Shining Girls – Apple Tv+, Elisabeth Moss e un killer… perenne di Diego Castelli
Con Shining Girls, Apple Tv+ propone un misto-genere che poteva essere molto pericoloso, ma che al suo esordio convince e appassiona
Qui a Serial Minds amiamo sempre le serie che scelgono di mescolare un po’ i generi. E non perché un prodotto che invece appartenga orgogliosamente a un genere solo non possa essere interessante o perfino un capolavoro (se ne potrebbero citare a decine), ma semplicemente perché dopo tanti anni a guardare tonnellate di episodi, tendiamo a preferire chi decide di sparigliare un po’ le carte, per sorprendere fin dal concept. Un po’ come Shining Girls.
La nuova serie di Apple Tv+, creata da Silka Luisa e tratta dal quasi omonimo romanzo della sudafricana Lauren Beukes, prende infatti il classico setting da giallo-crime, con altrettanto classico serial killer di giovani donne, e gli piazza sopra una cucchiaiata di viaggi nel tempo creando un’accoppiata che non è che non si sia mai vista, però insomma, non è nemmeno la più comune del mondo.
Bisognerebbe anche dire, volendo auto-cercare il pelo nell’uovo, che quello dei viaggi nel tempo non è propriamente un genere, quanto più un elemento all’interno del genere fantastico e/o fantascientifico. Detto questo, inter nos, ci siamo capiti: i viaggi nel tempo sono un concetto così sfruttato dal cinema e della tv (e con così tanto successo) da essere effettivamente diventati quasi un genere a sé stante, tanto che la frase “una storia di viaggi nel tempo” è solitamente una risposta sufficiente alla domanda “di che parla sta serie?”
Fatta questa non fondamentale precisazione nerd, quello che conta è che Shining Girls, in una maniera già chiara nei primi tre episodi ma tuttora da esplorare, mette insieme due mondi solitamente abbastanza distinti, in un’operazione che è di per sé rischiosa, ma anche capace di farci drizzare subito le antenne.
E poi c’è Elisabeth Moss.
La protagonista di The Handmaid’s Tale (che, per la cronaca, non è ancora terminata) interpreta Kirby, una ragazza che lavora in un giornale svolgendo compiti di bassa manovalanza. Kirby non è il suo vero nome, l’ha cambiato qualche anno fa dopo una brutta aggressione che l’ha lasciata sfregiata nel fisico e nello spirito, e da cui Kirby sta ancora cercando di riprendersi pienamente.
La storia inizia sul serio quando Kirby incappa in una serie di indizi che la portano a riconoscere in alcuni recenti omicidi la firma dell’uomo che l’aveva aggredita, e che non è mai stato catturato.
Ma la cosa più importante è un’altra: nel giro di pochi giorni, ma in realtà fin dai tempi dell’aggressione, Kirby sperimenta una serie di eventi particolarmente inquietanti. Dalla sera alla mattina, ma anche da un minuto con l’altro, Kirby si accorge di piccoli ma significativi cambiamenti nella sua routine e nell’ambiente che la circonda, che non riesce a spiegarsi fino al momento in cui, dal nulla, si ritrova inspiegabilmente sposata da anni con un collega. Hai voglia, a quel punto, a cercare conforto nel piccolo quaderno su cui Kirby, da anni, riporta minuziosamente tutti gli eventi delle sue giornate, proprio per tenere traccia della sua esistenza e non perdersi i pezzi.
Fin qui potrebbe sembrare una storia di allucinazioni: il trauma subito da Kirby le causa percezioni ingannevoli su se stessa e sul mondo circostante.
Ecco, se non fosse che manca ancora un piccolo passaggio: noi il killer lo vediamo, conosciamo il suo volto, e soprattutto lo vediamo incontrare (e poi aggredire) donne in epoche diverse, compresa una Kirby bambina a cui il bastardone, interpretato da Jamie Bell, si avvicina in modo particolarmente viscido.
Ecco dunque i generi che si sovrappongono, con un killer / viaggiatore nel tempo che impone modelli narrativi che non siamo soliti sovrapporre a quelli del poliziesco e del giallo.
Vale la pena sottolineare, però, che Shining Girls resta effettivamente un giallo. L’elemento fantastico del viaggio del tempo non arriva, almeno nei primi tre episodi che abbiamo visto, a influenzare in modo decisivo la messa in scena e il tono della narrazione, riempiendolo di effetti speciali e sense of wonder.
O meglio, elementi tecnicamente fantasy ci sono, ma vengono essi stessi declinati e filtrati dal punto di vista di Kirby, unica sopravvissuta alla furia del cattivo, che sperimenta gli sfasamenti temporali e i cambi di realtà prima di tutto come un disturbo suo personale, e solo successivamente come veri e propri indizi di qualcosa che effettivamente non torna come dovrebbe.
Shining Girls era fin da subito una serie molto rischiosa, che proprio dal suo concept così particolare, benché supportato da un romanzo di grande successo che poteva fare da comoda traccia, poteva facilmente disordinarsi, non riuscendo a trovare un tono suo personale che fosse solido e credibile.
Al momento, i pericoli sembrano scongiurati. Shining Girls ha ancora tutto il tempo del mondo per andare in vacca, ma i primi tre episodi convincono: la tensione è alta, gli sbalzi temporali e percettivi di Kirby stupiscono senza essere incomprensibili, e c’è un chiaro senso di urgenza e di pericolo che impregna tutta l’atmosfera.
Soprattutto, è giusta l’idea di mostrare praticamente da subito l’elemento soprannaturale, che deve ancora essere approfondito ma è comunque evidente. Molto meglio così, con un buon numero di carte sul tavolo per stabilire un preciso patto con gli spettatori, piuttosto che una soluzione eccessivamente misteriosa in cui l’elemento non-realistico venisse tirato fuori dal nulla come un coniglio dal cilindro.
E poi c’è Elisabeth Moss.
Al netto del gioco narrativo su cui si basa la storia, il punto di vista di Kirby è centrale, il suo trauma importantissimo, il suo viaggio attraverso il tempo e la paura troppo decisivo per affidarlo a un’interprete qualunque.
In questo senso, Elisabeth Moss ci ha abituato a una grande capacità di creare suspense e dramma con le sue sole espressioni del viso, e per quanto Shining Girls non abbia bisogno di trasformarla in un totem assoluto come fa The Handmaid’s Tale (anche perché nel cast c’è pure Wagner Moura, il buon vecchio Pablo Escobar di Narcos, qui nei panni di un giornalista determinato e problematico), abbiamo comunque la certezza, scena per scena, che Moss ci farà sentire tutto il peso necessario, se non addirittura troppo.
Va da sè, poi, che sia ancora presente un tema di violenza sulle donne che qui vediamo nella sua forma più classica, e che in attesa dei prossimi sviluppi rimane impresso soprattutto per alcune scene in cui Harper, il killer, si avvicina alle sue future vittime senza compiere gesti violenti e senza esprimere esplicite minacce, ma riuscendo comunque a risultare spaventoso in un modo che troppe donne conoscono bene, pur facendo fatica a spiegarlo (e a volte provarlo) in un’aula di tribunale.
Come detto, una valutazione vera su Shining Girls la si potrà dare solo alla fine, ma per ora, e nonostante tre ore pesantucce come esordio, vale assolutamente la pena di tenerla d’occhio.
Perché seguire Shining Girls: per l’accattivante miscuglio di giallo e viaggi nel tempo, e per la solita bravura di Elisabeth Moss.
Perché mollare Shining Girls: se per voi il giallo è giallo, e non si può sporcare con altri colori.