Everyone is Doing Great: due ex di One Tree Hill in una dolce comedy di disagio di Diego Castelli
Giusto per mettere subito le carte in tavola: non ho mai seguito One Tree Hill, quindi ne so molto poco. Però la faccia di Nathan (interpretato da James Lafferty) me la ricordo comunque, a fronte di 182 episodi interpretati. Come dire, era difficile non vederlo, anche passandoci per caso. Non mi ricordo invece di Stephen Colletti, che interpretava Chase, però qui gli episodi sono solo 57.
Detto questo, nonostante la mia scarsa esperienza con quella serie e considerando il poco investimento emozionale per i suoi personaggi e attori, venire a sapere che proprio Lafferty e Colletti avevano scritto una serie con protagonisti due attori in cerca di riscatto dopo un vecchio (e ormai quasi dimenticato) successo in un teen drama vampiresco, mi ha fatto comunque spuntare un sorriso.
Constatare poi che la suddetta serie, Everyone is Doing Great di Hulu, è pure una comedy con un suo bel perché, mi ha trasmesso una sicura sensazione di benessere.
Facciamo un passo indietro, che come al solito mi viene da dire tutto subito.
Jeremy e Seth, come accennato, sono due attori che a un certo punto della loro carriera hanno avuto un bel successo con una serie simil-Vampire Diaries, che però è finita cinque anni fa. Da allora, i due non sono più riusciti a tornare sulla cresta dell’onda: Jeremy si è quasi rassegnato all’anonimato e prova a convincersi il contemporaneo successo della moglie Andrea (Alexandera Park) sia una cosa bella che non lo de-mascolinizza per niente. Seth, invece, non riesce ad accettare la sua progressiva irrilevanza attoriale, e si butta in casting su casting senza trovare uno straccio di ingaggio decente, languendosi intanto nel ricordo di Isabella (Cariba Heine), la sua ex fidanzata che lo ha mollato per andare con un attore più famoso di lui.
Questa la base di Everyone is Doing Great, che più in alto ho definito “comedy del disagio”. Sì perché il nucleo fondante di questo strano ibrido (un po’ più lunga di una comedy normale, a volte sembra proprio un drama, poi diventa così stupidotta da essere innegabilmente una commedia, ecc), è proprio la descrizione della faccia più amara di Hollywood, in cui il successo è già difficile di suo e, una volta raggiunto, non è detto che sia duraturo.
“Anche i ricchi piangono”, verrebbe da dire citando il titolo di una vecchia telenovela, se non fosse che qui il problema, per Jeremy e Seth, è che non c’è più neppure tutta sta ricchezza: certo, il vecchio teen drama soprannaturale aveva portato un po’ di soldi in tasca, ma cinque anni dopo il pozzo si è esaurito, i vecchi poster della serie cominciano a prendere polvere, e il mondo sembra ormai essersi dimenticato di due bellocci che erano stati famosi per un po’, salvo poi dimenticarli in nome di nuove, più luccicanti star.
Il concept della serie richiama alla mente altri show del passato più o meno recente, come Episodes, Californication (nell’immagine dell’artista un po’ in crisi), o anche la recentissima Staged.
Una delle principali differenze, però, è il modo in cui sono tratteggiati i personaggi, da cui viene consapevolmente tolta una buona dose di spigolosità: non sono geni incompresi, o playboy impenitenti, o stronzi patentati. Non sono nemmeno perfetti, certo, e il fatto che le loro compagne ed ex compagne si allontanino da loro, è giustificato da molti problemi che si portano dietro.
Allo stesso tempo, però, sono due patatoni. Jeremy e Seth, lungi dall’essere quei personaggi larger than life che, anche nella sfortuna, offrono agli spettatori grandi verità sulla vita e scene grottesche o fuori di testa, sono soprattutto due persone normali, baciate dalla fortuna per qualche tempo, e ora costrette a fare i conti con una realtà molto banale, molto spicciola, che bussa alla loro porta ormai con una certa veemenza e che si concretizza di un singola frase sentita nel secondo episodio: “magari è il caso che ti trovi un lavoro”.
Il titolo, “Stanno tutti alla grande”, è ovviamente l’amara considerazione che non c’è proprio nessuno che stia alla grande, ma il tono della serie riesce a mantenere uno strano ed efficace equilibrio fra la buddy comedy un po’ sciocca, il drama romantico vagamente sdolcinato, e un più generale tentativo di mostrare il lato oscuro di Hollywood senza per questo trovare chissà quale marciume, ma finendo semplicemente a raccontare la vita di due persone normali per le quali è molto facile provare un affetto immediatamente amichevole, che si traduce in una precisa speranza: che i due sappiano risollevarsi, uscendo da una progressiva apatia dove l’assenza delle spigolosità di cui sopra non è solo una scelta stilistica, ma anche un preciso difetto dei personaggi, chiamati a dare una scossa alla propria vita accettando il fatto che la ruota gira e non bisogna dare nulla per scontato.
Una santa verità spesso dimenticata, e di cui forse si erano scordati anche i due attori/autori, ma che fa sempre bene reimparare, specie se possiamo lasciare tutto il lavoro a due poveri cristi che vediamo sullo schermo.
Perché seguire Everybody is Doing Great: è una comedy intelligente con due protagonisti a cui è facile volere bene, perché molto vicini a noi.
Perché mollare Everybody is Doing Great: ha un tono ibrido che, specie nelle primissime battute, potrebbe sembrare né carne né pesce.