Super Crooks su Netflix – Lo spinoff animato di Jupiter’s Legacy (meglio di Jupiter’s Legacy) di Diego Castelli
Super Crooks, il nuovo pezzo del Millarworld arrivato su Netflix, è un anime scanzonato che diverte molto più della serie da cui è tratto
Evidentemente me la sono tirata. Quando parlavamo di Cowboy Bebop mi “lamentavo” del fatto che stavo continuando a recensire serie tv che, provenendo da fumetti, serie animate, romanzi ecc, presupponevano sempre la conoscenza di qualcos’altro, pena il rischio di sembrare degli ignoranti.
Da allora non ho praticamente avuto tregua sotto questo aspetto, e oggi, con Super Crooks, mi trovo a recensire un anime che è lo spinoff di una serie tv live action ma anche la versione a cartoni di un fumetto.
Non so, vogliamo anche aggiungerci qualche riferimento a un podcast? Un saggio? Delle pitture rupestri?
Cioè, che ansia.
A questo giro sono preparato per metà. Super Crooks è la seconda incarnazione dell’accordo, siglato nel 2017, fra Netflix e Mark Millar, il prolifico fumettista britannico con quella firma metteva il suo mondo narrativo (chiamato proprio “Millarworld”) a disposizione della piattaforma di streaming, con l’idea di trarne progetti seriali di vario tipo.
Il primo è stato Jupiter’s Legacy, serie supereroistica che non ha goduto di grande fortuna: decisamente sotto le aspettative in termini di resa visiva e forza della storia, lo show è arrivato su Netflix lo scorso 7 maggio, è stato poco visto, si è preso qualche insulto, ed è stato cancellato. Ha fatto in tempo, però, a dare vita allo spinoff Super Crooks, che al momento è un anime ma presto diventerà a sua volta una serie live action. Anche Super Crooks è tratto da un fumetto di Millar, edito nel 2012, che al contrario di Jupiter’s Legacy (la serie) non ho mai letto.
Tralasciando quindi ogni ipotesi di confronto specifico, vale però la pena sottolineare un punto importante: Super Crooks (di Netflix) è per l’appunto un anime, non un cartone animato occidentale. È stato scritto da un giapponese (Dai Satō), diretto da un giapponese (Motonobu Hori), prodotto da uno studio giapponese (Studio Bones), e si vede: malgrado Mark Millar e Leinil Francis Yu (autori del fumetto originale) abbiano offerto un supporto specifico nella struttura della storia e nel design dei personaggi, la serie Netflix è evidentemente un prodotto nipponico, e la differenza di tratto grafico e di approccio alla narrazione rispetto all’originale fumettistico è evidente anche a un’occhiata distratta.
Ok, di che parla?
Ambientata, come detto, nello stesso universo in cui compaiono super eroi come Utopian e Paragon (protagonisti di Jupiter’s Legacy), Super Crooks si concentra però su alcuni piccoli criminali dotati di super poteri, che in un mondo sempre più zeppo di super eroi tentano di portare a casa qualche colpo spettacolare, più per la soddisfazione e la gloria di poter rompere con successo le regole, che non per effettiva brama di denaro.
Il cast è abbastanza corale, ma il protagonista è di fatto Johnny Fulmine, che fin da ragazzo ha scoperto di possedere la capacità di controllare l’elettricità, e che si è unito al mondo del crimine dopo essersi reso conto che quello degli eroi non faceva per lui.
Questo dettaglio non è insignificante, perché la serie di Netflix racconta gli eventi del fumetto, ma anche (e, quantitativamente, soprattutto) cose che sono accadute prima della storia effettivamente narrata su carta, legata a un grosso furto orchestrato ai danni di un ex criminale (Il Bastardo) ritiratosi a vita privata in una nazione meno ingolfata di supertizi (che nel fumetto era la Spagna, mentre nell’anime, per patriottismo, è il Giappone).
Già solo citando il fatto che i protagonisti di questa serie “supereroistica” sono “supercriminali”, ci dice qualcosa dello spostamento rispetto alla norma operato da Mark Millar, un autore che, oltre a lavorare spesso e con grande successo con le grandi case americane come DC e Marvel, ogni volta che ha potuto costruire progetti suoi ha dato vita a mondi e personaggi che sembravano costituire una sorta di lato oscuro, grottesco, o forse semplicemente più realistico, dell’universo supereroistico a stelle e strisce.
