Pieces of Her – Su Netflix un buon thriller… solo per metà di Diego Castelli
“Frammenti di lei” è il titolo italiano della miniserie con Toni Collette, fra passato misterioso e presente pericoloso
Suppongo che non vi interessi granché di miei eventuali problemi intestinali, fatto sta che lunedì scorso mi è venuta una gastroenterite che mi ha completamente buttato a terra per giorno intero. Non riuscivo a fare assolutamente niente che non fosse stare immobile nel disperato tentativo che il mio stomaco rimanesse fermo dov’era, ma a un certo punto sono stato in grado di accedere la tv e di spararmi otto episodi di fila di Pieces of Her, in italiano Frammenti di lei, miniserie di Netflix con Toni Collette creata da Charlotte Stoudt e tratta dall’omonimo romanzo della prolifica scrittrice crime americana Karin Slaughter.
No, non credo che aver guardato l’intera miniserie in un giorno solo, avendo in corpo solo acqua e mezzo etto di riso in bianco, abbia alterato la mia percezione del prodotto, però insomma, ci tenevo a dirlo perché non si sa mai.
Le protagoniste di Pieces of Her sono sostanzialmente due, Laura (Toni Collette), una logopedista che si occupa dei reduci di guerra, e la figlia Andy (Bella Heathcote), una ragazza che lavora nel call center della polizia e che qualche anno fa è tornata a vivere con la madre perché quest’ultima combatteva contro il cancro al seno.
Laura vorrebbe che Andy tornasse a vivere da sola, che anzi se ne andasse proprio dalla sonnacchiosa cittadina in cui vivono così da potersi fare una vita, mentre la giovane sembra faticare a trovare uno scopo nella sua esistenza che non sia stare appiccicata alla madre.
A un certo punto, l’imprevisto: le due sono a pranzo insieme e sono testimoni di una terribile aggressione. Un tizio uccide una loro amica e la figlia per una questione di gelosia, e una tragedia ancora maggiore è evitata solo grazie al sangue freddo di Laura, che riesce a neutralizzare l’aggressore con una prontezza insospettabile per una logopedista di provincia.
L’evento, già di per sé traumatico, si rivela l’apertura del proverbiale vaso di Pandora. Con Laura braccata dai giornalisti, Andy capisce che qualcosa non torna, e che la madre le ha nascosto qualcosa (anzi, molto) del suo passato.
Inizia così un viaggio alla ricerca della verità, in cui il nostro punto di vista coincide soprattutto con quello di Andy, di cui condividiamo lo spaesamento e il desiderio di capire cosa è stato nascosto alla ragazza per tutti questi anni. E ovviamente di roba da scoprire ce n’è un tot, e in quel tot c’è anche Terry O’Quinn, mitico Locke di Lost.
Partendo da queste premesse – per la gioia di uno che cercava qualcosa di abbastanza appassionante ma pure relativamente semplice, così da poter essere visto nonostante i malanni – i primi quattro episodi della miniserie, esattamente la metà, costituiscono un thriller preciso, rapido, efficace.
Il percorso di Andy sulla strada della verità è irto di ostacoli che costringono la ragazza a tirare fuori proprio quella determinazione e quel sangue freddo che non era riuscita a mostrare al momento dell’aggressione al ristorante.
Per noi, significa sguazzare in una suspense ben costruita che non ci molla nemmeno per un secondo, perché c’è sempre un nuovo pericolo, una nuova macchina che ci insegue, un nuovo essere umano di cui non sappiamo se potremo fidarci o meno.
Qualcosa poi cambia (sarebbe meglio dire “si rompe”, ma per ora diciamo che cambia), dalla metà in poi. Quando un po’ di pezzi del puzzle vanno al loro posto, tanto che la serie comincia a lavorare di flashback per mostrarci chiaramente quello che è accaduto nel passato di Laura, Pieces of Her perde un po’ della sua anima thriller (non tutta, naturalmente, ma un po’ sì) per spostarsi nelle atmosfere del drama familiare.
L’intento è abbastanza chiaro, e tutto sommato legittimo. Non solo scrivere il romanzo di formazione di Andy, che nella scoperta del passato della madre (e quindi anche del suo) trova gli strumenti per una crescita e uno slancio verso il futuro, ma anche ragionare su alcuni temi più generali come la costruzione della propria identità (cosa fa di noi stessi ciò che siamo? Un nome su un documento? Una precisa eredità familiare? La nostra quotidianità del “qui e ora”?) e ciò che siamo disposti a fare per i nostri ideali e per le persone che amiamo.
Tutto legittimo, come si diceva, se non fosse che la prima parte funziona molto di più in quanto thriller, di quanto poi la seconda funzioni in quanto drama.
C’è sicuramente un problema di eccessiva fretta nello snocciolare i punti salienti della trama, che dopo metà serie rischiano di genere un effetto-spiegone troppo repentino. Ma la vera questione sembra proprio essere un’eccessiva fiducia nelle capacità della sceneggiatura di sviscerare come si deve i temi di cui sopra.
L’impressione è che Pieces of Her voglia raccontarci di grandi cose della vita, perdendosi però in piccole goffaggini come l’insistita omertà della madre (che era giustificata all’inizio, ma poi diventa stucchevole), alcuni sviluppi francamente molto prevedibili (compreso il twistino finale, sul quale peraltro non si fa alcun ragionamento etico-morale, anche se l’avrebbe meritato), e l’incapacità di generare un crescendo di tensione che in qualche modo faccia davvero sentire l’importanza delle riflessioni messe in campo.
Come ciliegina, ci aggiungo anche qualche discutibile scelta di casting, per esempio il fatto che l’attrice scelta per interpretare Laura da giovane (la Jessica Barden di The End of The F+++ing World) è davvero troppo diversa da Toni Collette per essere credibile.
Per dirla in altro modo, è una serie che inizialmente non ci chiede altro che la voglia di divertirci con della buona suspense (obiettivo raggiunto), ma che poi cerca di fare il passo più lungo della gamba, provando a salire di tono e spessore con l’unico risultato di farci rimpiangere la tensione dei primi episodi, che non pretendeva altro che di divertirci.
Tanto per fare un paragone facile facile, per trovare una serie che sia stata in grado di amalgamare molto meglio componenti abbastanza simili, non dobbiamo spostarci da Netflix e nemmeno da Toni Collette: basta guardare Unbelievable.
Purtroppo, quando ci troviamo di fronte a una serie (lunga o corta che sia) che finisce meno bene di quanto sia iniziata, ne conserviamo un ricordo peggiore che non quando accade il viceversa.
Per questo, difficilmente Pieces of Her rimarrà a lungo nella nostra memoria, ma le riconosco comunque la capacità di “farsi guardare”, come si suol dire, per tutte le sue otto ore. Basta sapere che non tutto le gira bene come vorrebbe, e che avrebbe potuto fare meglio pretendendo meno.
Perché seguire Pieces of Her: una miniserie cotta e mangiata che si segue volentieri, e con un inizio frizzante.
Perché mollare Pieces of Her: la seconda parte è assai meno efficacie della prima, da quasi tutti i punti di vista.