Walker – Jared Padalecki sulle orme di Chuck Norris di Diego Castelli
L’ex protagonista di Supernatural nel reboot della vecchia Walker Texas Ranger, di cui è rimasto molto poco
In questi anni di remake, sequel, reboot e qualunque altra strategia che consenta alle case di produzione di farsi notare sbandierando un brand già conosciuto (invece che provare a costruirne uno dal niente), un pilastro degli anni Novanta era rimasto ancora intoccato.
Parliamo di Walker Texas Ranger, la serie interpretata dal mitico Chuck Norris che andò in onda su CBS dal 1993 al 2001. Uno show che di certo non cambiò il mondo della serialità televisiva, e che anzi poteva apparire già vecchio all’epoca, ma che proprio in virtù di una sua certa solidità narrativa e tematica, aggiunta al faccione del buon Chuck, permise al network di portarsi a casa ottimi ascolti per molti anni, e di avere fra le mani un prodotto facilmente esportabile e capace, su certi target, di resistere al peso degli anni. Non è un caso che io lo mandi ancora in onda su Iris, dove porta sempre a casa casa dati più che dignitosi.
Ci sono voluti vent’anni prima che qualcuno pensasse di rimettere le mani su Walker, ma alla fine il treno della nostalgia passa per tutti: a pensarci è stata CW che, in maniera non esattamente sorprendente, ha preso il contenitore cambiando buona parte del contenuto.
Sì perché a conoscere un minimo Walker Texas Ranger, bastano veramente pochi minuti per rendersi conto che la nuova serie, chiamata semplicemente Walker, tenta la strada di un aggiornamento così marcato, che finisce col tradire buona parte degli assunti originali. Il che, intendiamoci, potrebbe anche non essere un male di per sé, ma intanto è un elemento che non si può non notare.
La vecchia Walker Texas Ranger (che fra i suoi creatori aveva anche un futuro premio oscar come Paul Haggis), un po’ per gli anni in cui era stata prodotta e un po’ per il tipo di personaggio che era Chuck Norris, è una serie molto manichea. Ci sono i buoni che sono buonissimi, i cattivi che sono cattivissimi, è c’è una gestione della lotta fra Bene e Male che è ancora figlia di certo cinema action anni Ottanta: gli eroi picchiano, magari usando un po’ di arti marziali che piacciono sempre, e i cattivi le prendono. D’altronde, in termini iconici, sono niente altro che sceriffi, tutori dell’ordine con la stella sul petto a cui i deboli e gli oppressi si rivolgono per ottenere giustizia.
Poi certo, in nove stagioni e un tot di tv movie c’è anche spazio per qualche sfumatura in più e per una certa evoluzione dei personaggi, però i punti fermi della serie rimangono sempre quelli, e non c’è grande spazio per chissà quali voli pindarici.
La nuova Walker invece, parte da premesse simili ma cambia completamente l’approccio alla narrazione e i temi coinvolti. Sì, siamo ancora in Texas e sì, c’è ancora un protagonista con la stella che si chiama Cordell Walker (interpretato in questo caso da Jared Padalecki, ex co-protagonista di Supernatural, qui impegnato in un ruolo molto più serioso del precedente). Walker ha sempre una spalla (all’epoca era il nero Trivette, ora la latina Micki Ramirez, impersonata da Lindsey Morgan, reduce da The 100), e continua a combattere il crimine, ma tutto il resto è cambiato.
Dove prima c’erano luce, sole e arti marziali, ora ci sono le ombre di una famiglia spezzata dalla morte della moglie di Walker, le fatiche di molti mesi sotto copertura che hanno incrinato il già fragile rapporto con i due figli (in particolare la figlia Stella, ogni riferimento a pezzi di latta sul petto è probabilmente voluto), e la presa di coscienza del fatto che il protagonista non può fare sempre quello che gli pare, perché ci sono delle regole da rispettare.
Questo ultimo punto, a ben guardare, è quello che più di tutti ci mostra l’allontanamento di questo reboot dalla serie originale: se all’epoca le scazzottate dei ranger erano la principale fonte di intrattenimento e un modo assolutamente normale e legittimo di avere a che fare coi cattivi, qui Walker non può dare due spintoni a un truzzone che lo insulta che subito la sua nuova collega lo rimette in riga, facendogli notare che non si può andare in giro a menare la gente a caso.
