Tripilot – Young Rock, Call Your Mother, Kenan di Diego Castelli
Era un po’ che non parlavamo di tre serie in una volta, e come sapete non è un buon segno, nemmeno per Young Rock, la più curiosa delle tre
In questi giorni mi trovavo sprovvisto di pilot di grande importanza, ma allo stesso tempo, per motivi vari, non avevo abbastanza tempo e forza mentale per dedicarmi a quegli articoli un po’ più di sostanza che ti permettono di filosofeggiare alla grande sul mondo delle serie tv, ma che hanno bisogno di un tempo fisico maggiore per essere scritti come si deve (o almeno in modo da lasciare soddisfatto me che li scrivo).
In questi casi, la soluzione migliore è sempre il tripilot, e volete che non avessi da parte tre mezze ciofechine di cui fosse comunque doveroso rendere conto, senza per questo perderci troppe energie? Ma certo che le ho! E fra l’altro una di queste è una serie che sulla carta poteva essere più interessante, ma che alla fine non riesce a lasciare abbastanza segno, nel bene o nel male, per prendersi un articolo tutto per lei.
Cominciamo proprio da questa, cioè la Young Rock fortemente voluta da Dwayne Johnson.
Young Rock
In onda su NBC e creata dalla sceneggiatrice e produttrice Nahnatchka Khan (meno male che esiste il copia-incolla per i nomi così), che fra le altre cose diede vita a quel sottovalutato gioiellino di Don’t Trust the B—- in Apartment 23, Young Rock ha un titolo che spiega già tutto: racconta infatti della giovinezza di The Rock, al secolo Dwayne Johnson, ex wrestler figlio di wrestler che oggi è una delle più pagate stelle di Hollywood.
Un progetto evidentemente auto-celebrativo che poteva risultare stucchevole per chiunque, ma che per fortuna risulta meno indigesto se associato a un personaggio come Johnson, che effettivamente ha avuto una vita di quelle parecchio piene e interessanti, ed è anche un riconosciuto simpaticone.
Il problema di Young Rock, narrata su praticamente tutti i piani temporali possibili tranne il presente (il racconto parte infatti da un futuro in cui Johnson si candida a Presidente degli Stati Uniti, raccontando la storia della sua vita in una serie di buffe interviste), è che, per dirla in maniera brutale, è molto meno ispirata e divertente del previsto.
Di fatto è una specie di nuova The Goldbergs, con un sacco di nostalgia anni Ottanta (no ma non ha iniziato a stufare, ma va, figurati, no no), e un andamento comico molto altalenante, in cui nella maggior parte dei casi si predilige un racconto familiare dolciotto e tenerone.
A conti fatti, le scene migliori sono quelle del futuro, dove il wannabe Presidente Johnson partecipa a queste strane interviste in cui è circondato da imbecilli di varia risma.
Ma è poca roba. Una serie che si può anche guardare se piace il personaggio e se si ha nostalgia del buon vecchio wrestling anni Ottanta e Novanta, ma lascia poco sapore in bocca, e difficilmente diventerà memorabile.
Call Your Mother
Se con Young Rock potevamo spendere un minimo di indulgenza per questo o quell’elemento, c’è poco da fare per Call Your Mother. In onda su ABC, creata da Kari Lizer (già firma di The New Adventures of Old Christine), e con protagonista Kyra Sedgwick (The Closer, Brooklyn Nine Nine), è una sticom multicamera di vecchissimo stampo, che racconta di una madre rimasta sola dopo che i figli hanno cominciato a farsi una vita loro, e che decide di raggiungerli a Los Angeles, perché a stare per i fatti suoi proprio non riesce.
In questo caso, a essere vecchio non è solo lo stile di messa in scena, ma tutto quanto. Vecchie le battute, lento il ritmo, e piuttosto vetusta è anche la concezione di una donna che si sente persa senza i figli e il marito. Poi certo, il tema spesso è proprio questo, cioè mostrare la rinascita di una donna non più giovane ma ancora decisamente in gamba, che riscopre le ricchezze della propria vita a dispetto di una società che la vorrebbe ormai pensionata e senza più niente da dire e da fare. Ma è un concept che poteva andare bene vent’anni fa, non adesso, quando (realistico o meno che sia) percepiamo quell’immagine come già sorpassata.
Naturalmente queste considerazioni non avrebbero alcun peso se Call Your Mother fosse esageratamente divertente, ma non lo è, quindi…
Kenan
Questo è uno di quei casi dove per il pubblico italiano esiste già una prima barriera all’ingresso. Il Kenan del titolo è infatti Kenan Thompson, veterano del Saturday Night Live che, diventando protagonista di una sitcom, si porta già dietro la sua quota di estimatori, mentre da noi lo conoscono in pochissimi.
In questo caso, la storia è quella di un presentatore televisivo, vedovo da poco, che deve tirare su da solo le figlie ancora bambine con la compagnia (ora buffa, ora irritante) del suocero Rick, interpretato dal buon vecchio Don Johnson.
Al di là di non far ridere MAI, Kenan ha il problema di essere esageratamente didascalica nei temi che vuole affrontare: dalla vedovanza del protagonista, a certi suoi errori in diretta con conseguenti scuse a tutte le persone che potrebbero essere rimaste ferite, Kenan diventa un racconto iper-zuccheroso che vorrebbe essere al passo coi tempi, ma risulta solo pedante.
Una specie di versione 2021 di Settimo Cielo fatta a sitcom, che diventa indigesta in pochissimi minuti e fa subito rimpiangere la satira pungente e arguta (ma mai irrispettosa) di Mr. Mayor.
Davvero nessun motivo per perdere anche solo questi venti minuti a settimana.