Super Crooks non fa eccezione: in essa, il supereroismo di chi combatte i criminali è spesso lontano, elitario, se non addirittura corrotto, e viene quindi facile prendere le parti di una massa scalcagnati di poveri criminali che non vogliono spargimenti di sangue (al contrario degli eroi che li combattono), e cercano solo di tirare a campare divertendosi un po’.
Non è però solo il banale ribaltamento di una prospettiva generale. Il lavoro di spostamento è più puntuale e sottile. Super Crooks è una serie per adulti, piena di sangue, parolacce e sesso (il paragone più immediato e vicino nel tempo è con Invincible), e opera una continua destrutturazione del mito supereroistico spogliandolo di tutto l’armamentario concettuale a cui siamo abituati (la giustizia, la responsabilità, e al contrario la malvagità, la dominazione del mondo, fino ad arrivare alla messa in discussione del ruolo del costume in quanto icona che fa il personaggio) per raccontare in maniera molto più terra terra la quotidianità di un mondo pieno di gente normalissima che semplicemente si è ritrovata ad avere dei super poteri.
Se è vero che una delle frasi più famose dei fumetto americano è la celeberrima “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, pronunciata dallo zio di Peter Parker / Spider-Man prima di morire, lo scozzese Mark Millar, attraverso un’animazione giapponese che aggiunge un ulteriore livello di spostamento, sembra dirci che sì, ok, quella è la speranza di un saggio vecchio morente, ma probabilmente un mondo con i superpoteri, più che bianco o nero, sarebbe grigio tanto quanto il nostro: di buoni buonissimi e cattivi cattivissimi se ne trovano relativamente pochi, ed è più questione di sfumature.
Da questo punto di vista, Super Crooks funziona bene, molto meglio di Jupiter’s Legacy. Se là avevamo una serie live action che cercava di essere molto seriosa, finendo però col diventare pomposa e a tratti quasi ridicola (specie per i costumi), qui abbiamo un’animazione che già solo in quanto tale limita certi problemi di resa estetica, e nel contempo predilige un approccio scanzonato e divertente – da heist movie alla Ocean’s Eleven più che da classica storia supereroistica – che si rivela essere vincente.
Arrivo quasi a dire che bisogna avere paura della già annunciata versione live action, che potrebbe perdere la freschezza della serie animata tornando a incastrarsi in difetti già visti in Jupiter, ma naturalmente è molto presto per dirlo.
Tutto bene dunque, ma arriva comunque il momento delle critiche. Che non sono nemmeno critiche assolute, quanto più la necessità di accettare o meno un linguaggio, quello degli anime, che è diverso e peculiare rispetto alla consueta narrazione supereroistica occidentale.
In linea puramente tecnica, potremmo dire che la resa visiva di Super Crooks è abbastanza altalenante, con scene d’azione spesso molto ben riuscite (specie quelle più violente), alternate a scene di dialogo che invece appaiono meno ispirate, più sedute e visibilmente più scattose (ma forse a parlare è solo l’entusiasmo per le straordinarie immagini di Arcane, che non c’entra assolutamente niente per mille motivi, ma è sempre “animazione su Netflix”, e mi viene difficile dimenticarla).
Ma se vogliamo cercare gli ostacoli maggiori, li troviamo facilmente in una sceneggiatura che indulge spesso nello spiegone, nelle pause chiarificatrici, perfino nelle dichiarazioni di intenti dei cattivi che fanno un po’ anni Sessanta. L’animazione giapponese è anche questo, e se ora ci sembra più vistoso è anche perché questo stile si applica a una storia e a dei personaggi che, per altro verso, ci appaiono evidentemente occidentali.
Per me è stato uno scoglio solo iniziale, con il quale sono venuto a patti nel giro di uno o due episodi, godendomi poi una serie che offre molti spunti di interesse e di intrattenimento. Ma capirei anche chi mi dicesse che alcune cose sono “troppo”.
Perché seguire Super Crooks: per l’incontro inaspettato ma felice fra l’originalità narrativa di un brillante fumettista scozzese e lo stile di animazione e messa in scena giapponese.
Perché mollare Super Crooks: in quell’incontro fra stili diversi restano alcune aree in cui l’equilibrio è più difficile e può suonare stonato.