The First Lady – Showtime: una laicissima agiografia di alta qualità di Marco Villa
La storia di tre first lady di epoche profondamente diverse, una serie molto ambiziosa che ha tutto per imporsi
Parola chiave: ambizione. The First Lady è una serie ambiziosissima, innanzitutto per tre motivi: la trama, ovvero raccontare gli Stati Uniti in tre differenti epoche dal punto di vista delle first lady di quel tempo; il cast, con pezzi da novanta come (in ordine cronologico) Gillian Anderson, Michelle Pfeiffer e Viola Davis (ma anche Kiefer Sutherland, Aaron Eckhart, Dakota Fanning); la regia, affidata per tutti i dieci episodi a Susanne Bier, che negli ultimi anni si è imposta anche nel mondo televisivo (The Night Manager, The Undoing), dopo aver vinto un Oscar per il miglior film straniero nel 2011 con Per un mondo migliore. Insomma: tutto a livelli alti, tenuto insieme dallo showrunner Aaron Cooley, che ha lavorato a lungo con Joel Schumacher e che con The First Lady tenta il grande salto. Ambizione, insomma, pure per lui.
E con questa bella infilata di nomi, la parte tecnica l’abbiamo portata a casa, manca giusto l’indicazione che The First Lady è partita negli USA su Showtime il 17 aprile, con episodi settimanali come si faceva quando tutto era più facile e si potevano mangiare anche le fragole. Dicevo: le vite di tre first lady raccontate in parallelo. Le donne in questione sono Eleanor Roosevelt, moglie di Franklin Delano, Betty Ford, moglie di Gerald Ford e Michelle Obama, moglie di Barack Obama.
Si tratta di tre donne molto diverse tra loro, così come diversi tra loro sono i rispettivi mariti: a causa della Seconda guerra mondiale, Roosevelt è l’unico presidente della storia degli USA ad avere avuto quattro mandati e in più ha dovuto portare il peso delle conseguenze di una poliomielite contratta in età adulta. Ford era un politico “normale”, diventato improvvisamente vicepresidente per sostituire un dimissionario e poi in breve tempo finito alla Casa bianca, dopo le dimissioni di Richard Nixon per il caso Watergate. E poi c’è Barack Obama, il primo presidente afroamericano, con tutto ciò che questo comporta.
I tre presidenti hanno ovviamente un ruolo importante nella serie, ma The First Lady si concentra soprattutto sul rapporto che hanno con le loro mogli e in particolare su come le first lady si confrontano con il ruolo. Per tanti anni, la frase “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna” era considerata un elogio per le grandi donne in questione, prima che si arrivasse a capire che proprio l’avverbio “dietro” squalificava tutto ciò che veniva dopo. The First Lady parte proprio da questo assunto, togliendo i tre personaggi principali dal cono d’ombra proiettato dalla Casa bianca e concentrandosi su di loro.
Un proposito sacrosanto, reso ancora più interessante dalla scelta di procedere con tre storie in parallelo, senza optare per stagioni antologiche monografiche, che avrebbero appesantito tutto il racconto. Non è così e il primo episodio è ben scritto a livello di trama, con le tre linee temporali che si sviluppano con coerenza e senza mai creare confusione, riuscendo a mostrare fin da subito i temi di ognuna: la determinazione di Eleanor (Gillian Anderson, giusto per essere chiari) nell’aiutare il marito a trovare fiducia e forza, nonostante la malattia; la riluttanza di Betty (Michelle Pfeiffer), che si ritrova al centro del circo, nonostante fosse convinta che il marito fosse a un passo dalla pensione; la consapevolezza di essere parte della storia di Michelle Obama (Viola Davis).
Le tre interpreti sono ottime, diversissime tra loro per stile e approccio al lavoro, ma per questo in grado di non sovrapporsi, facendo emergere lati differenti dei propri personaggi. Fra le tre, mi viene da sottolineare la prova di Pfeiffer, che interpreta la figura in apparenza meno “eroica” (mille virgolette) e quindi più difficile da portare avanti. È forse la migliore delle tre, con Anderson che ricorda enormemente la sua Margaret Thatcher di The Crown e Viola Davis che sconta quanto sia fresca nella testa di tutti l’immagine di Michelle Obama, con un effetto Saturday Night Live, ma con trucco e parrucco di maggior livello.
E così arriviamo al momento del grande “però” di questa recensione. Perché sì, le attrici funzionano, la storia cattura, la regia funziona. Però queste non sono tre biografie, sono tre agiografie, tre vite di sante laicissime, ma pur sempre sante. La scelta di mettere in parallelo tre storie, finisce per forza di cose per comprimere le vicende, facendo sì che ogni scena diventi cruciale e, all’interno delle scene stesse, ogni battuta sia lapidaria. Nel corso del primo episodio, non c’è mai un dialogo di passaggio: tutto ciò che viene detto dai tre personaggi principali merita di essere inserito nella top ten delle frasi celebri.
Si tratta di un fardello che appesantisce la narrazione, pur non affondandola: il primo episodio di The First Lady resta ampiamente positivo e la speranza è che le prossime puntate possano permettere un maggiore equilibrio nei toni e non solo nella ripartizione delle singole vicende. Perché la ricchezza del materiale di partenza è evidente.
Perché guardare The First Lady: perché è all’altezza delle proprie ambizioni
Perché mollare The First Lady: perché rischia di sfociare nell’agiografia assoluta