Little Birds – La noia regna sovrana di Marco Villa
Tratta dai racconti erotici di Anais Nin, Little Birds non osa e si impantana nella noia
Una serie deve avere un’identità. Oppure deve trovare la propria ragion d’essere proprio nel rifiuto di averne una. Non è tanto questione di appartenere a un genere, piuttosto si tratta di avere chiaro cosa si vuole raccontare, quale deve essere il cuore della vicenda e quale il modo di porgerla allo spettatore. Se prendete queste tre caratteristiche – piuttosto importanti, diciamo – e aggiungete a ognuna di esse un bel non troverete la perfetta descrizione di Little Birds, serie in onda dal 4 agosto in Inghilterra su Sky Atlantic.
Little Birds è un adattamento dell’omonima raccolta di racconti di Anais Nin, leggendaria autrice erotica del secolo scorso (è suo un caposaldo del genere come Il delta di Venere). La storia è quella di Lucy Savage (nomen omen) ragazza di buona famiglia di New York che, a metà degli anni ’50, attraversa l’Atlantico per andare in sposa a Hugo (Hugh Skinner), un Lord inglese che vive a Tangeri, in Marocco. Lui è un belloccio che cerca di mantenere uno standard di vita adatto al suo titolo, ma con una famiglia non più in salute come un tempo, al punto da doversi sposare con un’americana figlia di un produttore di armi. Ma la questione economica non è la più rilevante: il fatto è che Hugo è gay e ha una relazione con un ragazzo del posto. Un piccolo dettaglio che cozza con la legittima voglia di abbandonarsi alle gioie del sesso di Lucy, che dietro al volto angelico di Juno Temple nasconde un desiderio che il neo-marito non è minimamente in grado di soddisfare.
Questo l’andazzo principale, che si va a intrecciare con le vicende di altri personaggi che animano i giorni e – soprattutto – le notti di Tangeri, tra prostitute, matrone (tra cui il personaggio di Rossy de Palma) e una tensione erotica palpabile, ma sempre frustrata, almeno per quanto riguarda la povera Lucy. Non è l’unica tensione: Little Birds racconta anche della crescente contrapposizione tra nazionalisti marocchini e i rappresentanti della Francia che controllano il Paese. Un’atmosfera da fine impero (coloniale) che non fa altro che alimentare la ricerca di una valvola di sfogo da parte dei personaggi.
Little Birds ha tutto per essere un drammone storico con una vicenda amorosa bella e impossibile, ma il problema della serie è che non si accontenta di questa strada per provare a percorrerne una più ambiziosa, che provi a spingere di più sulla parte sessuale. Ma senza riuscirci, perché nei primi episodi di Little Birds il sesso è nell’aria, pressoché in ogni sequenza, ma non trova mai soddisfazione: una scelta che può essere coraggiosa e da premiare, ma solo se sostenuta da una scrittura altrettanto coraggiosa e da interpretazioni eccellenti. Non è così: siamo dalle parti di un film di tv di Hallmark, ma con pretese di autorialità, come dimostrano una regia molto attenta a fotografia e colori, per quanto in modo pacchiano. Per dirla in modo sbrigativo, Little Birds sembra un film di Tinto Brass, ma senza le scene di sesso: c’è un’ambiguità di fondo, un potere oppressivo e una donna che vuole prendersi la propria libertà. Finché questi aspetti non verranno liberati, Little Birds resterà però una incompiuta totale, che si appoggia disperatamente al faccino di Juno Temple quando si morde il labbro e all’aggressività di Yumna Marwan, che interpreta la prostituta Charifa.
Come detto, arrivare appena prima del limite e poi fare un passo indietro è una mossa che può funzionare solo se si ha in mano del materiale eccellente, altrimenti il risultato è solo uno: noia. Little Birds è proprio questo: una serie noiosa.
Perché guardare Little Birds: perché siete appassionatissimi di Anais Nin.
Perché mollare Little Birds: perché è noia allo stato puro.