20 Settembre 2021

Emmy Awards 2021 – Tutti i premi di Diego Castelli

Nella serata degli Emmy Awards hanno trionfato soprattutto The Crown, Ted Lasso e Mare of Easttown. Come possiamo non essere soddisfatti?

Sarebbe bello dire che ho fatto nottata per guardare la serata degli Emmy, ma sarà più onesto ammettere che ho bellamente dormito perché sono vecchio e oggi devo lavorare.
Detto questo, eccoci qui con la lista delle serie vincitrici agli Emmy Awards 2021 (che per comodità ho copiato da tvblog perché non avevo sbatta di scriverla a manina).

Su questa edizione ci sono alcune cose significative da dire. A dominare sono state The Crown (che ha veramente spaccato tutto), Ted Lasso, e Mare of Easttown, in una specie di trionfo di una tv insieme vecchia e nuova. Vecchia perché sono serie in qualche modo “classiche”, con poche deviazioni nella moderna serialità di genere (per capirci, non hanno vinto i supereroi). Nuova perché le piattaforme di streaming non avevano mai sfondato in maniera così evidente il muro dei canali generalisti (Netflix ha portato a casa 44 statuette complessive, fra premi principali e tecnici, e non ne aveva mai vinte così tante).

Si nota anche una certa, probabilmente casuale predominanza british (con The Crown e Ted Lasso che sono serie americane come produzione, ma inglesi come setting e per gran parte del cast), e c’è spazio per la consueta polemica razziale: è già partito un #Emmyssowhite per sottolineare come le persone nere a vincere siano state pochissime, di fatto solo Michaela Coel per la sceneggiatura di I May Destroy You.
Su alcuni singoli premi probabilmente posso anche essere d’accordo, ma nel complesso faccio sempre fatica ad andare dietro a questi hashtag in fase di premiazione: se vogliamo dirci che esiste un problema di rappresentazione, al massimo esiste a monte, nel numero di serie prodotte, scritte, dirette e interpretate da neri. Se le serie sono poche, è più difficile che vincano. Ma è una questione troppo grossa per parlarne in un articolo riassuntivo su premi, quindi passiamo ai commenti.

  • Miglior Serie Drama

The Crown (Netflix)
The Boys (Amazon Prime Video)
Bridgerton (Netflix)
The Handmaid’s Tale (Hulu)
Lovecraft Country (Hbo)
The Mandalorian (Disney+)
Pose (Fx)
This Is Us (Nbc)

Questa era certamente la categoria su cui si poteva essere più indecisi, perché a parte Bridgerton (a proposito di #Emmyssowhite, Bridgerton è in questa lista solo per questioni politiche, non certo per la sua qualità), il resto erano serie di grande qualità. Però, giusto per bullarmi subito, io ve l’avevo scritto a suo tempo che la quarta stagione di The Crown era la migliore della serie, e mica per sbaglio ha vinto praticamente tutto quello che c’era da vincere. Quindi va bene così, tutto quello che mi consente di dire “avete visto che avevo ragione?” è buona cosa.

  • Miglior Serie Comedy

Ted Lasso (Apple Tv+)
Black-ish (Abc)
Cobra Kai (Netflix)
Emily in Paris (Netflix)
The Flight Attendant (Hbo Max)
Hacks (Hbo Max)
Il Metodo Kominsky (Netflix)
Pen15 (Hulu)

Anche in questa categoria c’era una serie che non doveva proprio stare in lista (Emily in Paris), ma almeno la vittoria va a chi doveva andare: la prima stagione di Ted Lasso è un gioiello che rimarrà nella storia, e pure la seconda sarà una candidata serissima alla vittoria del prossimo anno.

  • Miglior serie limitata o antologica

La Regina degli Scacchi (Netflix)
I may destroy you (Hbo)
Mare of Easttown (Hbo)
La ferrovia sotterranea (Amazon Prime Video)
WandaVision (Disney+)

Ecco, la vittoria de La Regina degli Scacchi era meno scontata. Il suo successo di critica e pubblico è stato innegabile, ma diverse altre candidate avevano molto di che combattere, specialmente WandaVision che, di fatto, possiamo considerare una della grandi sconfitte di questa edizione. Onestamente io avrei votato proprio la serie Marvel, ma non è che mi dispiaccia la vittoria della Regina. Diciamo che ha comunque un certo sapore di inevitabilità.

