Bloodlands – BBC: un crime molto politico con il fantasma dell’IRA di Marco Villa
Un crime in cui le tensioni della questione irlandese tornano a galla, con il fantasma dell’IRA che riemerge: Bloodlands
Cosa fa la differenza tra un crime come tanti e uno che convince più della media? Il contesto, lo sfondo. Perché di polizieschi scritti con tutti i crismi – per quanto riguarda il meccanismo dell’indagine – se ne possono trovare un bel po’, ma spesso fermarsi a quello non è sufficiente. Ecco, Bloodlands è il tipico esempio di serie crime che trova la propria forza in quello che sta intorno all’indagine.
In onda con enorme successo su BBC One dal 21 febbraio, Bloodlands ha per protagonista James Nesbitt, un eterno co-protagonista della serialità e della cinematografia inglese, che qui si prende tutta la scena. Nesbitt è Tom Brannick, poliziotto nordirlandese di lungo corso. Basta questa breve definizione per capire che il contesto di cui si parlava è quello delle lotte tra cattolici e protestanti, che hanno segnato decenni di storia irlandese e nordirlandese. Una storia di violenza che si è interrotta nel 1998, anno in cui si è concluso il processo di pace tra le istituzioni e l’IRA. Bloodlands racconta che, proprio per preservare quel processo di pace, le autorità di polizia hanno insabbiato alcuni casi che avrebbero potuto far deragliare le trattative, in particolare una serie di rapimenti attribuiti a un misterioso Goliath, un membro deviato delle istituzioni che aveva preso di mira personaggi che potevano essere d’intralcio al trattato. Quattro persone scomparse e mai più ritrovate, tra cui la moglie del protagonista. Storia inventata, ovvio, ma con uno sfondo vivissimo.
A distanza di oltre vent’anni, lo schema riparte: un uomo che era legato all’IRA viene rapito e lo spettro di Goliath ritorna. Brannick, però, questa volta è intenzionato ad andare in fondo, provando a percorrere anche le strade che aveva trovato chiuse tanti anni prima. Nell’indagine è affiancato da Niam McGovern (Charlene McKenna), ispettrice che ricorda alla lontana la Miller di Broadchurch e che sostiene il collega in ogni passo.
Come si diceva in apertura, al di là del dramma sotteso all’indagine, la parte più interessante è quella del contesto, ovvero l’esistenza di un mondo sotterraneo che non è stato dato per morto, ma che può tornare a vivere (e colpire) in qualsiasi momento. La ricerca di Brannick per portare a galla i misteri del proprio passato diventa così una ricerca nel non riconciliato di un’intera nazione, con conseguenze che sono facili da immaginare.
Il pilot di Bloodlands ha il merito innegabile di catturare subito lo spettatore con questo doppio livello di lettura, arrivando verso fine puntata a delle sequenze di tensione non da poco, fatto non scontato dopo un’ora scarsa di show. Dovendo scegliere un termine per descrivere la serie, viene da usare la parola solidità: quella che permette di creare personaggi di spessore, già credibili dopo poche scene.
Perché guardare Bloodlands: per la sua capacità di aprire uno squarcio storico e immaginifico non da poco
Perché mollare Bloodlands: perché quello raccontato è un mondo che non vi tocca