Anna – Sky Atlantic: il potentissimo ritorno di Niccolò Ammaniti di Marco Villa
Un’epidemia uccide tutti gli adulti, lasciando il mondo in mano ai ragazzini. Anna di Niccolò Ammaniti è una serie spietata e bellissima.
Prima che inizi la serie, prima ancora che partano i titoli e la sigla (bellissima: Settembre di Cristina Donà), Anna è anticipata da un cartello che spiega come le riprese fossero iniziate sei mesi prima della pandemia da Coronavirus. Se è per questo, Anna è tratta dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti, datato 2015. Nessuna sospetto di una instant-series, insomma, ma il tema è talmente delicato che il cartello è stato necessario. Poche parole che sono indicative di quanto questa serie sia contemporanea, in un modo che sarebbe stato impossibile solo due anni fa. Contemporanea per il tema, certo, ma anche per una sensazione che lascia sottopelle in ogni scena: un’angoscia sottile, ma costante, che abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene nel corso degli ultimi 15 mesi.
Anna è la nuova produzione Sky Original, in onda dal 23 aprile su Sky Atlantic e disponibile da subito nella sua totalità on demand e su NOW TV. La storia, brevemente: siamo in Sicilia, in un mondo che è stato annientato da La Rossa, un’epidemia che ha sterminato tutti gli adulti e che colpisce ragazze e ragazzi non appena superano la pubertà. Protagonista è Anna (Giulia Dragotto), quattordicenne che vive nell’entroterra, protetta dai boschi, insieme al fratellino Astor di otto anni (Alessandro Pecorella): sono soli, la madre (Elena Lietti) è morta, lasciando come testamento il Quaderno delle cose importanti, una serie di lezioni/indicazioni per sopravvivere e crescere nel migliore dei modi, in quello che è il peggiore dei mondi possibili. Anna protegge Astor tenendolo in casa e allontanandosi per fare provviste, fino a quando un giorno resta lontana troppo a lungo e Astor viene rapito dai Blu, una banda di ragazzini con molta fame e pochi scrupoli. Anna si mette in cammino, costretta ad attraversare un mondo che non solo non riconosce più, ma che in fondo non ha mai conosciuto davvero.
Anna è una serie tosta, difficile da digerire, perché raccontata senza mai uno zuccherino per il pubblico. Non è bastone e carota, è solo bastone. Bastano poche scene per capirlo, tra la scomparsa degli adulti e l’ascesa dei ragazzini, che crescono senza freni e senza nessuno che possa far capire loro la distinzione tra il bene e il male. C’è una scena, nel primo episodio, in cui una torma di ragazzini si getta all’inseguimento di Anna: tra loro c’è anche un bambino di pochi anni, che, preso dalla foga della corsa, si butta senza pensarci nella tromba di un ascensore. È un momento di passaggio, cui non viene dato peso, ma è perfetto per descrivere l’approccio della serie.
Si parla sempre e solo di bambini e ragazzini, ma sarebbe sbagliato aspettarsi un ritratto anche solo lontanamente vicino a quello che siamo abituati a conoscere: in Anna a emergere è la parte più cattiva e spietata di quell’età, che esonda senza freni, venendo a mancare un’educazione anche solo basilare. È quella faccenda della distinzione tra bene e male, ma anche della consapevolezza del pericolo e del senso stesso della morte, che acquisisce tutto un altro senso nel momento in cui l’aspettativa di vita è la stessa di un cane o di un gatto.
La bravura di Niccolò Ammaniti, che dirige la serie e la scrive con Francesca Manieri, è tutta nella capacità di dare vita a un mondo coerente e potentissimo. Se sulla storia i dubbi erano pressoché nulli, avendo anche il romanzo come base, è a livello visivo che Ammaniti fa un ulteriore passo avanti rispetto alla già ottima Il Miracolo: a dominare le scene è il disordine, oggetti e indumenti buttati ovunque, a riempire le immagini, in controtendenza con serie e film di sopravvivenza, che di solito fanno del vuoto la propria cifra visiva. In questo contesto, la direzione degli attori è stata eccellente: Giulia Dragotto è ottima, ma tutti fanno il loro egregiamente, compresi alcuni comprimari e non è per niente semplice, in una serie in cui l’unico adulto con più di due battute è il personaggio di Elena Lietti, pure lei sempre eccellente.
La potenza visiva e il trattamento spietato del mondo dei bambini hanno una sola conseguenza: la produzione di quell’ansia costante, cui si accennava in apertura, acuita da una colonna sonora puntuale. La visione di Anna non è un’esperienza semplice, che si fa a cuor leggero. È impegnativa e lascia addosso scorie, che ti accompagnano anche dopo aver spento lo schermo. Una serie spietata e bellissima.
Perché guardare Anna: perché è una serie di pugni allo stomaco
Perché mollare Anna: perché il livello di ansia non è per tutti