Shameless: l’inizio della fine (sigh!) di Diego Castelli
È iniziata l’ultima stagione di Shameless e non so se siamo pronti
Ebbene sì, è l’ultima volta che possiamo parlare di una premiere di Shameless. Giunta all’undicesima stagione, ritardata di qualche mese causa pandemia, la serie di Showtime sta per salutarci dopo più di dieci anni di comicità, intelligenza, tanto grezzume e un po’ di consapevole schifo.
E se iniziare fin da subito a salutare Frank e tutti i Gallagher era doveroso, ero anche curioso di vedere come il tema-Covid sarebbe stato affrontato da una storia e un gruppo di personaggi che, per definizione, sono “senza vergogna”, e quindi erano ottimi candidati per mostrare la faccia peggiore dell’America da Covid. Allo stesso tempo, però, chi segue Shameless da sempre sa anche che esistono dei limiti instrinseci allo show, limiti che consentono di mostrare con una certa bonarietà la sciatteria e l’illegalità diffusa di un ambiente povero e che tira a campare, ma che non ha mai permesso ai suoi protagonisti di essere esplicitamente “malvagi”, o completamente stupidi.
In questo senso, l’equilibrio trovato è di nuovo perfettamente efficace, e tutto sommato abbastanza semplice. La quasi interezza dei Gallagher accetta l’emergenza Covid nella sua essenza, cioè nell’esistenza di un problema che va affrontato anche e soprattutto in termini di responsabilità individuale. Da questo punto di vista, molto banalmente, i personaggi portano la mascherina in quasi tutte le situazioni in cui è necessario indossarla. Contemporaneamente, però, devono anche mostrare le difficoltà di un tessuto sociale da sempre molto precario in termini economici, che deve comunque arrivare alla fine del mese, ed ecco allora Kevin e V che tengono segretamente aperto il bar nonostante l’ordinanza del comune di Chicago.
L’unico che resta quasi completamente fuori dalle regole è Frank, che però non avrebbe potuto fare altrimenti: è l’unico che parla, a un certo punto, di inganno (“hoax”) a proposito del Covid, ma d’altronde è anche il personaggio che nel corso degli anni ha sempre guardato con un certo favore teorie complottiste di ogni tipo. Ed è sempre Frank che, prima ancora del riassunto a inizio episodio, saluta a modo suo un pubblico che è rimasto a casa a praticare il distanziamento e a lavarsi le mani venti volte al giorno, mentre i lavoratori essenziali venivano lasciati a morire per garantire la permanenza della carta igienica e della farina sugli scaffali. Poi vabbè, lui crede di far parte dei lavoratori essenziali, ma questo è un altro discorso.
Già in questa frase, in realtà, è riassunta perfettamente tutta l’anima di Shameless. È una serie grottesca e surreale, piena di personaggi completamente fuori di testa, ma che è sempre stata anche fortemente e orgogliosamente calata nel suo tempo, di cui cerca di comprendere non solo gli spunti comici, ma anche le profonde contraddizioni e ingiustizie. Il personaggio di Frank, costantemente ubriaco o drogato e completamente inaffidabile sul piano della verità (lo si vede anche all’inizio di questo episodio, quando a un giovane filmaker racconta la storia della famiglia Gallagher nel passaggio dall’Irlanda agli Stati Uniti, inventando tutto di sana pianta), è però anche la figura che più di altre ragiona sulla condizione sua e delle persone come lui, gli ultimissimi della scala sociale, che in qualunque tempo storico (di pandemia o meno) devono fare tutto ciò che possono per sopravvivere, sapendo che nessuno li aiuterà. Illuminante, in questo senso, il discorso che fa sul fenomeno della gentrificazione, questo sì tutt’altro che inventato, che lo porta al geniale progetto di rendere i sobborghi di Chicago meno sicuri, in modo che i ricchi perdano la voglia di comprarne le proprietà a poco prezzo.
Il tema della sopravvivenza è da sempre centrale in Shameless, ma lo è ancora di più in una stagione nata durante un’emergenza sanitaria mondiale. Ecco allora Debbie che fa di tutto per diventare una famosa tuttofare, lei che deve anche gestire la nomea di sex offender affibiatale dal tribunale dopo le scappatelle della scorsa stagione. Oppure Lip, che cerca di far quadrare i conti della sua nuova famiglia, fingendo di comprare tutte le cose costose richieste dalla compagna (il caffelatte di Starbucks, una certa tintura per le pareti della camera del bambini) trovando di nascosto delle alternative più economiche. Oppure ancora Carl, la cui carriera nella polizia viene facilitata dalla scarsità di personale dovuta al Covid, oltre che dalla sua abilità nel menare la gente e mentire al giudice durante le testimonianze in tribunale. Di Kevin e V abbiamo già detto, con la doverosa aggiunta di un commercio di marijuana in dolcetti e canne (le figliolette che rollano, deliziose!) che ci porta a una delle scene più da applausi di tutto l’episodio, cioè lo scoppio della passione fra Tommy e Kermit, veterani della serie e del bar di Kevin, che dopo qualche dolcetto corretto scoprono che la loro antica amicizia è pronta per passare al livello successivo (non vedo l’ora di vedere cosa succederà quando sarà passato l’effetto dell’erba).
Per chiudere il cerchio, i temi economici affliggono anche i neo-sposi Ian e Mickey: il primo ha un lavoro pagato al minimo sindacale, il secondo un mestiere neanche ce l’ha, e queste ristrettezze li obbligano al primo confronto serio del loro matrimonio, che finisce per affrontare anche il tema della monogamia: siamo sicuri, si chiedono i due, di voler accettare il fatto di non poter mai più fare sesso con altre persone?
In attesa di vedere cosa succederà nel resto della stagione, e continuando a sperare in una comparsatina di Emmy Rossum / Fiona, magari nel finale, la chiusura dell’episodio è nuovamente affidata a Frank, ed è ancora una volta perfetta. Il nostro immortale alcolista fa un riassunto della sua situazione familiare, dandoci quel senso di “comunità locale” che è una delle chiavi principali della serie, e poi saluta la sua vecchia Chicago, quella che sta per scomparire, ma di cui vuole godersi ogni singolo attimo, fino alla fine. E ovviamente non sta parlando solo di Chicago, ma di tutta la serie in cui lui vive, e che noi amiamo.
Ma soprattutto, fuck 2020!