31 Marzo 2022

Moon Knight – Un pilot Marvel che si prende i suoi tempi (e fa bene) di Diego Castelli

Moon Knight è il primo eroe seriale Marvel che non arriva dal cinema e si prende pure il primo episodio per fare il misterioso. Furbino.

Pilot

QUALCHE SPOILER SUL PRIMO EPISODIO

Parlando di supereroi (non solo, ma soprattutto), si sente spesso parlare di “origin story”. Si tratta del momento in cui un fumetto, un film o una serie racconta al pubblico come e perché una certa persona diventa un/una “super”. Può essere una pioggia di radiazioni che ti trasforma in un gigante verde, oppure un ragno che ti morde e ti fa attaccare ai muri, oppure ancora un padre e una madre che, per salvarti la vita, ti mandano su un altro pianeta dove i raggi di un sole giallo ti renderanno semi-invincibile. La origin story di solito (anche se non sempre) è messa all’inizio di un racconto, e obbliga chi la scrive a definirne struttura, ritmo, quantità di spazio occupato. E poi c’è Moon Knight che fa un po’ come gli pare.

Moon Knight è la nuova serie Marvel sbarcata su Disney+, e racconta le vicende dell’omonimo eroe / vigilante creato a metà anni Settanta da Doug Moench (testi) e Don Perlin (disegni). Il vero nome di Moon Knight è Marc Spector, un mercenario che è venuto a contatto con il dio egizio Khonshu, trasformandosi in un giustiziere mascherato dai modi spicci e spesso brutali, dotato di un vasto arsenale di armi, di alcuni speciali poteri, e di un costume di derivazione mummiesca che può sembrare un po’ un pigiamino, ma che ha tutto un suo carisma lunare.

Perché Moon Knight in versione Disney+ fa un po’ come gli pare? Beh, semplice, perché nel corso del pilot la origin story non ci viene raccontata (cioè non ci fanno vedere il momento in cui Marc Spector diventa Moon Knight per la prima volta), ma in compenso l’episodio è comunque considerabile come un processo di avvicinamento al supereroismo da parte dello stesso personaggio che supereroe lo è già. Come è possibile? Semplice, Marc ha un disturbo dissociativo della personalità, e per tutto l’episodio seguiamo le vicende di un suo alter ego, Steven Grant, che non sa nulla di Marc e delle sue missioni notturne.

Steven è un appassionato di egittologia, vorrebbe fare la guida turistica nel museo londinese in cui lavora, ma invece è confinato al negozio di souvenir per bambini. È timido, impacciato, buffo, e crede di soffrire di sonnambulismo perché gli è capitato di andare a dormire nel suo letto per poi svegliarsi in posti assurdi. Solo che non si tratta di sonnambulismo, ma di una seconda personalità decisamente più manesca e carismatica che quando lui dorme se ne va in giro a picchiare i criminali.

Il risultato di questa specie di Fight Club è, per noi spettatori, un episodio abbastanza particolare e una gradita variazione sul tema della nascita del supereroe. Il fascinoso picchiatore del titolo esiste già ed è come se per lui la serie fosse già alla seconda stagione. Per il povero Steven invece, e per noi insieme a lui, il mondo di Moon Knight è ancora tutto da scoprire.

Questa scelta di giocare con il gap di consapevolezza fra le due versioni/identità dello stesso personaggio consente allo showrunner Jeremy Slater e al regista Mohamed Diab di costruire un primo episodio che, proprio in virtù delle spaesamento del protagonista, riesce a essere tante cose diverse, toccando alcune corde ormai usuali per il Marvel Cinematic Universe, ma esplorando anche generi e mondi più personali.

Il pilot di Moon Knight è molto avventuroso, con anche qualche eco alla Indiana Jones per la tua componente archeologica; non disdegna ampi margini di commedia, con il goffo Steven catapultato in una trama pericolosa di cui non sa nulla; contempla la piena tamarraggine dell’action-movie, con un protagonista capace di farsi sentire a pugni e cazzotti e la volontà dichiarata dagli autori di non rifiutare a priori una violenza un po’ più esplicita, che sia coerente con il percorso del protagonista; mette volentieri il piedino nel mystery-horror, con tanto di mostroni che si muovono sullo sfondo mentre il povero, impaurito protagonista prova a capire come diavolo farà a tornare a casa tutto intero.

Ma nonostante questa ricchezza di spunti e direttrici, il pilot di Moon Knight è anche furbo nel lavorare per sottrazione: sovrapponendo il punto di vista di chi guarda con quello di Steven, che “sparisce” ogni volta che entra in gioco Marc Spector, la regia cancella o mutila la maggior parte delle scene d’azione, creando un’ellissi ogni volta che la personalità di Steven lascia il posto a quella di Marc.

Una scelta potenzialmente rischiosa, considerando che toglie dallo schermo buona parte dell’azione vera e propria, ma che a conti fatti funziona per almeno due motivi: il primo è che comunque di azione ce n’è lo stesso; e il secondo è che quella che manca ci appare immediatamente, per riflesso condizionato, come fighissima proprio perché di essa ci fanno solo vedere le truci conseguenze. Forti della possibilità di lavorare su sei ore complessive di prodotto, e non solo sulle due, massimo tre di un film, scrittura e regia scelgono di sacrificare parte della prima ora d’azione sull’altare del teasing, per aumentare la dose di mistero e arrivare a un finale di episodio in cui l’effettiva comparsa di Moon Knight ci fa l’effetto di una liberazione e di concede finalmente un guerriero che, avendo visto solo le conseguenze delle sue azioni, ci appare già gagliardissimo.

Il resto del pilot lo fanno gli attori: Oscar Isaac (che era già stato il cattivo in X-Men: Apocalypse, un film con personaggi Marvel ma che non appartiene al MCU) è molto bravo a creare un vero solco fra i personaggi di Steven e Marc (parlano pure con accento diverso), e poi c’è un vecchio leone come Ethan Hawke che, giusto per aggiungere un altro ingrediente a un piatto già abbastanza ricco di spunti e sfumature, interpreta un leader religioso che porta nel racconto alcuni temi filosofici più corposi legati alla giustizia e al libero arbitrio (e le sue convinzioni in merito lo mettono inesorabilmente dalla parte dei cattivi).

È ancora presto per dare un giudizio definitivo ma, ovviamente, arrivati ormai alla sesta incarnazione seriale del Marvel Cinematic Universe viene spontaneo provare a collocare Moon Knight in una sorta di classifica. In questo senso, ho l’impressione che Wandavision e Loki staranno comunque un gradino sopra, per respiro creativo e sperimentazione, ma allo stesso tempo Moon Knight mi è sembrato molto più divertente e vario rispetto all’esordio di The Falcon and The Winter Soldier.

Vale la pena di notare, peraltro, che è la prima volta che una serie Marvel su Disney+ introduce un personaggio che non si era mai visto prima al cinema, e che magari poi al cinema ci arriverà. Un dettaglio non da poco in una struttura produttiva e narrativa che pian piano comincia a esplorare nuovi (sotto)generi, nuove direzioni, nuove possibilità.
E come esordio, a conti fatti, non è mica male.

Perché seguire Moon Knight: se guardate con attenzione, in questa nuova serie Marvel troverete diverse sfumature originali che le danno una personalità tutta sua.

Perché mollare Moon Knight: se NON guardate con attenzione, perché dei supereroi cominciate ad averne piene le balle, alla fine dei conti Moon Knight prevede sempre e comunque un tizio in pigiama che picchia la gente.



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