  • Miglior attore protagonista di una serie Drama

Josh O’Connor, per il ruolo del Principe Carlo in The Crown (Netflix)
Regé-Jean Page, per il ruolo di Simon Basset in Bridgerton (Netflix)
Jonathan Majors, per il ruolo di Atticus Freeman in Lovecraft Country (Hbo)
Matthew Rhys, per il ruolo di Perry Mason in Perry Mason (Hbo)
Billy Porter, per il ruolo di Pray Tell in Pose (Fx)
Sterling K. Brown, per il ruolo di Randall Pearson in This Is Us (Nbc)

Proseguiamo con le vittore a tappeto di The Crown con Josh O’Connor, che abbiamo sempre riconosciuto essere fantastico nel ruolo di un Principe Carlo che bisogna un po’ odiare, ma anche molto compatire. Questa è una delle categorie dove più si fa sentire la protesta per la “bianchezza” dei premi, considerando che c’erano diversi interpreti neri di grande qualità, soprattutto Billy Porter di Pose. Per quanto mi riguarda era lui il vero antagonista di O’Connor, ma mentirei se dicessi che mi infastidisce in qualche modo la vittoria del Principe.

  • Miglior attrice protagonista di una serie Drama

Olivia Colman, per il ruolo della Regina Elisabetta in The Crown (Netflix)
Emma Corrin, per il ruolo della Principessa Diana in The Crown (Netflix)
Elisabeth Moss, per il ruolo di June in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Uzo Aduba, per il ruolo della Dr.sa Brooke Taylor in In Treatment (Hbo)
Jurnee Smollett, per il ruolo di Letitia “Leti” Lewis in Lovecraft Country (Hbo)
Mj Rodriguez, per il ruolo di Blanca Rodriguez in Pose (Fx)

Ecco, questo è un premio che mi lascia più freddo. A mio parere la regina Elisabetta di Olivia Colman non è una chissà quale perla della carriera dell’attrice, che per carità, resta bravissima, ma venivamo dagli anni di Claire Foy che secondo me aveva fatto un lavoro migliore sul materiale che aveva. Elisabeth Moss mi è sembrata comunque superiore, ma ancora una volta anche Pose poteva avere un riconoscimento, con cui avrebbero fatto pure un colpaccio mediatico non indifferente, visto che Mj Rodriguez è nera ma pure trans. Diciamo che qui mi sembra che a spingere Colman alla statuetta sia stato il favore generale per la quarta stagione di The Crown, con i giurati che spuntavano la sua casellina ovunque la vedevano o quasi.

  • Miglior attore protagonista di una serie Comedy

Jason Sudeikis, per il ruolo di Ted Lasso in Ted Lasso (Apple Tv+)
Anthony Anderson, per il ruolo di Andre “Dre” Johnson in Black-ish (Abc)
Kenan Thompson, per il ruolo di Kenan Williams in Kenan (Nbc)
Michael Douglas, per il ruolo di Sandy Kominsky ne Il Metodo Kominsky (Netflix)
William H. Macy, per il ruolo di Frank Gallagher in Shamless (Showtime)

Da una parte mi spiace che William H. Macy non abbia avuto un ultimo riconoscimento per il suo lavoro in Shameless, però dai, sarebbe stato uno scandalo se non avesse vinto Jason Sudeikis, che ha costruito un personaggio che ricorderemo letteralmente per sempre.

  • Miglior attrice protagonista di una serie Comedy

Jean Smart, per il ruolo di Deborah Vance in Hacks (Hbo Max)
Tracee Ellis Ross, per il ruolo di Rainbow Johnson in Black-ish (Abc)
Kaley Cuoco, per il ruolo di Cassie Bowden ne L’Assistente di Volo (Hbo Max)
Allison Janney, per il ruolo di Bonnie Plunkett in Mom (Cbs)
Aidy Bryant, per il ruolo di Annie Easton in Shrill (Hulu)

Anche in questo caso, fra articoli e podcast, ci eravamo detti più volte quanto sarebbe stata bella una vittoria di Jean Smart, che finalmente aveva ottenuto un ruolo da protagonista dopo tanti anni da comprimaria. E puntualmente, senza che ci fosse peraltro una competizione eccessiva, ce l’ha fatta, e noi siamo felici.