All’elemento delle indagini e dell’azione, insomma, è stata aggiunta una buona dose di drama, rendendo il protagonista un personaggio molto meno limpido di prima, non tanto nella sua statura morale, che non è cambiata, quanto nella sua capacità di dar seguito a quella moralità in modo emotivamente stabile.
Non si può escludere che parte di questo cambiamento derivi anche dalla scelta di affidare lo show a Anna Fricke, un’autrice e produttrice che viene da Everwood, da Being Human, ha scritto anche un po’ di episodi di Dawson’s Creek: insomma, se scegli lei non lo fai perché è una regina dell’action.
E che peccato, dico io.
È chiaro che, se vuoi riprendere in mano quella storia lì, un po’ la devi ammodernare, sennò sembra troppo vecchia. Ed è altrettanto chiaro che non ci scandalizziamo di certo se un reboot di Walker Texas Ranger a quasi trent’anni di distanza si rivela molto diverso dall’originale. Cioè, amen.
Il tema vero, però, riguarda la capacità della serie di trovare un suo posto nel mondo. Walker Texas Ranger, come detto, non era certo una serie rivoluzionaria, ma allo stesso tempo era molto precisa: insaporiva il poliziesco con il western, aveva una forte anima action che non è mai stata la più diffusa nella serialità televisiva, e poi aveva Chuck Norris, che volenti o nolenti metteva sul piatto una riconoscibilità universale. Insomma, era una serie capace di andare dritta al punto.
La nuova Walker, invece, questa riconoscibilità non ce l’ha. Al momento è un poliziesco pieno di drammi, non tanto diverso da molti altri che abbiamo visto in anni più o meno recenti, con un protagonista conosciuto da una nicchia relativamente piccola di spettatori, e in cui il nome di Walker fa sperare in un po’ di ritmo e pestaggi, bloccati però da una rigidità procedurale che sarà anche più realistica, ma di certo fa sbuffare un po’.
A questo, poi, bisogna aggiungere un approccio iper-didascalico che ormai comincia a suonare vecchiotto anche nella generalista: non c’è un solo dialogo che non sia pensato per darci precise informazioni sui personaggi, le loro relazioni, il loro passato. Qualcuno potrebbe anche ritenerlo un pilot “efficiente”, da questo punto di vista, ma a chi macina serie tv da tutta la vita sembra più che altro un episodio troppo scritto, molto ingessato, costruito senza lasciare neanche un centimetro per qualche guizzo creativo appena più rilevante. Insomma, banale.
Devo dire che Padalecki non è neanche male, in verità, perché i pesi che si porta dietro si vedono, e ha anche la faccia giusta: abbastanza vecchio per fare il padre, ma ancora sufficiente giovane per avere un po’ di problemi irrisolti (e una vita davanti in cui chissà, ritrovare l’amore e tutte quelle cose lì).
In termini di ascolti l’esordio di Walker è stato molto buono. Senza avere dati più precisi, viene da pensare che l’operazione sia effettivamente riuscita, in termini di marketing: l’impressione è che CW, rete solitamente associata a teen drama e show supereroistici, sia riuscita ad attirare l’attenzione di un pubblico un po’ più largo e variegato del solito.
Vedremo se Walker sarà capace di mantenere i numeri dell’esordio, e tutto sommato potrei anche non stupirmene più di tanto: non è certo una serie dirompente, ma se intercetta un pubblico interessato a un passatempo senza grandi pretese, può anche durare.
Mi pare però abbastanza certo che Walker non lascerà grandi segni nella nostra dieta seriale, nella mia di sicuro no, e mi stupirei molto (questo sì) se fra trent’anni fosse una serie ancora molto acquistata nel mondo.
E poi oh, sto fatto che non lo fanno menare mi infastidisce. Cioè, che guastafeste, no?
Perché seguire Walker: Jared Padalecki cambia genere e tono con una certa credibilità.
Perché mollare Walker: non va mai oltre un compitino nemmeno troppo impegnato, e ha un sapore completamente diverso dalla Walker Texas Ranger originale (anche se per qualcuno questo sarà un “perché seguirla”)