Succession 3 season finale – L’unione fa la forza (forse) di Diego Castelli
La terza stagione di Succession ha cambiato molte carte in tavola, con un’unica comune denominatore: è tutto marcio in casa Roy
ATTENZIONE: SPOILER SU TUTTA LA TERZA STAGIONE
Sono passati nemmeno due mesi da quanto accoglievamo con sollievo il primo episodio della terza stagione di Succession, arrivato dopo due anni di intervallo causati dalla pandemia, e siamo già al momento di fare i bilanci finali. Il nono episodio (uno in meno delle stagioni precedenti) chiude una storia che ha preso le mosse dal finale del ciclo precedente (quando Ken si ribellava al padre e prometteva di spodestarlo usando come leva i problemi legali dell’azienda) per spostarsi su territori anche molto diversi, in cui però resta centrale il continuo gioco di potere all’interno della famiglia Roy, che dopo nove episodi giunge a un nuovo assetto tutto particolare.
Effettivamente, la prima metà circa di questa stagione è stata spesa per vedere cosa sarebbe successo del tentativo di Ken di prendersi tutta la torta. Spoiler: è andata male. Quello a cui abbiamo assistito, di fatto, è stato un grande spettacolo di fumo con il quale Ken ha provato a porsi di fronte all’opinione pubblica, agli investitori e alla sua stessa famiglia come il nuovo uomo forte che avrebbe detronizzato quello vecchio. Un cambio di paradigma che, malgrado Kendall continuasse a baloccarsi con feste vistose e scippi di avvocati che non sembravano però cogliere il nocciolo della questione, sembrava facilitato dai problemi di salute del patriarca Logan, che fra una giornata di simil-demenza e un’altra di quasi-infarto, pareva veramente sul punto di non riuscire più a guidare il suo impero.
Alla fine non è andata così, e la situazione si è completamente ribaltata, con Logan che ricominciava a prendere le sue pilloline e ritrovava freschezza fisica e mentale, mentre Kendall non era emotivamente in grado di gestire il macello da lui stesso creato, al punto di andare in sbattimento completo dopo aver perso un regalo di compleanno fatto dai suoi figli, e di finire quasi annegato in piscina dopo essere caduto dal materassino completamente ubriaco.
Nel frattempo, Logan continuava a fare i suoi magheggi arrivando a confrontarsi con la new entry della stagione, il magnate del digitale Lukas Matsson (Alexander Skarsgård) che all’inizio si candidava al ruolo di nuovo e danaroso partner dell’impero Roy, e alla fine invece si è rivelato, udite udite, un potenziale acquirente di tutta la baracca.
È così che arriviamo all’ultimo episodio: con Kendall completamente sconfitto, a cui era stata rifiutata perfino la possibilità di uscire dalla compagnia con un po’ di soldi; con gli altri fratelli e sorelle impegnati nella solita, logorante lotta per la successione (da cui sembrava poter uscire vincitore Roman, giusto un attimo prima di rovinare tutto mandando al padre una foto del proprio pene); con Logan e i suoi impegnati in un nuovo, segretissimo progetto di vendita che poteva mandare all’aria i piani di tutti.
Ed è qui che, un po’ come due anni fa, Succession mette in scena la sua magia finale, un’esplosione che rivede nuovamente i rapporti di forza e che in qualche modo rappresenta lo specchio della passata stagione, quando sembrava che Logan fosse arrivato a un effettivo punto di vera difficoltà.
Se la storia di Kendall ci ha insegnato qualcosa, è che i figli di Logan, ognuno per sé, non potrebbero mai ottenere niente. Rosi dall’egoismo e dalla brama di potere, sempre pronti a farsi lo sgambetto per ricevere le grazie del padre, i vari Roman, Shiv, Kendall e Connor (che comunque resta sia il primogenito, come da lui ampiamente sottolineato nel finale, ma anche il meno intelligente e pericoloso) combattevano battaglie solitarie che li obbligavano a disperdere il loro potere e le loro energie, a vantaggio di un Logan che, forte del più classico dei divide et impera, teneva la prole sulla corda per ottenere il loro aiuto, senza mai concedere mezza goccia del proprio potere. Sia che si comportassero da bravi cagnolini (come Roman), sia che si autoproclamassero avversari agguerriti (Kendall), alla fine il più forte era sempre Logan.
Era evidente, benché non troppo dichiarato, che l’unica possibilità di vincere, per i pargoli Roy, sarebbe potuta venire da un’alleanza che pareva però sempre poco probabile. Almeno fino a questo season finale.
Costretti ad azzannarsi per spartirsi una torta che non gli veniva nemmeno offerta veramente, gli eredi hanno trovato un vero motivo di accordo quando quella torta è stata offerta a qualcun altro, cioè Matsson. In quel momento, la prospettiva non era tanto quella di perdere o guadagnare un potere che sentivano comunque vicino, bensì quella di vedere quel potere allontanarsi dalla famiglia, lasciandoli completamente nudi.
(Che poi, nudi, stiamo parlando di gente che potrebbe smettere di lavorare domani rimanendo ricca per sempre, venissero da me chiedere consiglio che gli spiego come funziona la vita)
Da qui la decisione di Roman, Shiv e un affaticato, sconfitto, ma ancora vivo Ken, di unirsi per tirare la spallata finale, consci del fatto che una vendita così colossale come quella immaginata da Logan non poteva avere luogo senza la loro approvazione, grazie a prerogative che gli derivavano dai vecchi accordi per il divorzio formati da Logan e dalla ex moglie.
