Origin – La fantascienza onesta, fra Lost e Alien di Diego Castelli
La nuova serie di YouTube non esce dai canoni del genere, però li sa usare come si deve
Su queste pagine siamo sempre impegnati a cercare l’arte, un po’ per puro gusto personale, e un po’ perché sentiamo il bisogno di tenere alta la bandiera delle serie tv, oggetto culturale ormai felicemente sdoganato anche nei salotti buoni, ma sempre a rischio di essere bistrattato in quanto semplice “televisione”.
L’elemento originale diventa perciò decisivo, il virtuosismo stupefacente la moneta da spendere sull’altare della fama.
Tutto giusto, tutto comprensibile, ma dovremmo comunque cercare di non dimenticare l’intrattenimento di genere. Perché a volte ce lo dimentichiamo, ma se produrre, scrivere e girare serie di genere fosse facile, non esisterebbero le serie brutte, che invece ahinoi esistono. Il che significa che, anche se si conoscono a puntino tutte le regole auree della messa in scena televisiva, la bravura serve comunque, perché dare il giusto equilibro e il giusto ritmo a tutte le componenti non è, né mai sarà, un affare scontato.
È per questo che Origin, nuova serie di YouTube Premium, probabilmente non cambierà le sorti della narrazione su piccolo schermo, ma allo stesso tempo si merita una sonora pacca sulla spalla.
Creata da Mika Watkins, Origin si presenta come una specie di incrocio fra Lost e Alien. Di Lost ha i naufraghi (spaziali), il cast corale, i flashback che raccontano il passato spesso problematico dei personaggi, il senso di mistero e di scoperta, l’impressione costante che possa andare tutto a scatafascio da un momento all’altro. Di Alien ha l’ambientazione sci-fi e, beh, l’alieno, qui nella forma di un parassita che infetta il cervello dei suoi ospiti e li spinge alla violenza.
Non ho ancora visto tutta la stagione, sono a poco più di metà, ma mi sento di dire che, almeno finora, in Origin non c’è assolutamente nulla di nuovo. Non è nuova l’ambientazione, non è nuovo il tono thriller-horror, non è nuova l’idea del parassita né quella dell’equipaggio lentamente decimato.
Allo stesso tempo, ad Origin non si può volere male, perché quello che può fare lo fa (quasi) sempre con criterio: i corridoi bui e fitti dell’astronave sono ambientazione perfetta per un po’ di claustrofobia spaziale; i livelli multipli della struttura ghettizzano i personaggi creando caste immediate di buoni, meno buoni, un po’ cattivi e super cattivi; le camere con apertura verso il cosmo sono trappole mortali in cui infilare minacce e gente che sta sulle balle. I flashback, mediamente interessanti e capaci di dare profondità a personaggi che altrimenti rischierebbero di finire presto nella macchietta, hanno anche la funzione di allargare un po’ il respiro della narrazione, che altrimenti sarebbe chiusa sempre e solo fra le paratie dell’astronave, diventando presto ripetitiva (particolarmente riuscito il flashback sul passato della giovane hacker Lee, che sembra una puntata di Black Mirror).
Per farla più breve, Origin non riesce a dirci niente di particolarmente nuovo sulla fantascienza o sul thriller, ma è capace di raggiungere l’unico obiettivo davvero fondamentale per una serie tv: farti venire voglia di vedere cosa succede dopo.
Questo il quadro generale, su cui poi arriva anche qualche difetto. Non tutti i flashabck sono pregnanti, e alcuni personaggi hanno fin troppo palesemente la funzione di carne da macello. Tom Felton (il Draco Malfoy di Harry Potter) che interpreta un personaggio antipatico sta diventando motivo di pena per i fan che non riescono a vederlo in un altro ruolo, e l’aperta classicità di certi elementi strizza talmente l’occhio allo spettatore da farglielo lacrimare: quando dei personaggi trovano un parassita alieno nel cervello di uno o più compagni, reagiscono come se mai in vita loro avessero potuto contemplare una simile eventualità, il che stona in una serie così derivativa, in cui un minimo di autoconsapevolezza da parte dei protagonisti potrebbe alleggerire un po’ il tutto (concettualmente, basterebbe che qualcuno dicesse “siamo finiti in un film horror”, per spezzare quell’impressione di stare guardando il passato, piuttosto che il futuro).
Però insomma, se il genere fantascienza claustrofobica/thriller/horror vi piace, un giro su Origin dovreste farlo, che un po’ vi divertite. E non ho ancora visto il finale, magari mi stupisce pure di più, nel caso mi faccio di nuovo vivo.
Come ultima nota, lasciatemi fare un piccolo applauso a YouTube Premium, che ancora non si è imposta come grande nome del mondo dello streaming, ma che pian pianino sta sommando un tot di prodotti ognuno con la sua fisionimia e i suoi bei punti di forza (oltre ad Origin penso a Cobra Kai e Impulse). Certo, poi ce sono anche parecchi altri che non ho mai sentito nominare, il che mi mette addosso un’ansia pazzesca, però per il momento faccio finta di niente…
Perché seguire Origin: è un racconto di genere scritto e diretto con criterio, che tiene alta la suspense e diverte senza troppo impegno.
Perché mollare Origin: il rovescio della medaglia è che Origin non aggiunge niente al mondo a cui appartiene, lo ingrandisce senza cambiarlo, e per qualcuno può non essere abbastanza.