Stranger Things 3 è un gioiellino di scrittura di Marco Villa
Dal 4 luglio è disponibile la terza stagione di Stranger Things ed è sempre un gran piacere
TRANQUILLI, NON CI SONO SPOILER
Stranger Things vive e lotta insieme a noi. È così e non era scontato, perché dopo la sorpresa della prima stagione e l’onda lunga di entusiasmo della seconda il rischio era quello di vedere una serie mangiata dal suo stesso fenomeno, in cui tutto l’intorno (l’indotto, verrebbe da dire) creato in termini di immaginario potesse essere ormai più importante della storia.
In parte è senz’altro così e un’altra serie avrebbe alzato bandiera bianca, sbracando e buttando tutto in vacca, Stranger Things invece no, grazie a fondamentalmente a un fattore: i personaggi. Nei primi tre episodi della terza stagione di Stranger Things, che arriva su Netflix il 4 luglio, la trama action e misteriosa è messa in secondo piano, se non quasi eliminata dall’orizzonte degli eventi. A essere centrali sono i rapporti tra i ragazzi: ci sono due storie d’amore tormentate ed epiche come solo possono esserlo le storie tra ragazzini, c’è un nuovo gruppo di amici che nasce (con l’ingresso di un personaggio che promette benissimo: Robin, interpretata da Maya Hawke, aka la figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke), c’è soprattutto una scrittura perfetta. Il primo episodio, in particolare, è una specie di manuale pratico di sceneggiatura, che riesce a portare avanti la storia e ad aggiornare le storyline dei personaggi senza una minima sbavatura.
Giusto per entrare nelle faccende concrete: siamo sempre a Hawkins, ma la città dell’Indiana non interessa più tanto ai suoi abitanti, tutti attirati dalle luci e dalla modernità dello Starcourt Mall, centro commerciale appena inaugurato fuori dal centro cittadino. L’azione dei primi episodi si svolge tutta qui, dove i ragazzi vanno a divertirsi e fare shopping, e la piscina locale, dove Billy (il fratello di Mad Max) fa il bagnino per la gioia di tutte le cougar del circondario. Questi due luoghi sono fondamentali, perché sono anche il punto di partenza delle due nuove trame mystery. Questi due luoghi con l’aggiunta del Sottosopra, ovviamente, perché quella questione è tutt’altro che conclusa.
Per andare avanti, quindi, i fratelli Duffer hanno scelto di rinunciare a qualsiasi rivoluzione, scegliendo piuttosto un piccolo scarto di lato. Anche a livello di immaginario, che come detto in Stranger Things conta quanto la storia, il procedimento è simile, con l’aggiunta del centro commerciale e l’inserimento di un elemento finora mancante nell’universo anni ’80 della serie, ovvero la guerra fredda.
Non abbiamo ancora visto tutta la stagione, non possiamo dire se a un certo punto sia destinata a a implodere, ma al momento ci sembra di poter dire che è stato fatto tutto ciò che andava fatto. Niente scossoni eccessivi, ma nemmeno strada libera all’autocompiacimento. Stranger Things continua a essere una macchina oliatissima, in cui ogni elemento si incastra senza sforzi. Ma soprattutto, Stranger Things continua a essere una serie che si guarda con un piacere e una leggerezza rari.