  • Miglior attore protagonista di una serie limitata o antologica

Ewan McGregor, per il ruolo di Halston in Halston (Netflix)
Lin-Manuel Miranda, per il ruolo di Alexander Hamilton in Hamilton (Disney+)
Leslie Odom, Jr, per il ruolo di Aaron Burr in Hamilton (Disney+)
Hugh Grant, per il ruolo di Jonathan Fraser in The Undoing-Le verità non dette (Hbo)
Paul Bettany, per il ruolo di Visione in WandaVision (Disney+)

Sarà che Halston non mi è piaciuta poi così tanto (non l’abbiamo manco recensita, ora che ci penso), ma io la statuetta l’avrei data a Hugh Grant per il lavoro di ribaltamento consapevole e furbo fatto sul “brand Hugh Grant” in The Undoing. Diciamo che accetto questo premio perché una statuetta al Generale Kenobi non si rifiuta mai, però insomma, ok.

  • Miglior attrice protagonista di una serie limitata o antologica

Kate Winslet, per il ruolo di Mare Sheeran in Mare of Easttown (Hbo)
Cynthia Erivo, per il ruolo di Aretha Franklin in Genius: Aretha (National Geographic)
Michaela Coel, per il ruolo di Arabella in I may destroy you (Hbo)
Anya Taylor-Joy, per il ruolo di Beth Harmon ne La Regina degli Scacchi (Netflix)
Elizabeth Olsen, per il ruolo di Wanda Maximoff in WandaVision (Disney+)

Ogni volta che abbiamo scritto di Mare of Easttown, l’abbiamo fatto soprattutto per celebrare la bravura infinita di Kate Winslet, che tiene in piedi da sola una serie che è ben scritta e ben messa in scena, per carità, ma che senza le sfumature del volto di Kate non andrebbe da nessuna parte. La concorrenza era anche agguerrita, perché Elizabeth Olsen e Anya Taylor-Joy hanno dato vita a personaggi altrettanto iconici, ma ci va bene così. Ormai, dopo tanti anni di prove eccellenti, possiamo dirlo: cara Kate, ti perdoniamo per aver lasciato Leo a morire anche se evidentemente c’era spazio sulla zatterella del Titanic.

  • Miglior attore non protagonista in una serie Drama

Tobias Menzies, per il ruolo del Principe Filippo in The Crown (Netflix)
O-T Fagbenle, per il ruolo di Luke in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Max Minghella, per il ruolo del Comandante Nick Blaine in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Bradley Whitford, per il ruolo del Comandante Joseph Lawrence in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Michael K. Williams, per il ruolo di Montrose Freeman in Lovecraft Country (Hbo)
Giancarlo Esposito, per il ruolo di Moff Gideon in The Mandalorian (Disney+)
John Lithgow, per il ruolo di E.B. Jonathan in Perry Mason (Hbo)
Chris Sullivan, per il ruolo di Toby Damon in This Is Us (Nbc)

Dove c’è The Crown, vince The Crown. E allora ecco un premio anche a Tobias Menzies per il suo principe Filippo, sempre teso fra un sorriso sardonico e nobiliare, e certe oscure fragilità agitantesi nel cuoricino. Qui potrebbe stupirci la mancata vittoria di Michael K. Williams, recentemente scomparso, ma secondo me il tema è che i voti li avevano dati prima. Una nota su Giancarlo Esposito: noi lo adoriamo dai tempi di Breaking Bad, però in The Mandalorian recita come… Gus Fring di Breaking Bad. Sulla qualità dell’attore non si discute, però mi sa che ormai è finito con l’incastrarsi in una casella che gli ha dato fama e fortuna, ma da cui districarsi diventa difficile.

