Pam & Tommy: su Disney+ nostalgia e sextape in salsa anni Novanta di Diego Castelli
In Pam & Tommy, la storia dietro il più famoso sex tape anni Novanta diventa la scusa per un viaggio nei ricordi delle bagnine che furono
Ormai ce lo siamo ripetuti fino alla nausea: la nostalgia è una delle cifre di queste anni. E non vale solo per le serie tv, vale per il cinema, per la musica, per i videogiochi. E sì, vale anche per il porno.
Se chiedete a una persona nata negli anni Ottanta la sua esperienza con il porno, quasi immediatamente assumerà una posa sognante, guarderà verso l’infinito con un mesto sorriso, e si atteggeerà a nonno che racconta della guerra ai propri nipoti.
La sua sarà una storia di giornalini cartacei rubacchiati qui e là, di videocassette pirata passate sottobanco (nel senso letterale, sotto i banchi di scuola), di film e spezzoni visti e rivisti, consumati dall’usura, perché ancora non c’era l’età per andare in edicola a comprarsi un porno nuovo ogni settimana, o perché non c’era il coraggio di farlo.
Quella è l’ultima generazione che ha conosciuto una specifica forma di scarsità di porno, in confronto alle generazioni successive che, sempre di più, hanno trovato in internet una finestra su un mondo infinito di gustose zozzerie. Nessuno vorrebbe tornare indietro, probabilmente, ma chiunque abbia ricordo di quegli anni ci appiccica sopra una certa dose di romanticismo, di senso del proibito, di segreti inconfessabili ma in fondo nemmeno così tragici da non poter essere ricordati con un sorriso.
Ed è lì, in quel tempo agli albori di internet ora ammantato di nostalgia, che si inserisce il sex tape più famoso degli anni Novanta, con protagonista una delle sex symbol più amate dell’epoca. Nel concreto, una storiaccia. A livello culturale, un segno del cambiamento dei tempi. Comunque una storia interessante, che ora è arrivata sul piccolo schermo nella forma di una serie di Star, il canale di Disney+ dedicato a un pubblico più maturo, e che si intitola Pam & Tommy.
Perché naturalmente, non serve neanche dirlo, stiamo parlando di Pamela Anderson e Tommy Lee.
Il fatto nudo e crudo è abbastanza noto: Pamela Anderson, ex coniglietta di Play Boy, aveva raggiunto fama mondiale con il personaggio di CJ Parker in Baywatch, la sexy bagnina dal costume rosso che fece girare la testa a milioni e milioni di spettatori in tutto il mondo. A un certo punto si sposò con Tommy Lee, batterista dei Mötley Crüe, e dopo qualche anno spuntò fuori un video pirata e palesemente rubato in cui i due si potevano ammirare impegnati in pratiche sessuali molto esplicite.
Sull’attrice e sulla serie che la rese famosa ci sarebbero da scrivere tre articoli e fare quattro puntate di podcast. Servirebbe spiegare il fenomeno-Baywatch, inserirlo nel suo contesto degli anni Novanta e poi rileggerlo alla luce delle sensibilità di oggi (per rendersi conto che una serie così, sulla tv generalista, oggi sarebbe probabilmente impensabile), ma anche andare più a fondo e sondarne alcune specificità e furberie, come il fatto che il personaggio di CJ, passato alla storia come una delle protagoniste seriali più sexy di sempre, in realtà non era mai smaccatamente provocatoria, proprio perché era uno show generalista e doveva giocare su un equilibrio di mascherata prurigine.
Insomma, materiale per saggi su saggi, di cui non abbiamo il tempo. Quello che ci importa, in questa sede, è che Pam & Tommy ricostruisce la storia che ha portato all’uscita del famoso sex tape, e che nel farlo prova a ricostruire non solo una catena di eventi, ma tutto un mondo che ci sta dietro.
La miniserie, creata da Robert Siegel (già sceneggiatore di The Wrestler e The Founder), ha di fatto quattro protagonisti principali: ovviamente Pamela Anderson e Tommy Lee, interpretati rispettivamente da Lily James (la lady Rose di Downton Abbey) e Sebastian Stan (il Soldato D’Inverno del Marvel Cinematic Universe), a cui dobbiamo aggiungere Rand (Seth Rogen), che è l’uomo che fisicamente ruba il sex tape, e Uncle Miltie (interpretato dal nostro amato Nick Offerman) che aiuta Rand a diffondere il video nel mondo.
La sceneggiatura è abbastanza lineare e comprensibile, ma salta comunque su vari piani temporali per raccontarci le varie tappe della vicenda in modo parallelo e più ritmato, accostando quindi il recupero del sex tape con la ricostruzione dei primi passi della storia fra Pamela e Tommy (che si sposarono quattro giorno dopo essersi conosciuti, per poi divorziare dopo quattro anni e due figli).
Si diceva della ricostruzione di un mondo. Sì perché Pam & Tommy non si limita a raccontare la storiella nuda e cruda di una videocassetta rubata, ma descrive anche tutto il contesto di produzione e distribuzione di quella cassetta.
Come è facile immaginare, molto più interessante dell’evento in sé (stiamo parlando di due che scopano su una videocassetta) è la comprensione di quello che significò far arrivare quella cassetta in tutto il pianeta, giocando in un periodo in cui le vecchie tecnologie di registrazione, prossime all’oblio, si sovrapposero all’arrivo di internet, una tecnologia ancora acerba ma capace di mostrare potenzialità clamorose.
