The New Pope – Come guarire (dall)l’amore di Francesca Mottola
Con The New Pope, il premio Oscar Paolo Sorrentino ha portato a un livello ancora più alto l’impatto del suo stile visivo e narrativo
The Young Pope è stata per molti la serie delle contraddizioni, quella che più di ogni altra è riuscita a portare sullo schermo la bellezza e il tormento di concetti contrapposti: sacro e profano, pace e guerra, amore e odio, presenza e assenza, spirituale e quotidiano, attuale ed eterno, rivoluzione e conservazione. The New Pope riprende da dove la serie precedente aveva concluso, ovvero da Pio XIII (Jude Law) in uno stato di coma apparentemente irreversibile e con la Chiesa attaccata dalla minaccia islamica dall’esterno e da quelle dell’idolatria e degli scandali sessuali dall’interno.
A un primo sguardo, The New Pope sembra portare avanti la riflessione su queste dicotomie inconciliabili, esasperandole senza misura. Spostando lo sguardo lateralmente comincia però a farsi strada una nuova percezione: non esistono dicotomie nel mondo creato da Sorrentino, tutto è il contrario di tutto e ogni elemento contiene in sé la sua salvezza e la sua distruzione. E la percezione, come afferma il misterioso Bauer (Mark Ivanir), è tutto: il resto è prerogativa di quella monotonia che i sempliciotti si ostinano a chiamare realtà.
Nel corso delle sue nove puntate, The New Pope affronta la contemporaneità in maniera diretta e quasi sfacciata, e lo fa attraverso i suoi due immensi protagonisti: da una parte il papa giovane di Jude Law, dall’altra il decadente aristocratico britannico Sir John Brannox (John Malkovich), chiamato a raccogliere l’eredità di Pio XIII e diventare il nuovo pontefice con il nome di Giovanni Paolo III. I due papi – al centro rispettivamente degli episodi due e sette, presentati lo scorso settembre alla Mostra del Cinema di Venezia – incarnano ideali agli antipodi di umanità e di Chiesa: la religiosità pura quanto feroce di Lenny Belardo, che si rivolge a Dio con imperativi e comandi; la ricerca del compromesso a ogni costo di Giovanni Paolo III, per sanare i grandi mali della Chiesa, definiti “isterie e distorsioni dell’amore”.
All’alone di santità di Pio XIII, Giovanni Paolo III contrappone un’umanità sofferta e lacerata dall’insicurezza. Della porcellana a cui ama paragonarsi, il papa di John Malkovich non eredita solo l’apparente perfezione, ma soprattutto la fragilità, che emerge prepotente tra le soffocanti stanze del Vaticano e sotto il peso di un passato che lo perseguita e ha le fattezze del gemello Adam, morto in giovanissima età a causa del mancato soccorso di John. Proprio nella sua fragilità, Giovanni Paolo III si dimostra estremamente umano, e irresistibilmente attratto dalla bellezza e dalla grazia, che assumono il volto di Sofia Dubois (Cécile de France), portavoce della Santa Sede. Proprio lei e il Cardinal Voiello di Silvio Orlando costituiscono la parte mondana del racconto di Sorrentino, l’una con la sua femminilità e intelligenza spregiudicate, l’altro con il suo brillante cinismo e il suo essere antimoderno senza passare mai di moda, “come le barrette Kinder”.
The New Pope si apre alla contemporaneità e al mondo senza mezze misure, e parla di terrorismo islamico, rivendicazioni femminili – che all’interno delle mura del Vaticano si traducono in uno sciopero delle suore, che chiedono a gran voce diritti e rispetto – corruzione religiosa e politica e in sostanza della fragilità di un’istituzione che, dietro una facciata in apparenza inattaccabile dai segni del tempo, si rivela fatta di uomini fragili e attraversata da un brulicare di passioni che sono diretta espressione del nostro zeitgeist.
Ogni immagine della serie di Sorrentino racconta la centralità del corpo in questo particolare momento storico: sia esso dormiente – come quello di Lenny Belardo in coma – o vivo e pulsante come quello della suora che se ne prende cura per poi praticare dell’autoerotismo; in piena salute – come quello sensuale e seducente di Sofia – o piegato dalla malattia e dalla sofferenza, come quello del figlio del chirurgo che si occupa di Pio XIII. Il corpo è lo strumento attraverso il quale Sorrentino mescola le carte dell’umano e del divino, che diventano indistinguibili.
In questa stagione, Sorrentino rende più densa la scrittura, soprattutto nei dialoghi saturi di rimandi e spunti, senza però perdere di vista nemmeno per un attimo lo sfarzo visivo, che, con i virtuosismi del maestro della fotografia Luca Bigazzi, colpisce lo spettatore con incredibile potenza, dandogli la sensazione di passeggiare puntata dopo puntata in una meravigliosa galleria d’arte.
Tornando all’inizio, sarebbe semplice guardare a The New Pope come a un racconto sulle contraddizioni, sul bianco o nero. Ma la realtà che racconta Sorrentino per immagini è molto più complessa e struggente di così: non c’è più bianco o nero, ogni cosa è bianca e nera allo stesso tempo. E dunque Lenny Belardo può essere Santo e Anticristo, John Brannox fragile e autorevole, i due papi possono essere antitetici e complementari, il corpo un tempio sacro e una tentazione mortale, l’essere umano un’aberrazione e un miracolo. Infine, – come asserisce Pio XIII durante il discorso finale dalla terrazza di piazza San Pietro – in questi tempi tormentati, la via media può e deve essere la via.