Into the Dark – Che Estate sarebbe senza thrilleroni low budget? di Andrea Palla
La serie antologica prodotta dal Re Mida dell’horror Jason Blum arriva su RaiPlay, ed è subito brivido estivo
Ci sono poche granitiche certezze che accompagnano ciclicamente le nostre estati televisive: un tempo erano “Professione vacanze” di Jerry Calà, i film strazianti di Nino D’angelo o le grandi epopee di Franco&Ciccio. E se questi grandi cult del passato si sono persi nei palinsesti della nostra memoria, c’è sempre un genere cinematografico che ritorna con prepotenza a riempire le nostre bollenti nottate: i thriller/horror low budget. Intendiamoci: il termometro che segna 37 gradi richiede ai nostri cervelli un elevato sforzo neuronale per mantenere la concentrazione, e in questo periodo la visione di ardite trame e arguti omicidi sarebbe troppo complicata, a causa della colonnina di mercurio in procinto di esplodere. Ecco perché in estate non c’è nulla di meglio di filmetti poco impegnativi, pregni di uccisioni al limite del grottesco, con improbabili assassini intenti a compiere efferati delitti per entrare nell’olimpo dei grandi killer – immancabilmente fallendo, a dimostrazione che se sei il protagonista di un b-movie non puoi chiamarti Hannibal Lecter.
È in questo filone che sembrerebbe incastrarsi Into the dark, serie antologica dalle tinte fosche, prodotta dal re Mida del genere Jason Blum con la sua Blumhouse. L’intento non si discosta dai classici film prodotti in precedenza dalla casa di produzione: basso budget, poche semplici idee, divertenti intuizioni. E se l’idea delle pellicole cinematografiche è stata spesso quello di costruire universi narrativi seriali, con un susseguirsi di sequel e spin-off, in questa serie si ha invece una sorta di decostruzione a causa di puntate autoconclusive, cast e troupe ogni volta diversi, e storie legate solo dal macroscopico elemento fondante, costituito dalle festività americane.
Into the dark è andata in onda in USA su Hulu a partire dal 2018, con i 12 episodi di questa prima stagione distribuiti in un periodo molto ampio, a distanza anche di quattro settimane l’uno dall’altro. Arriva ora doppiata in streaming sulla piattaforma RaiPlay, che riesce ad accaparrarsela in esclusiva, con un approccio nuovo rispetto al solito. Anche da noi gli episodi saranno rilasciati nel corso dell’estate a gruppi di tre alla volta, così da arrivare a conclusione con l’inizio di Settembre.
Abbiamo visto sinora i primi tre film. Nel primo (The body) troviamo uno spietato sicario, modellato sul Patrick Bateman di American Psyco, che deve trasportare in giro per la città il corpo della sua ultima vittima durante la festa di Halloween, cercando di gestire al contempo un gruppo di ragazzi convinto che il suo sia soltanto un geniale travestimento. In Flesh & Blood facciamo la conoscenza di una giovane ragazza costretta in casa dalla propria agorafobia, che scoprirà durante il Ringraziamento alcuni oscuri segreti del padre. Nel terzo (Pooka!) si vira invece sull’assurdo in stile Black Mirror, con il protagonista che vestirà un costume natalizio per fare promozione a un giocattolo evidentemente meno innucuo del previsto. Seguiranno altre storie, ognuna dedicata a una festa, sporcata dal sangue e dall’orrore, senza che allo spettatore venga risparmiato un po’ di sano gore, un pizzico di trash, e tanto citazionismo. Sotto questo punto di vista Into the dark rimanda alle grandi epopee del passato, da Ai confini della realtà (rinunciando tuttavia al paranormale vero e proprio), passando per un classico come Alfred Hitchcock presenta, o a serie per ragazzi come I racconti della cripta. Come in quelle storie ritroviamo anche qui un sottile umorismo macabro, una perversione che nasce dall’orrore, che rende appassionanti le vicende raccontate. La qualità è molto “televisiva”, senza che in questo caso debba necessariamente trattarsi di un difetto insormontabile. C’è sagacia in diversi dialoghi e ci sono buone invenzioni narrative, con diversi colpi di scena in ogni episodio che, seppure non stravolgenti, non sono nemmeno particolarmente telefonati.
L’inizio è promettente e il prodotto nel complesso è un potenziale enorme contenitore di racconti oscuri. Non tutti sembrano avere la medesima potenza, ma costituiscono ognuno un tassello interessante. Sarebbe stato bello legare tali racconti esplicitandone una sorta di morale perversa, un po’ come quella che ci narravano Hitchcock o Zio Tibia nelle serie citate poco fa. Into the dark sceglie invece di procedere in maniera monolitica, lasciando allo spettatore ogni possibile interpretazione di quanto visto, limitandosi a raccogliere le varie storie in un grande libro da sfogliare, o monitor da cui farsi rapire, rigorosamente a luce spenta.
Perché seguire Into the dark: perché le storie sono inquietanti al punto giusto da stuzzicare l’anima macabra dello spettatore appassionato del genere.
Perché mollare Into the dark: perché non è propriamente una serie, ma un contenitore di film.