Perfect Harmony: canzoni e zucchero, ma ci piace lo stesso di Diego Castelli
Una comedy buonista al massimo, ma a cui è difficile volere male
Mi ritrovo in quella brutta situazione che tutti sicuramente conoscete benissimo, quella cioè in cui un pilot mi è piaciuto, ma subito dopo ho visto gli ascolti non certo esaltanti, e quindi da una parte ho paura che me lo chiudano, e dall’altra mi faccio domande esistenziali tipo “non sarà che mi sono ingannato e in realtà è una ciofeca?”.
Ma siccome sono ampiamente più verso i 40 che verso i 30, e sono anche un gattaro, facciamo che delle domande esistenziali me ne sbatto, e Perfect Harmony ve la consiglio comunque.
Parliamo della nuova comedy di NBC, che potrebbe essere facilmente descritta come un Glee per adulti. Non nel senso che scopano e dicono parolacce, nel senso che i protagonisti non sono adolescenti. Sempre a pensare male, state…
Creata da Lesley Wake e interpretata, fra gli altri, da Bradley Whitford (The West Wing, The Handmaid’s Tale) e Anna Camp (vista in tante serie, ma nota soprattutto per Pitch Perfect), racconta la storia di un ex professore di musica di Princeton, che dopo la morte della moglie è finito in una spirale di alcol e depressione che, nella primissima scena del pilot, gli sta facendo considerare il suicidio. A salvarlo è il suono di un coro sgangherato che lui, luminare della musica, non può accettare come ultimo ascolto della sua vita. Fa così la conoscenza con i membri tutti strani di un coro della chiesa, che in lui trovano un insegnante, offrendo al contempo quel po’ di sano affetto da provincia bucolica.
Ora, è evidente che Perfect Harmony avrebbe tutto quello che serve per farmi venire l’orticaria (e per far fuggire il Villa alle Antille, per dire): prima di tutto una cristianità di fondo che fa continuamente parlare di Dio, di segni, di chiese, di preghiere e via dicendo. E poi un buonismo vecchia scuola, in cui il burbero protagonista, strapazzato dalla vita e sprofondato nell’acidità, tratta tutti a male parole (giustificandosi dietro la necessità di essere onesto) salvo poi ritrovare la lacrima davanti all’innocenza di un’accozzaglia di provincialotti con intelligenza scarsa ma tanto tanto cuore.
È Dickens all over again, che viene esplicitamente citato insieme al Grinch, altro modello di cattiveria-che-diventa-bontà e che agli americani piace tanto.
Quindi bocciata? Troppo zucchero per non far venire il diabete?
Ehhh, aspetta. Perché ci sono almeno due elementi che salvano questo pilot. In primo luogo il cast, perché non c’è un solo personaggio/interprete, famoso o meno che sia, a cui non si possa volere almeno un po’ bene. E poi la scrittura, in cui la comicità scorre via rapida, con buon ritmo e buone idee, compensando con una certa raffinatezza l’inevitabile dolciume di fondo.
Per dirla più semplice, è sì una serie di buoni sentimenti, ma diverte in modo genuino, con personaggi molto chiari e precisi che trovano tutti un elemento distintivo che ci permette di inquadrarli subito, permettendoci di prevedere, non senza soddisfazione, le loro prossime gag: dall’indiano a cui i genitori hanno sempre nascosto il vero titolo dei film per mantenerlo puro (e così Glee diventa “Essere gay al liceo è difficile”), al gigante col vocione e il cuore tenero.
Ovviamente potreste non essere d’accordo con me. Queste sono le direttrici di fondo, questo ciò che la serie vuole raggiungere: un racconto di formazione in cui un cinico aspirante suicida aiuta un gruppo di scalcagnati coristi, che a loro volta lo aiutano a risolleversi professionalmente e umanamente. Il tutto attraversato da canzoni varie e sentimenti di rivincita verso un prete “cattivo” che è rivale del protagonista già dai tempi in cui la moglie era viva.
Però certo, il ritmo che a me pare buono a voi potrebbe non sembrare tale, e la compensazione commediosa del buonismo per voi potrebbe non essere sufficiente.
A ognuno il suo, ma faccio giusto due esempi. A un certo punto Arthur riesce a desumere praticamente tutta la vita della bionda Ginny semplicemente dopo averla conosciuta per cinque minuti. Lei allora, stupita e scioccata, gli dice: “Hai letto il mio diario?”. E lui risponde: “L’ho scritto”. Una comedy di livello inferiore si sarebbe fermata alla battuta di lei.
E poi il pilot, dal punto di vista musicale, punta tutto su “Eye of the Tiger”, dalla colonna sonora di Rocky III: verrebbe da dire “ti piace vincere facile”, ma intanto vince.
Che me la chiudano o no, mi interessa poco: il pilot m’è piaciuto, se mi danno un altro po’ di episodi così sono contento.
Perché seguire Perfect Harmony: semplice, dolce, simpatica, con buoni protagonisti.
Perché mollare Perfect Harmony: È comunque una serie molto buonista piena di gente che canta.