E qui arriva il tocco di classe: la presenza della madre di Shiv & Co. durante tutta la stagione è stata un elemento che sembrava relativamente poco importante, buono per mettere un po’ di pepe gossipparo a una storia altrimenti troppo finanziaria, una scusa per cambiare ambientazioni, per venire a girare in Italia, per scrivere dialoghi magistralmente terribili fra le due donne Roy, pure per far trombare Greg, trasformato in improbabile sciupafemmine. In realtà, quella linea narrativa era pronta a sprigionare solo sul finale tutto il suo potenziale.
Il meccanismo è crudele: prima di tutto, gli autori ci fanno credere che il tentativo degli eredi di spodestare il patriarca possa effettivamente avere successo. Non è solo una questione di regole e cavilli legali, bensì di costruzione narrativa. Vedere Ken che confessa al fratello e alla sorella di aver ucciso un uomo, per poi venire consolato da un Roman insolitamente comprensivo e tenero (grandissime interpretazioni di Jeremy Strong e Kieran Caulkin in questa scena) fa un’effetto particolare, profuma di riscatto, di redenzione, di nuova energia infusa in un mini-gruppo in cui l’unione potrebbe fare letteralmente la forza (“il potere del Trio coincide col mio”, per i fan di Streghe). Ci viene detto che, se i tentativi singoli come quello di Ken sono sempre stati destinati al fallimento, la situazione può cambiare con un fronte unito.
Bene, benissimo, siamo pronti, siamo carichi, andiamo a spaccare tutto. Se non fosse che anche Logan, inaspettatamente, è pronto a stringere alleanze inaspettate.
Al momento del confronto finale, quando i suoi figli pensano di non poter perdere, Logan svela il suo asso nella manica, anzi, un asso e mezzo. Rivela infatti di aver cambiato appena in tempo i termini del divorzio, in modo tale che il potere che i figli avevano ereditato dalla madre, ora è tornato in mano a Logan, che per riaverlo ha pagato un prezzo piuttosto modico, cioè qualche favore al nuovo marito della ex moglie (interpretato dal nostro amatissimo Pip Torrent). Magistrali, in questo senso, due frasi pronunciate da Shiv: un ironico “siamo entrati nella stanza in cui i nostri genitori ci stavano fottendo”, e un ancora più amaro “mamma ci stai tagliando la gola”. Ed è amarezza vero, considerando che effettivamente un riavvicinamento fra madre e figlia c’era stato, tanto che quest’ultima aveva pure fatto un bel discorso al matrimonio, senza sapere che si stava preparando il supremo tradimento materno.
Avevo detto un asso e mezzo: quel mezzo è Tom, il marito di Shiv, che si scopre aver avvertito Logan, prendendo la decisione non indifferente di seguire il suocero mettendolo in quel posto alla moglie, che chiude la stagione con uno sguardo carico di un odio e di una disperazione senza pari. Una scelta terribile, ma non imprevedibile, considerando che Tom ha preso diverse scoppole da Shiv in questa stagione, ma è fin dall’inizio della serie che viene trattato come un cagnolino.
Ecco allora, a posteriori, il senso di questo poster che era stato fatto circolare ancora prima del primo episodio, un’immagine che oggi si rivela furbissima, perché svela esattamente quali sarebbero state le “squadre” al termine della stagione (si noti che in realtà il poster era uscito con altri due con le squadre diverse, proprio a indicare un ribaltamento della situazione nel corso della stagione).
Quello che otteniamo, dunque, è un nuovo assetto di potere, in coerenza con quanto visto nella serie finora, ma con il tentativo di andare oltre certe dinamiche iniziali. Si passa dall’egoismo solitario, estremo, di tutti i protagonisti, a due raggruppamenti che non cambiano quella brama di denaro e di controllo, ma la approfondiscono mostrandoci nuove bassezze a cui i vari personaggi sono disposti ad arrivare pur di raggiungere i loro scopi. Bassezze che, a quanto pare, comprendono anche l’allearsi con i vecchi, acerrimi nemici.
Sicuramente, in chiusura di stagione, viene voglia di parteggiare per il trio Ken-Shiv-Roman. Un po’ perché la vigliaccata più sporca di tutte è quella della loro madre, e un po’ perché effettivamente il loro è almeno in parte un processo di redenzione e di riavvicinamento famigliare.
Sappiamo però, come detto, che è un riavvicinamento dettato in primo luogo dall’avidità, e che non ci toglie dalla testa una verità che ormai conosciamo da tempo, ma che la serie riesce a sempre a presentarci in modo nuovo e sorprendente: in Succession non c’è un solo essere umano che sia compiutamente una brava persona, qualcuno di cui ci si possa fidare, qualcuno che non sia disposto a vendersi la madre (o i figli, a quanto pare), per il proprio tornaconto.
E per quanto sia una serie che conosce anche momenti di eccessiva lentezza o di complicazione (è una serie “difficile”, per certi versi, e alle volte non ne fa mistero), allo stesso tempo è sempre capace di piazzare un guizzo, una frase terribile, un pezzo di recitazione memorabile, un’immagine indimenticabile (come la faccia di Roman quando si accorge di aver spedito la dick pic), un punto così oscuro da farci quasi spavento, in modo da tenerci irrimediabilmente avvinti a una storia che tira sempre fuori il peggio di noi: siamo abilmente condotti a parteggiare per questo o quel personaggio, sperando in una sua vittoria, ma siamo ugualmente e paradossalmente spinti a desiderare la sua sconfitta, sapendo che entrambe le tensioni saranno perfettamente funzionali al nostro intrattenimento e alla nostra curiosità perversa.
Approvata anche questa, sotto con la quarta, grazie!