Antidisturbios – Disney+: una serie spagnola che è una bomba, incredibile! di Marco Villa
Non siamo mai stati teneri con le serie spagnole (eufemismo), finalmente le cose cambiano: Antidisturbios è una serie tesa, fatta come si deve
Se c’è una cosa di cui siamo fieri, qui a Serial Minds, è la nostra community, i nostri lettori. Un gruppo di appassionati che segue il sito da tantissimo tempo, si è affezionata, commenta, interagisce e che possiede una competenza sul mondo seriale che non è scontata. Capita così che, a volte, non siamo noi a segnalare serie da guardare, ma siano i lettori a farlo. O gli ascoltatori di Salta Intro, perché proprio attraverso quel canale di comunicazione ci è arrivata la doppia segnalazione di Antidisturbios, serie spagnola disponibile su Disney+.
Ora, noi da queste parti abbiamo un certo pregiudizio nei confronti delle serie spagnole (e in lingua spagnola), perché semplicemente non ne abbiamo ancora trovata una che ci abbia davvero convinto. Figuratevi la reazione di fronte a un titolo come Antidisturbios, che ricordava più il digestivo Antonetto che non una serie degna di essere vista. Però l’orgoglio di cui sopra per la nostra community si declina anche in una fiducia nei lettori. E allora l’abbiamo vista Antidisturbios. E ci è piaciuta, parecchio pure.
Antidisturbios ha esordito nel 2020 su Movistar+, creata da Isabel Peña e Rodrigo Sorogoyen. Come detto, i disturbi di digestione c’entrano poco, perché antidisturbios è il nome spagnolo con cui vengono chiamati i reparti antisommossa, ovvero i reparti estremi della polizia spagnola, quelli che un tempo erano chiamati celerini. È proprio una di queste squadre al centro della storia, una squadra che in un normale giorno lavorativo deve occuparsi dello sfratto di una famiglia da un appartamento.
Arrivato sul posto, il responsabile della squadra Salvador Osorio (Hovik Keuchkerian) capisce che la faccenda è complicata: nell’appartamento ci sono circa trenta persone, che vogliono aiutare la famiglia a opporsi allo sfratto. I poliziotti sono pochi, gli occupanti troppi, ma non arrivano rinforzi: quando lo sgombero ha inizio, la tensione sale, tutti vengono schiacciati e compressi tra loro, fino a quando un ragazzo di origine senegalese precipita dal ballatoio e si schianta sul cortile sottostante.
Da qui, lo sgombero diventa altro, ovvero la storia di come la morte di un ragazzo sia sul filo tra evento accidentale e omicidio colposo. A indagare sulla questione è un gruppo di poliziotti degli affari interni, all’intero del quale spicca Laia Urquijo (Vicky Luengo), la più giovane della squadra, ma anche la più determinata: una professionista talmente votata alla ricerca della verità e della correttezza che arriva a litigare in modo pesante con il padre, se quest’ultimo imbroglia a Trivial Pursuit.
In Antidisturbios abbiamo tre gruppi di personaggi: gli sgomberati, i poliziotti e gli affari interni. E fin dalle prime puntate capiamo che non possiamo mettere nessuno dei tre serenamente dalla parte dei buoni o dei cattivi. Ai primi va spontanea una solidarietà umana ed è comprensibile la loro opposizione ai poliziotti, ma allo stesso tempo i celerini sono lì per fare il loro lavoro (senza scomodare Pasolini e Valle Giulia, che sono passati più di 50 anni), sono pochi e sembrano provare a fare del loro meglio. E poi gli affari interni, che (di nuovo) fanno il loro lavoro per stoppare i colleghi violenti, ma la già citata Laia è scritta per essere semplicemente insopportabile.
Già questa impostazione merita un applauso, perché la strada più semplice sarebbe stata quella di creare dei martiri, dei cattivi e dei salvatori, etichette che, manipolando gli assi della storia, potremmo appiccicare a chiunque. Non è così e il risultato è che il giudizio morale pesa tutto sulle spalle dello spettatore, che può seguire la serie non solo per scoprire come va a finire, ma anche per farsi un’idea sugli equilibri tra responsabilità e innocenza. Un equilibrio complesso, anche perché i personaggi sono diversissimi tra loro: fra poliziotti in pieno burnout, altri a un passo dalla pensione e altri – oggettivamente – dei totali esaltati.
Un approccio del genere rende porta gli spettatori a interessarsi ai personaggi e a cercare di avvicinarsi loro il più possibile: in questo, vengono aiutati da una regia perfetta, che sceglie l’utilizzo di camere a spalla, indirizzate verso inquadrature strette e nervose, mentre il focus su una resa realistica viene enfatizzato dall’assenza totale di musica extradiegetica, cioè che non viene suonata da radio o strumenti presenti in scena. In questo senso, Antidisturbios è una serie che rifugge da ogni tipo di spettacolarizzazione della storia che racconta, con un meccanismo non lontano dalla crudezza ricercata da una pietra miliare come NYPD: Blue (le debite proporzioni non sono nemmeno da citare, vero?). Tutto questo porta a scene di azione tesissime: tutto lo sgombero viene vissuto in apnea, così come uno scontro in chiusura del secondo episodio.
Parlare di sorpresa per una serie di due anni fa non è il massimo, ma è difficile trovare altri termini. In questi anni ci siamo abituati a serie spagnole che spingono tutto al massimo, che aggiungono in continuazione storie e materiale e che saltano squali come se non ci fosse un domani. Antidisturbios gioca tutto per sottrazione e per questo è radicalmente diversa da quelle serie, che (non) vediamo di solito su Netflix. Ed è una bella notizia. E una bella sorpresa, sì.
Perché guardare Antidisturbios: perché è cruda ed essenziale e diversa dalle serie spagnole
Perché molare Antidisturbios: perché senza o’ Professore vi sentite persi