  • Miglior attrice non protagonista in una serie Drama

Gillian Anderson, per il ruolo di Margaret Thatcher in The Crown (Netflix)
Helena Bonham Carter, per il ruolo della Principessa Margherita in The Crown (Netflix)
Emerald Fennell, per il ruolo di Camilla Parker Bowles in The Crown (Netflix)
Madeline Brewer, per il ruolo di Janine in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Ann Dowd, per il ruolo di zia Lydia in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Yvonne Strahovski, per il ruolo di Serena Joy Waterford in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Samira Wiley, per il ruolo di Moira in The Handmaid’s Tale (Hulu)
Aunjanue Ellis, per il ruolo di Hippolyta Freeman in Lovecraft Country (Hbo)

Un’altra categoria da battaglia, ma in cui a trionfare è comunque The Crown. E sono contento proprio perché da più parti l’interpretazione di Gillian Anderson nei panni della Thatcher era stata giudicata troppo caricata e macchiettistica, analizzando solo ed esclusivamente la sua aderenza con il modello reale, e dimenticando di guardare quanto il personaggio fosse ricco di sfumature e capace di fare da specchio alle difficoltà della regina, entrambe donne di potere in mondo di maschi che le sfinisce. Statuetta meritatissima, molto più di quella della Colman, per dire.

  • Miglior attore non protagonista in una serie Comedy

Brett Goldstein, per il ruolo di Roy Kent in Ted Lasso (Apple Tv+)
Carl Clemons-Hopkins, per il ruolo di Marcus Vaughan in Hacks (Hbo Max)
Paul Reiser, per il ruolo di Martin ne Il Metodo Kominsky (Netflix)
Kenan Thompson, per vari personaggi in Saturday Night Live (Nbc)
Bowen Yang, per vari personaggi in Saturday Night Live (Nbc)
Brendan Hunt, per il ruolo di Coach Beard in Ted Lasso (Apple Tv+)
Nick Mohammed, per il ruolo di Nathan Shelley in Ted Lasso (Apple Tv+)
Jeremy Swift, per il ruolo di Higgins in Ted Lasso (Apple Tv+)

Ed eccola qui una statuetta meno scontata di Ted Lasso, ma fucking meritata (cit.). Se Ted Lasso, protagonista di una serie che si chiama “Ted Lasso”, era ovviamente il personaggio più facile da imporre ai gusti del pubblico, l’eroe che invece non ti aspetti e che poi entra nel cuore di tutti è proprio Roy Kent, il burbero calciatore dal cuore duro ma pronto a sciogliersi quando la situazione lo richiede. Vittoria meritata e mi piace sottolineare che in nomination c’erano anche tutti gli altri membri dei cosiddetti Diamond Dogs di Ted Lasso. Magari la loro squadra di calcio non vince, ma con gli Emmy spaccano.

  • Migliore attrice non protagonista in una serie Comedy

Hannah Waddingham, per il ruolo di Rebecca Welton in Ted Lasso (Apple Tv+)
Rosie Perez, per il ruolo di Megan Briscoe ne L’Assistente di Volo (Hbo Max)
Hannah Einbinder, per il ruolo di Ava Daniels in Hacks (Hbo Max)
Aidy Bryant, per vari personaggi in Saturday Night Live (Nbc)
Kate McKinnon, per vari personaggi in Saturday Night Live (Nbc)
Cecily Strong, per vari personaggi in Saturday Night Live (Nbc)
Juno Temple, per il ruolo di Keeley Jones in Ted Lasso (Apple Tv+)

Se la vittoria di Goldstein per Ted Lasso era meno scontata di quella di Jason Sudeikis, quella di Waddingham lo era ancora meno. O meglio, a guardare le concorrenti, fra cui comunque c’era anche Juno Temple, sempre per Ted Lasso, non viene da indicarne immediatamente una migliore (forse solo Hannah Einbinder per Hacks), ma guardando la prima stagione non ci sarebbe venuto da indicare il personaggio di Rebecca dicendo “sicuramente Emmy”. Questo non significa che non siamo contenti, naturalmente.

