Lupin – Netflix: una buona serie di puro intrattenimento di Marco Villa
All’interno della sempre più affollata fascia media di Netflix, Lupin è un
buon prodotto di intrattenimento nazionalpopolare
Per chi è nato e cresciuto in Italia negli anni ‘80, Lupin ha la faccia allungata dell’anime in cui il ladro inafferrabile agiva in compagnia di Jigen, Ghemon e della bella Fujiko, cercando di sfuggire al poliziotto Zenigata. È parte dell’educazione audiovisiva (e sentimentale?) di una generazione, poco da fare a riguardo. Una faccenda molto riduttiva, va da sé, perché Arsenio Lupin è soprattutto il protagonista di decine di romanzi e racconti firmati da Maurice Leblanc. Un personaggio iconico, affrontato e rimasticato in mille modi, fino a questa incarnazione Netflix France, che è allo stesso tempo una dichiarata presa di distanza e un omaggio più che affettuoso.
Disponibile sulla piattaforma dall’8 gennaio con i primi 5 episodi, Lupin è un adattamento molto largo e metatestuale dell’opera di Leblanc. Protagonista è Omar Sy, attore esploso con Quasi Amici, che interpreta Assane Diop, ragazzo e poi uomo cresciuto nel mito di Lupin, che elegge al ruolo di maestro e cerca di emulare in ogni aspetto della vita. Diventa ovviamente un ladro, scaltro di mano, maestro dei travestimenti e nell’elaborare strategie complicatissime per raggiungere i propri obiettivi. Nella sua vita, tutto muove dalla tragica vicenda del padre, accusato da una ricca famiglia parigina (gli antagonisti) di avere rubato una collana preziosissima e poi morto suicida in prigione. La serie vive proprio lungo questo doppio binario: dopo aver maturato una grande abilità nel campo dei furti, Assane usa questa skill per cercare di capire chi e come ha incastrato il padre con la faccenda della collana.
Come si diceva, Lupin è un adattamento in cui la derivazione è palese e dichiarata, ma anche diluita. L’origine letteraria viene infatti stemperata in una vicenda contemporanea di fatto slegata, in cui il protagonista applica alla propria vita le trovate del ladro di Leblanc, per togliersi d’impaccio in alcune situazioni di difficoltà. Un elastico che allontana e avvicina alla fonte letteraria in modo continuo, ma che finisce per dare alla serie un’identità chiara e precisa. E funzionale, perché la prima qualità che viene in mente legata a Lupin è la sua scorrevolezza. Nelle cinque puntate di questa prima parte di stagione (la seconda dovrebbe arrivare già quest’anno) non c’è un momento in cui la serie subisca un rallentamento o sembri impaludarsi. Il ritmo è sempre buono, la scrittura leggera, la regia adeguata alla serie e Omar Sy è perfetto nel tenere un tono sempre scanzonato, senza però cadere con due piedi nella commedia.
Lupin è una serie di puro intrattenimento: si parla di rapine e inseguimenti, ma la tensione quasi non esiste. Non è un difetto, è una chiara rivendicazione: anche nei momenti più movimentati, a vincere non è la componente thrilling, ma la curiosità per come Assane riuscirà a salvarsi, nella certezza che un esito negativo non è nemmeno ipotizzabile. Detto questo, esistono momenti drammatici, ma il merito principale di Lupin è quello di riuscire a stare in equilibrio in un’area di mezzo che non è mai fino in fondo dramma, commedia, thriller, ma prende di volta in volta da ciascuno di questi generi ciò di cui ha bisogno. A dover fare riferimenti, vengono in mente le declinazioni più recenti di Sherlock Holmes, una figura che non a caso è sempre stato avvicinata proprio a Lupin, come se fossero due facce di uno stesso personaggio. Lo Sherlock in questione è sia quello televisivo per l’abilità nel comprendere in modo analitico e poi manipolare il prossimo, ma anche quello cinematografico per quel pastiche di generi di cui sopra.
Lupin è un racconto popolare di grande efficacia, che non punta a diventare qualcosa di fondante per la serialità di questi anni, ma che ha chiaro in testa il suo compito come opera di intrattenimento, esattamente come i romanzi a cui si ispira. In quest’ottica, si inserisce alla perfezione nel nuovo filone Netflix fatto di serie larghe e nazionalpopolari, potenzialmente in grado di ingigantire il bacino di pubblico della piattaforma. Non parliamo quindi delle serie che potremmo definire di primissima fascia a livello di qualità (le The Crown, ma anche le Sex Education, per intenderci), ma di quelle che non puntano agli Emmy. Ecco, in quella fascia Lupin è una serie che dice il suo e lo dice bene. Senza mai un istante di noia.
Perché guardare Lupin: perché è un ottimo prodotto di intrattenimento
Perché mollare Lupin: perché non è nella fascia premium di Netflix