C’è poi tutto un lavoro di ricostruzione televisiva, con i set di Baywatch, le cene con gli investitori, gli sguardi viscidamente maschili ma anche cauti dei registi, il sessismo che idolatrava la Anderson trattandola però di fatto come un oggetto di piacere e nulla più, il fatto (non ancora del tutto approfondito nei primi tre episodi visti finora) che Pamela e Tommy siano anche e forse soprattutto delle vittime di un processo di esposizione e violazione della privacy che proprio lì, in quel momento e con quell’evento, mostrò anche l’altro volto di internet, quello oscuro e incontrollabile (perfino difficilmente rilevabile, tanto che nessuno allora, e di fatto nemmeno oggi, si fece anche solo due domande sul tema etico legato alla continua copia del video).
E c’è anche, sul lato più tecnico, un’operazione di ricostruzione storica e visiva a tratti impressionante, a partire dalla precisione nella ricostruzione di alcune immagini del famoso video, ma passando anche dalla somiglianza dei due protagonisti con le controparti reali. La cosa è particolarmente evidente con Lily James, letteralmente trasformata dalla delicata Rose di Downton Abbey alla Pamela-bomba sexy che fa strabuzzare gli occhi, anche grazie a un lavoro di trucco e parrucco degno delle migliori produzioni fantasy (sì, a un certo punto si vedono le tette in lungo e in largo ma no, non sono le vere tette di Lily James, sono tutte protesi di straordinaria qualità ed efficacia).
Giusto per toglierci il dubbio, nel caso ce l’aveste arrivati a questo punto, Pam & Tommy non mi sembra un capolavoro, almeno per ora. E non lo è per una questione puramente artistica, per la mancanza di una visione che vada oltre la composizione di un puzzle fatto a modino, per l’assenza insomma di qualcosa, nella messa in scena come nella sceneggiatura, che stupisca veramente e che ci smuova cose grosse dentro (a parte una scena in cui Tommy parla con il suo pene, e quello risponde, che non so ancora come interpretare a livello emotivo, ne riparliamo nei Serial Moments). E questo al netto del fatto, giusto sottolinearlo, che i primi tre episodi (tutti diretti da Craig Gillespie, regista di Tonya e Crudelia) sono in realtà piuttosto diversi come stile, anche perché raccontano cose molto differenti (per dire: il primo è la cronaca di una vendetta e di una rapina, il secondo è una storia d’amore pazzerella).
Questo però non deve togliere nulla alla solidità complessiva del prodotto. Se Pam & Tommy non è una miniserie che ci devasta il cuore o il cervello, questo non significa che non sappia essere davvero divertente e interessante, nel suo giocare fra una componente piuttosto marcata di invenzione (soprattutto nel dettaglio quotidiano della storia dei due protagonisti), e un approccio invece molto rigoroso nella ricostruzione di tutta la cornice anni Novanta in cui la vicenda si inserisce.
Nei tre episodi visti finora, mi rimane qualche dubbio sull’aspetto più glamour e festaiolo di tutta la faccenda: per quanto mi riguarda, Pamela Anderson e Tommy Lee ne escono soprattutto come due poverini, non tanto nel senso di vittime dell’esposizione (cosa che vedremo meglio in seguito), ma proprio come due stupidotti che vivono una vita di eccessi che non riesco a vedere come particolarmente attraente.
Da questo punto di vista, mi chiedo se l’intento fosse effettivamente quello di farceli almeno in parte invidiare, questi due divi poi caduti in semi-disgrazia, oppure se la chiave patetica e pietosa sia l’unica che conti veramente. Nel primo caso, missione fallita (la miglior rappresentazione contemporanea delle contraddizioni del sesso droga e rock ‘n roll resta sempre Euphoria), nel secondo missione compiuta, ma si capirà meglio con i prossimi episodi.
Al momento sto cercando di convincere il Villa a guardare Pam & Tommy anche se ha dichiarato che non gli frega niente di questa storia (immagino che lui alle superiore ascoltassi già Guccini e si interrogasse sulla fine dell’Unione Sovietica).
Già che ci sono, comunque, cerco di convincere anche voi: che abbiate ricordo preciso di quegli anni o che invece siate troppo giovani ma interessati a scoprire com’era innamorarsi di una bagnina televisiva e poi avere fra le mani una cassetta in cui faceva le cosacce, Pam & Tommy offre lo spaccato affascinante di un mondo che non c’è più. Un mondo ancora vicino, vicinissimo, eppure reso obsoleto da una delle più grandi accelerazioni tecnologiche e culturali mai sperimentate dall’umanità. Un’accelerazione che ora ci fa guardare a quel tempo con un misto di curiosità, stupore, e colpevole nostalgia.
Perché seguire Pam & Tommy: perché parte da una storia famosa ma teoricamente molto piccola, tirando fuori un intero mondo che non ricordavamo o non conoscevamo.
Perché mollare Pam & Tommy: parte della fascinazione per la serie nasce da esperienze che abbiamo vissuto negli anni Novanta. Se quelle esperienze non fanno minimamente parte del vostro bagaglio, un po’ di quel fascino si perde.