Dickinson – La peggiore tra le serie di Apple TV+ di Marco Villa
Dickinson cerca di essere pop pur essendo in costume, ma finisce solo per essere pacchiana e irritante
Non so se sia elegante iniziare con una domanda, ma vabbè: secondo voi quand’è che finalmente non verrà più considerato estremamente innovativo mettere della musica pop come colonna sonora di una serie in costume? È una pratica di successo da decenni, il primo titolo che mi viene in mente è Romeo + Juliet del 1996, ovvero 23 anni fa. Eppure c’è ancora gente convinta che sia una grande intuizione usare pezzi di oggi, mentre sullo schermo ci sono persone vestite in maniera retrò e più o meno buffa . Ecco, per quanto mi riguarda si tratta di un alert importante, perché di solito dietro queste scelte si trova una serie (o un film) che nasce ambiziosa e finisce pretenziosa. Tipo Dickinson, la quarta serie pubblicata da Apple TV+ in occasione del proprio lancio.
La Dickinson del titolo è ovviamente Emily, poetessa vissuta nel XIX secolo in una cittadina del Massachussets e scoperta come artista solo a morte avvenuta. La serie racconta la sua storia, partendo da una adolescenza tormentata, con una famiglia che la schiaccia e non solo non la sostiene nei suoi sforzi artistici, ma cerca di incastrarla nel più tipico dei ruoli femminili dell’epoca, quello di donna dedita alla casa e al marito. La madre (Jane Krakowski) le organizza ogni giorno incontri con spasimanti che vorrebbero prenderla in sposa, mentre il padre (Toby Huss) la adora, ma solo come un bel soprammobile. La povera Emily (Hailee Steinfeld, la ragazzina del Grinta dei Fratelli Coen) passa così le proprie giornate sospesa tra frustrazione, ribellione e noia, in un circolo vizioso da cui non riesce a uscire.
A conti fatti, Dickinson è il racconto della gioventù di un’artista, che in questo caso, per giunta, non ha mai lasciato la propria casa, permettendo così uno sviluppo coerente e molto lineare in termini di unità di spazio. Niente di nuovo, ma argomento affascinante. Peccato che la coppia Alena Smith e David Gordon Green, che firmano la serie rispettivamente come creatrice e regista, abbiano deciso di trasformare Dickinson nella raccolta dei peggiori stereotipi sulle serie tv giovanilistiche a tema artistoide. Diciamo che siamo in un mondo stile The CW, in cui i personaggi si muovono e agiscono come se fossero degli adolescenti di oggi. Un clash che sarebbe anche potuto essere interessante, se solo non avvenisse nel modo più piatto e facile di questo mondo. In Dickinson, infatti, non c’è mai un giro largo, ci sono solo argomenti e temi spiattellati in faccia e non è il massimo, contando che si parla di una poetessa.
Bisogna far capire che Emily in quanto femmina è considerata di serie b rispetto al fratello? Facciamoglielo dire senza giri di parole, aumentando il carico con altre battute drittissime della madre e del padre, che parlano come se fossero dei manuali di ambientamento nel XIX secolo. Bisogna far capire che la morte è un tema importante per Emily? Facciamola salire su una carrozza dove incontra direttamente la morte, interpretata da Wiz Khalifa che le passa anche da fumare. Perché va bene la serie in costume, ma i ragazzini di oggi sono molto urban, quindi un rapper con le treccine è perfetto. Non è solo una scelta narrativa, c’è anche un discorso di messa in scena che vorrebbe essere contemporanea ma sembra vecchissima: da inquadrature strette di dettagli insignificanti, fino a scene in cui – per far risaltare la radicale diversità di Emily – le si fa sostenere un dialogo mentre è arrampicata su un albero. Per non parlare di come viene raccontato il processo creativo di Emily, con terrificanti scritte in grafica a comporre i versi delle poesie.
Dickinson è una serie che prova senza sosta a unire presente e passato, ma che finisce per essere pacchiana e sopra le righe, senza riuscire a trasformarsi in un prodotto pop interessante. Al contrario, questa insistenza finisce per essere fine a se stessa e quindi irritante. Senza dubbio la peggiore tra le serie del grande lancio di Apple TV+
Perché guardare Dickinson: perché ancora vi stupite per la combo musica pop + gente in costume
Perché mollare Dickinson: perché è un pastrocchio fine a se stesso