CSI: Vegas – Tutto al posto giusto (e non ce l’aspettavamo) di Marco Villa
Temevamo un revival senza senso, invece CSI: Vegas mette ogni pezzo al suo posto e – a suo modo – sorprende
Ci sono due cose da dire su CSI: Vegas, prima di parlare di CSI: Vegas. La prima è che stiamo parlando di uno dei franchise più importanti della storia della televisione, forse il più importante di tutti. Basti citare il 4 marzo 2015, giorno in 150 paesi del mondo andò in onda almeno una puntata di una delle serie della galassia CSI. Un procedurale vecchio stampo, di quelli che cambiano personaggi e storie a ogni puntata e che oggi ci sembrano invecchiati tanto e in poco tempo. E qui arriva la seconda questione da affrontare: perché riportare in vita non solo il franchise, ma proprio la serie originaria ambientata a Las Vegas, per giunta richiamando parte del cast originario? Sono passati 21 anni esatti dal primo episodio, un po’ troppo? Queste le questioni sul tavolo, che vengono spazzate via dal primo episodio: CSI: Vegas rimane nel solco tracciato a inizio 2000, mantiene le proprie caratteristiche, ma sa adattarsi al nuovo contesto. E quando partono i titoli di coda vuoi già vedere l’episodio successivo, come ai bei tempi.
CSI: Vegas ha esordito su CBS il 6 ottobre, nello stesso giorno dello storico pilot. Siamo sempre a Las Vegas, ci sono riprese aeree a introdurre la puntata, per poi lasciare l’inquadratura a una discesa a picco verso situazioni sempre più piccole. Questa volta si parte con microbi presenti nell’acqua bevuta da un pappagallo: è il pappagallo di Jim Brass (Paul Guilfoyle), lo storico capitano della polizia di Las Vegas, che nella serie originale affianca Grissom & Co. nelle indagini. Brass è anziano, quasi cieco, ma riesce ad avere la meglio su un uomo che si introduce in casa sua per ucciderlo. Spaventato da quanto accaduto, richiama a Las Vegas Sarah Sidle (Jorja Fox), che torna per seguire da vicino le indagini e aiutarlo.
Nel frattempo tutto il team della scientifica è cambiato, ma accoglie di buon grado l’intrusa. Non sto a scendere nei dettagli della trama, sappiate solo che si arriva a un colpo di scena finale che rischia di compromettere tutti i casi su cui hanno indagato i personaggi della serie originale, un vizio di forma che rischia di far saltare ogni arresto e condanna ottenuta dalla squadra di Grissom (William Petersen). Che non ci sta e torna a Las Vegas per lanciare frasi memorabili e indagare sulla faccenda. Questa è ovviamente la parte più intrigante e interessante, che nel primo episodio viene affiancata a un tipico caso di giornata di interesse pressoché nullo, messo lì per far capire che non si sono dimenticati come si fa un procedurale.
CSI: Vegas aveva tutto per essere qualcosa fuori tempo massimo e sorprende il fatto che invece non lo sia. Grissom e Sidle mantengono il loro carisma, ma non vengono inseriti a forza in un mondo che non è più il loro. Anzi: la loro presenza è dettata dalla necessità di salvare il loro mondo, la loro rispettabilità e – uscendo dalla storia – l’essenza stessa in quanto personaggi. Il tutto con i tempi e i modi iper-rodati e infallibili di un franchise potente come nessuno a livello di immaginario visivo e sonoro. Tutto è al posto giusto, compresi i rimandi al passato e a personaggi che – salvo sorprese – non vedremo. Sarebbe potuto essere un “è come al solito, ma sono più vecchi”. Sono riusciti a evitarlo ed è un’ottima notizia.
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