The Journalist – Netflix: una serie quasi incomprensibile, ma con fascino di Marco Villa
The Journalist è una serie strana: criptica, distaccata, statica, a tratti respingente. Ma questa non è una stroncatura.
The Journalist è una serie strana. Perché per lunghi tratti il primo episodio è lento oltre ogni senso, criptico senza motivo e quasi piatto. Sembra una fiction da niente, piena zeppa di dialoghi che raccontano cosa i personaggi dovrebbero fare, al posto di scene in cui vedere i personaggi che effettivamente compiono quelle azioni. Tutto molto statico e distaccato, insomma. Arrivati al termine del primo episodio, però, si intuisce che sotto la superficie sta covando qualcosa con buone potenzialità.
The Journalist è una serie originale Netflix prodotta in Giappone, disponibile sulla piattaforma dal 13 gennaio. Una stagione da sei episodi, per raccontare una storia di corruzione e insabbiamenti ai più alti livelli politici giapponesi. Tutto ruota intorno a un terreno edificabile, venduto a un prezzo poco consono a un’azienda un po’ troppo vicina al primo ministro e alla sua famiglia. La storia viene denunciata dalla stampa e nella redazione di Toto News decidono di affidare l’approfondimento ad Anna Matsuda (Ryôko Yonekura), la journalist del titolo, reporter d’inchiesta che non ha paura dei poteri forti e che, si intuisce, ha una lunga storia di scontri con le istituzioni. Quella di Matsuda è la vicenda che dà il titolo alla serie e che finirà per fare da collante a tutta la vicenda, ma paradossalmente nel primo episodio occupa uno spazio quasi irrilevante, se non a livello di tempo, senz’altro a livello di pregnanza dell’azione, perché ciò che fa Matsuda è davvero di poco conto. Ben più significative sono le scene che coinvolgono alcuni funzionari del ministero delle finanze, coinvolti nel tentativo di insabbiamento.
Lo sviluppo, da questo punto di vista , è chiaro: resta invece ancora da capire quale sarà il ruolo di Ryo, ventenne che non studia, non lavora, non guarda la tv, ma si limita a consegnare, senza un’idea di come sarà il suo avvenire. Ovviamente sarà coinvolto nell’indagine, ma è un ulteriore tassello di come la prima puntata di The Journalist sia evasiva ai limiti del criptico. Tante volte, su queste pagine, abbiamo parlato male di serie che facevano dello spiegone il proprio tratto distintivo: ecco, qui siamo all’esatto opposto della linea. Nel primo episodio di The Journalist, tutto è abbozzato, ai limiti dell’incomprensibile. Certo, vengono lasciate le prime tracce di quella che diventerà la trama, ma per 45 minuti non vediamo letteralmente nulla: piuttosto, assistiamo a personaggi che raccontano cosa hanno fatto, cosa farà altra gente e cosa faranno loro stessi, ma mai una volta li vediamo effettivamente in azione.
E l’effetto è straniante, perché una simile mole di dialoghi dovrebbe portare a un orizzonte degli eventi piuttosto chiaro, mentre invece tutto resta nebuloso. Lo stesso effetto prodotto dalle tante inquadrature che indugiano su pagine di giornali fitte di ideogrammi: ovviamente non si capisce nulla, la traduzione si limita a dare un senso generale molto sintetico, eppure le inquadrature durano secondi e secondi, mentre i personaggi passano il dito sulle colonne di segni, evidentemente a favore di camera. È un po’ quello che caratterizza tutta la serie, almeno nel suo pilot: quello che viene messo davanti agli occhi è fermo, statico e le parole usate per spiegarlo sono quasi incomprensibili. Il risultato è che, quando The Journalist prova a cambiare ritmo con musica incalzante e la creazione di momenti di suspense, tutto appare dissonante, proprio perché quel momento non è stato preparato a dovere in precedenza.
Stroncatura totale? No, perché The Journalist ha un primo episodio in apparenza pieno di errori e mancanze, ma saranno le prossime puntate a dirci se di questo si tratta o se fosse tutta una grande semina. Certo, serve fiducia e soprattutto serve un cambio di passo a livello di trama, con la necessità di vedere succedere eventi e non solo di sentirli raccontare, ma per una volta viene da essere ottimisti. O almeno non pessimisti.
Insomma, al di là di genere e diversità assoluta tra i titoli: tra una serie criptica come The Journalist e una in cui tutto è spiattellato come Pivoting, sceglieremo sempre la prima. Anche a costo di dover poi fare ammenda di fronte a una serie che rischia di essere involuta e ombelicale.
Perché guardare The Journalist: perché un pilot così ostico è una sfida di per sé
Perché mollare The Journalist: perché siamo a livelli davvero estremi di chiusura