  • Miglior attore non protagonista in una serie limitata, antologica o film-tv

Evan Peters, per il ruolo del detective Colin Zabel in Mare of Easttown (Hbo)
Daveed Diggs, per il ruolo di Marquis de Lafayette e Thomas Jefferson in Hamilton (Disney+)
Jonathan Groff, per il ruolo del Re George in Hamilton (Disney+)
Anthony Ramos, per il ruolo di John Laurens e Philip Hamilton in Hamilton (Disney+)
Paapa Essiedu, per il ruolo di Kwame in I may destroy you (Hbo)
Thomas Brodie-Sangste, per il ruolo di Benny Watts ne La Regina degli Scacchi (Netflix)

Se la vittoria di Kate Winslet per Mare of Easttown era (abbastanza) prevedibile, meno lo era quella di Evan Peters. E non perché non abbia fatto un buon lavoro nei panni di Colin Zabel, ma perché la serie si regge meno sulle sue spalle, e aveva contro diversi interpreti di Hamilton che resta un successo enorme e apprezzatissimo. Ce lo portiamo comunque a casa, e via.

  • Migliore attrice non protagonista in una serie limitata, antologica o film-tv

Julianne Nicholson, per il ruolo di Lori Ross in Mare of Easttown (Hbo)
Renée Elise Goldsberry, per il ruolo di Angelica Schuyler in Hamilton (Disney+)
Phillipa Soo, per il ruolo di Eliza Schuyler in Hamilton (Disney+)
Jean Smart, per il ruolo di Helen in Mare of Easttown (Hbo)
Moses Ingram, per il ruolo di Jolene ne La Regina degli Scacchi (Netflix)
Kathryn Hahn, per il ruolo di Agatha Harkness / Agnes la vicina rumorosa in WandaVision (Disney+)

Immagino che non se la siano sentita di dare a Jean Smart due premi, per quanto sarebbe stato davvero un bel colpaccio. Però la statuetta rimane dentro Mare of Easttown, per un’interprete, Julianne Nicholson, che comunque ha messo in campo un lavoro di grandissima intensità. Anche Kathryn Hahn aveva speranze di vittoria, ma evidentemente non è l’anno del supereroismo.

  • Miglior sceneggiatura per una serie Drama

The Crown (Netflix)
The Boys (Amazon Prime Video)
The Handmaid’s Tale (Hulu)
Lovecraft Country (Hbo)
The Mandalorian (Disney+)
Pose (Fx)

Per quanto mi piacciano praticamente tutte le serie candidate in questa categoria, ancora una volta credo che non ci fosse partita: la sceneggiatura di The Crown, specialmente in questa stagione, è troppo superiore, e non poteva essere battuta da serie i cui punti di forza stanno altrove (a parte forse The Boys). Ancora una volta, inevitabile.

  • Miglior sceneggiatura per una serie Comedy

Hacks (Hbo Max)
L’Assistente di Volo (Hbo Max)
Girl5Eva (Peacock)
Pen15 (Hulu)
Ted Lasso (Apple Tv+)

Considerando le vittorie a tappeto di Ted Lasso, la mancata statuetta per la miglior sceneggiatura può suonare come una sorpresa, anche perché Ted Lasso è scritta bene sul serio. Allo stesso tempo, è anche vero che Ted Lasso lavora anche di più su interpretazioni, regia e montaggio, e quindi è stata premiata una serie come Hacks, che in generale è meno dirompente, ma che riesce a ravanare dentro calderoni più torbidi, raccontando di discriminazioni di genere, di rapporto fra le generazioni, di un mondo affascinante a spesso misterioso come quello della stand-up comedy, trovando tanti punti di interesse e non perdendo mai un colpo. Diciamo che è una sceneggiatura più raffinata già a partire dal concept, e quindi ci sta.

  • Miglior sceneggiatura per una serie limitata, antologica o film-tv

I may destroy you (Hbo)
Mare of Easttown (Hbo)
La Regina degli Scacchi (Netflix)
WandaVision (Disney+)

Chiudiamo con un premio a I May Destroy You, che da qualche parte almeno uno se lo meritava. E tutto sommato, guardando le altre concorrenti, la serie di Michael Coel è effettivamente la meglio scritta, anche se poi, come ci eravamo raccontati a suo tempo, a rimanere impressi sono anche e forse soprattutto altri elementi, come l’interpretazione della stessa Coel nel trattare una vittima di violenza che non se ne ricorda e che la recupera piano piano. Resta comunque una serie piccola-ma-importante di questi anni, e quale che sia il premio ricevuto, è giusto che ne abbia preso almeno uno.



CORRELATI