14 Ottobre 2021

Pretty Smart – Netflix: un’altra serie con le risate sotto, dai di Marco Villa

Eh niente, Pretty Smart è DAVVERO un’altra serie multicamera, nell’anno in cui le serie multicamera vengono usate per raccontare altro

Pilot

Pretty Smart è il perfetto esempio dell’eterno ritorno di un grande classico delle argomentazioni di Serial Minds. O almeno delle mie. Perché è una cosa che vado dicendo da un po’ di anni e di solito funziona così: guardo una serie comedy, prendo il telefono, scrivo al Castelli la fatidica frase: “Oh, ma la serie x ha le risate sotto. Dai”. Al che lui inizia a dire che: “ma no, ma guarda che le sitcom tradizionali hanno ancora un loro pubblico, a proposito volevo parlarti di questa opportunità di guadagno di cui mi hanno parlato: è il momento della curcuma, bisogna investire sulla curcuma. Oh, è impossibile rimetterci dei soldi. Garantito”. E quindi io ribatto: “Ok che tutti i pubblici hanno diritto di esistere, però dai. E comunque l’ultima volta ti sei ritrovato con la casa piena di tisane allo zenzero e tu sei pure allergico allo zenzero”. A quel punto il Castelli si incista sul fatto che lo Schema Ponzi sia una risorsa per il Paese e fine. Tutto questo per dire che ieri ho guardato Pretty Smart, ho preso il telefono, ho scritto al Castelli e gli ho detto: “Oh, ma Pretty Smart ha le risate sotto, dai”.

Pretty Smart è una serie presente su Netflix dall’8 ottobre ed è, come avrete intuito, una comedy multicamera, di quelle ultratradizionali, con le risate sotto a sostenere le battute. La storia, brevemente: Chelsea (Emily Osment) sta scrivendo il suo primo romanzo, in attesa di piazzarlo divide un appartamento con sua sorella Claire (Olivia Macklin) e altri tre coinquilini. Piccolo dettaglio: Chelsea è sveglia e problematica, gli altri personaggi sono sostanzialmente degli idioti e per questo molto più sereni di lei, per quella legge del “se ti fai poche domande, avrai tutte le risposte” che cantavano gli Ex-Otago qualche anno fa in un brano che definire generazionale è poco. Così c’è l’avvocatessa che ha mollato tutto per diventare curatrice; il personal trainer che ha solo bellezza e forza fisica, ma nemmeno un briciolo di cervello; il wannabe influencer che non vive senza Instagram.

Cosa succede? Succede che i mondi vanno in collisione, sembrano inconciliabili ma oh, alla fine siamo pur sempre in una sitcom, quindi abbracci e via così. Pretty Smart è una serie classicissima, a cominciare dall’impianto per cui l’arrivo dell’elemento esterno fa saltare equilibri consolidati. L’aspetto più interessante è che normalmente l’elemento esterno è quello bizzarro, mentre in questo caso sono tutti strambi e la nuova arrivata è quella più quadrata. O pallosa, perché tra tre cretini e una che legge Proust al bar, beh è una bella lotta. Fine delle parti interessanti, perché la caratterizzazione dei personaggi è tutt’altro che originale e lungo il primo episodio non c’è mai un momento che faccia ridere. Sembra che tutto arrivi da un’altra epoca, con la pausa chirurgica tra una battuta e l’altra per accogliere la risata, che puntualmente ammazza il flusso del dialogo.

Al di là di questo, però, l’aspetto più interessante della faccenda è che quest’anno la sitcom multicamera è stata sfruttata come mezzo linguistico per esprimere un sentimento di alienazione: nella percezione comune, è qualcosa che viene avvertito talmente lontano da noi, da poter essere usato per descrivere situazioni aliene. Il riferimento è a Wandavision e Kevin Can F*** Himself, in cui la messa in scena di una sitcom è una sorta di schermo a dolori e mancate prese di coscienza. Poi arriva Pretty Smart e, sulla scia di Call Me Kat e Call Your Mother, arriva nel 2021 con il suo essere del tutto fuori dal tempo, senza alcuna volontà di riflettere sulla propria forma e addirittura sperando di intercettare un pubblico mediamente giovane. Niente, a questo punto meglio le tisane allo zenzero del Castelli.

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