Chambers: Netflix mette sul piatto una serie horror molto stilosa di Marco Villa
Una ragazza riceve un trapianto di cuore e inizia ad avere visioni: Chambers parte benissimo a livello visivo, forse un po’ meno a livello di scrittura
Parliamo di filosofia seriale: vale di più una storia forte e ben strutturata o una serie ben rifinita? E in caso, la cura eccellente di una di queste componenti può salvare la carenza dell’altra? Filosofia, lo so, perché contano solo i casi specifici e allora è il caso di iniziare a parlare di questo caso specifico che si chiama Chambers ed è disponibile dal 26 aprile su Netflix.
Creata da Leah Rachel, Chambers ruota intorno a un trapianto di cuore: Sasha è una ragazza di 17 anni che vive nella profonda Arizona e che, dopo aver frequentato il suo fidanzato per un tot, decide che è ora di fare il grande passo. Mentre sta facendo sesso per la prima volta, però, il suo cuore si ferma. Panico, paura, ospedale, trapianto. A 17 anni, Sasha è già una sopravvissuta, una mezza miracolata. Da lì inizia la sua nuova vita, che si interseca da subito con quella di Becky Lefevre, la ragazza che, morendo, le ha donato il cuore: i genitori di lei la vogliono conoscere e di fatto adottare, proponendole quel futuro che avevano pensato per la figlia scomparsa.
E qui inizia tutto il discorsone: la famiglia di Becky è ricchissima e misteriosa, piena di tensioni più o meno sotterranee tra i componenti, in particolare i genitori, che sono poi anche i nomoni grossi di Chambers: lui è Tony Goldwyn (il presidente di Scandal, nonché il cattivo di Ghost, non dimentichiamolo), lei è sua maestà Uma Thurman.
La storia di Chambers è in realtà quella della progressiva scoperta della vita di Becky da parte di Sasha: prelevata dalla sua vita destinata non certo all’agio e trasferita nel mondo dorato della famiglia Lefevre, si trova in un mondo che non è il suo. Non si tratta però solo di una indagine esplorativa, diciamo così, perché la differenza tra la sua vita prima & dopo arriva anche dal suo interno, da quel cuore che, da quando è stato impiantato, le fa vivere esperienze a metà tra la visione e l’allucinazione, in cui il suo volto spesso trasfigura in quello di Becky.
L’impianto della trama è abbastanza chiaro e lineare, al di là di quello che si potrà scoprire nel corso delle puntate. Dovessimo però mettere in evidenza una qualità di Chambers, non sarebbe certo la sceneggiatura: dialoghi non entusiasmanti, volontà (meritevole) di non essere didascalici che finisce però in eccessiva frammentarietà. Del tutto diverso il discorso sulla parte visiva: il pilot è diretto da Alfonso Gomez-Rejon (American Horror Story, soprattutto) in modo egregio, con un gioco di luci e dettagli davvero ottimo. Su tutto, la luce della tempesta di sabbia e la presenza di neon a punteggiare la notte dell’Arizona, per un risultato davvero notevole. La partenza della storia non è invece così convincente, ma si tratta di un racconto che deve per forza crescere per step: è sensato aspettarsi un miglioramento, anche perché la parte veramente horror deve ancora manifestarsi.
Perché guardare Chambers: per la cura della parte visiva e l’ottima coppia Tony Goldwyn – Uma Thurman
Perché mollare Chambers: perché nella prima puntata la scrittura non è a cento