Christian – Sky Atlantic: storia di un Cristo di periferia, con tanto di stigmate di Marco Villa
Un picchiatore di periferia riceve le stigmate e poteri taumaturgici: Christian si candida a prima grande sorpresa del 2022
Oggi Christian, ieri Il Miracolo. Toccherà a qualcuno più bravo di noi unire i puntini, tirare i fili e capire perché, a distanza di pochi anni, due serie italiane abbiano come punto di partenza il sanguinamento a sfondo religioso. Certo, siamo la nazione che ogni anno riserva un minimo di copertura giornalistica alla liquefazione del sangue di San Gennaro e che una trentina di anni fa impazzì mediaticamente per le madonnine che piangevano sangue. Però che nell’arco di pochi anni ci siano due serie che muovono dallo stesso assunto, ne converrete, è di per sé un fenomeno interessante. Sangue per Il Miracolo, sangue per Christian. Inevitabile iniziare da qui, anche se è forse l’unico elemento in comune tra due serie radicalmente diverse tra loro.
Christian è una serie in onda dal 28 gennaio su Sky Atlantic, per la regia di Stefano Lodovichi e Roberto Saku Cinardi. Siamo al Corviale, il complesso residenziale monstre che sta a Roma come le Vele stanno a Napoli. Periferie estreme, in cui il controllo sociale è in mano alla criminalità. A quella criminalità appartiene anche Christian (Edoardo Pesce), un armadio che fa lavori di manovalanza, tipo spaventare o pestare chi ha debiti o costringere stranieri a lasciare gli alloggi popolari che il comune ha assegnato loro. Il tutto senza mai usare un’arma, una delle poche regole fissate dal boss Lino (Giordano de Piano).
Insomma, Christian non sarà mai il capo dell’organizzazione e si barcamena giorno dopo giorno, tra un pestaggio e l’assistenza alla madre, fragile e in preda alla demenza senile. Le cose cambiano di colpo quando i suoi strumenti di lavoro, le mani, diventano improvvisamente fragili: Christian non riesce più a usarle per menare e nel giro di poco iniziano a perdere sangue, che sgorga da buchi sui palmi. Unite questo fenomeno al fatto che con un tocco riporta in vita Rachele (Silvia D’Amico), vicina di casa tossica, finita in overdose. Risultato: Christian capisce che qualcosa è cambiato, ma non può credere/comprendere fino in fondo. Nel frattempo, sulle sue tracce si mette Matteo (Claudio Santamaria), che passa la sua vita a smascherare finti miracoli.
I primi due episodi di Christian segnano l’ingresso dello spettatore in questa storia: un ingresso graduale, che parte dalla descrizione del mondo di riferimento, per poi passare alla questione miracolosa, che sarà al centro dei successivi quattro. Christian è tratta dal fumetto Stigmate di Lorenzo Mattotti e Claudio Piersanti, già adattato per il cinema con il film spagnolo Estigmas. E l’origine fumettistica si sente, perché la trasformazione di Christian viene raccontata come se fosse la nascita di un supereroe, che deve prendere confidenza con i suoi nuovi poteri e sappiamo bene che più l’eroe parte da presupposti improbabili, più forte sarà il suo smarrimento. E il personaggio di Edoardo Pesce non fa eccezione, visto il suo punto di partenza da criminale gentile, diciamo così.
Come si diceva in apertura, è inevitabile il collegamento a Il Miracolo, la serie originale Sky di Niccolò Ammaniti del 2018. Là il Mistero con la m maiuscola era al centro di tutto e aveva la forza per trasformare le vite di chi ci entrava in contatto, ma aveva anche la forza per stare in piedi da solo come inizio e fine della narrazione. Christian funziona in modo diverso, perché il miracolo tocca direttamente un personaggio e la serie segue il racconto della sua storia. Per dirla in altri termini, con Christian, gli autori Roberto Saku Cinardi, Enrico Audenino e Valerio Cilio prendono il nucleo originario del Miracolo, ma lo declinano in altri termini: tanto era autoriale la serie di Ammaniti, così è di genere questa. Quale genere, poi, è un altro discorso, potrebbe essere un supereroismo degli ultimi, che mette al centro un Cristo di periferia. Un genere segnato però dal turbamento profondo dato da quelle stigmate, che in un paese come l’Italia non sono una cosa come tante, bilanciato anche da un’ironia presente in ogni scena.
I primi due episodi di Christian dimostrano una identità forte e molto precisa, sostenuta da scrittura e regia che non si perdono per strada e dalle musiche molto efficaci di Giorgio Giampà (non a caso premiato all’ultimo Canneseries). Ulteriore nota di merito: il cast funziona tutto, dal primo all’ultimo membro, senza perdersi appena al di fuori della cerchia dei protagonisti, come troppo spesso accade per le produzioni italiane. Da qui alla fine, Christian potrebbe rivelarsi la prima grande sorpresa del 2022.
Perché guardare Christian: perché è un ottimo punto di equilibrio tra mistero, Mistero e ironia (non è un refuso)
Perché mollare Christian: perché Il Miracolo vi è bastata