è tornata su Disney+, ma è come se non se ne fosse andata, perché riparte esattamente da dove si era interrotta, rimettendo in scena lo stesso triangolo di interpreti che ne ha fatto la fortuna: Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. La prima stagione si basava su una chimica tra i loro personaggi che doveva nascere e svilupparsi, con il più classico dei tira e molla che vediamo in questi casi. Attraverso un saliscendi di momenti surreali che giocavano a essere di tensione, i tre risolvevano un omicidio avvenuto nel proprio condominio e soprattutto trovavano delle sponde per le rispettive vite, molto solitarie e in fase discendente.

La seconda stagione ha innanzitutto il pregio di menarla poco con la fase dell’eroe riluttante, in cui i protagonisti di un’avventura fanno un po’ i puzzoni e per un po’ di tempo decidono di non tornare in azione, come se noi non sapessimo già come andrà a finire (The Boys, ti fischiano per caso le orecchie?). No, qui la titubanza dura un paio di scene e poi i tre sono di nuovo in ballo, perché c’è un nuovo omicidio da risolvere e c’è pure la possibilità che qualcuno li stia incastrando.

La vittima questa volta è Bunny, la più scorbutica delle vicine di casa e l’intrigo coinvolge un vecchio quadro su cui è ritratto anche il padre di Charles-Haden Savage (il personaggio di Steve Martin), per giunta nudo. La nuova indagine arriva nel momento in cui le esistenze dei personaggi sembrano a un punto di svolta: Charles vede nuovamente la possibilità di vestire i panni del suo Brazzos, il detective che gli ha dato la celebrità; Putnam sta iniziando a lavorare con Amy Schumer, che interpreta se stessa e ha occupato l’attico lasciato libero da Sting (bellissima l’idea che l’attico sia sempre abitato da una super guest star); Mabel sta entrando nel giro di una galleria d’arte gestita da una ragazza che ha le non indifferenti fattezze di Cara Delevingne.

L’indagine, però, richiama tutti sull’attenti e dai primi due episodi la sensazione è che Only Murders in the Building abbia la consapevolezza di non poter tirare avanti in eterno basandosi solo sulla chimica tra i personaggi. Rispetto alla prima stagione, il gioco crime è più evidente: già nei primi episodi c’è una semina di indizi che rimandano quasi ai meccanismi della letteratura gialla più classica, quella da omicidio nella magione inglese dispersa nel nulla. Il tutto ovviamente virato al surreale e all’ironia: basti pensare al destino del già citato quadro, che nel corso del secondo episodio vive disavventure senza soluzione di continuità. 

La notizia è bella, insomma: Only Murders in the Building è quel gioiello che ricordavamo. Viene anche da dire che era davvero difficile pensare che non potesse essere così: troppo solido l’impianto, troppo alto il livello e il mestiere di tutte le componenti in gioco. Sarebbe servito davvero un grande impegno per buttare via un simile punto di partenza. Per una volta, non siamo qui a parlare di cali, delusioni e rimpianti. Sempre viva Only Murders in the Building.



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