Chiami il mio agente – Netflix: il recuperone leggero di cui c’è sempre bisogno di Marco Villa
A inizio 2021 si è chiusa Chiami il mio agente, la serie francese di Netflix ambientata nel mondo del cinema.
Sarà che un dietro le quinte è sempre affascinante. Sarà che gli interpreti sono azzeccati e sempre in parte. Sarà che il filo che unisce tutto è l’autoironia, unita a un dichiarato rifiuto a prendersi sul serio. Sono tanti i motivi dietro al grande successo di Chiami il mio agente, serie francese di France 2 del 2014 (titolo originale Dix pour cent, dalla percentuale che le star girano a chi ne cura gli interessi) che ha trovato il successo globale dopo la pubblicazione su Netflix nel 2019. Quattro stagioni per un totale di 24 episodi, gli ultimi dei quali distribuiti da Netflix a inizio 2021.
Creata da Fanny Herrero, la storia di Chiami il mio agente è quella della ASK un’agenzia di Parigi che gestisce attori e i personaggi principali sono gli agenti, che devono affrontare interlocutori accomunati dalla medesima caratteristica: una personalità divisa perfettamente a metà, tra ego smisurato e insicurezza totalizzante. Il sogno di qualunque psicoterapeuta, l’incubo di chi debba avere quotidiani rapporti di lavoro. Come spesso accade quando c’è di mezzo la celebrità, infatti, ogni minimo inconveniente va ad assumere i caratteri della calamità, mentre compiti in apparenza senza importanza risultano più rilevanti di un intervento a cuore aperto.
Al centro della vicenda c’è quindi un gruppo di agenti: i tre senior Andrea (Camille Cottin), Gabriel (Gregory Montel) e Mathias (Thibault de Montalembert), più la memoria storica dell’agenzia, ovvero Ariette (Liliane Rovère) con il fido cagnolino Jean Gabin. Accanto a loro, una manciata di agenti junior, alle prese con questioni molto simili.
Andrea e Gabriel cercano di gestire i propri assistiti e la propria vita sentimentale, mentre Mathias è di fatto il cattivo della faccenda: egoista e manipolatorio, nel corso delle 4 stagioni minaccia più volte di lasciare l’agenzia, portandosi con sé gli assistiti più grossi. Questo sorta di costante guerra sotterranea rappresenta la parte di maggiore tensione della serie (dove “tensione” va tra virgolette grandi come la piramide del Louvre), quella che attraversa in senso orizzontale le puntate. Ogni episodio è invece caratterizzato da un problema specifico legato a un attore o a un’attrice, che di solito è a un punto cruciale della propria carriera, in senso positivo o negativo. Un problema che gli agenti dovranno risolvere (o almeno tamponare) sfoggiando un buon livello di creatività.
E qui viene la parte più succosa di Chiami il mio agente, che in ogni episodio mette in scena una guest star nella parte di quell’attore/attrice di cui sopra. Quando Andrea o Gabriel devono occuparsi di un loro assistito, non è mai un assistito con un nome fittizio, un personaggio che vive e muore sullo schermo: gli attori in questione sono nomi come Isabelle Huppert, Juliette Binoche, Charlotte Gainsbourg, Fabrice Luchini, Jean Dujardin o Jean Reno. Ovvero: il Cinema francese con la c maiuscola, che decide di mettersi in gioco, consapevole di avere la forza e la caratura per potersi prendere in giro senza temere di mettersi in ridicolo e senza che il loro peso passi per eccessivo. Tutte caratteristiche di uno star system che esiste e che è in ottima salute: pensare a un Chiami il mio agente italiano non sarebbe tanto semplice.
La presenza delle guest è l’elemento vincente, quello che fa compiere il salto alla serie rispetto a un dietro le quinte come tanti. Non può però bastare da solo e infatti Chiami il mio agente ha una base di scrittura brillante e precisa, che ha nella leggerezza il proprio punto di riferimento. Anche gli intrecci sentimentali più triti o le sottotrame più contorte (quella parte tensiva cui si accennava in precedenza) sono sempre caratterizzati da una leggerezza assoluta, che non fa precipitare la serie verso l’eccesso e la rende sempre godibile.
Ne parliamo in ritardo rispetto alla pubblicazione su Netflix, ma mettiamola così: adesso Chiami il mio agente è un recuperone perfetto, per giunta con un numero relativamente basso di episodi. Ma ricordatevi sempre la parola chiave: leggerezza.
Perché guardare Chiami il mio agente: per come sa raccontare un modo e per l’uso delle Guest
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