The Kominsky Method – Chuck Lorre, Michael Douglas e una bella comedy sui vecchi di Diego Castelli
The Kominsky Method migliora la media dei prodotti di Chuck Lorre su Netflix e si lascia guardare dall’inizio alla fine con tenerezza e simpatia
Negli ultimi tempi capita spesso di sentir parlare male di Chuck Lorre, e tuttora non capisco perché. O meglio, capisco che quando un autore diventa onnipresente, come accaduto per un periodo a JJ Abrams, sia inevitabile che chi non lo ama manifesti un po’ di insofferenza alla continua comparsa del suo nome.
Ma detto questo, se negli ultimi quindici anni la sitcom multicamera americana (quella con le risate, per capirci) ha mostrato ancora una qualche vitalità, lo deve anche e forse soprattutto a lui: Two and a Half Men, The Big Bang Theory, Mike & Molly, Mom, tutta roba forte, divertente, segnata da un ritmo mediamente più alto delle comedy che le hanno precedute. Capace, nel caso di Big Bang, di farsi in qualche modo spartiacque culturale (se al giorno d’oggi ci sono tamarri che vanno in discoteca a fare le serate nerd senza aver mai visto una serie o letto un fumetto in vita loro, lo si deve a The Big Bang Theory, poi decidete voi se è bene o male).
Ovviamente i gusti sono gusti, e per quanto io detesti abbastanza la gente che chiede la chiusura di una serie (basta non guardarla…), se The Big Bang Theory non vi piace, o non vi piace più, sarà pure vostro diritto, però la rilevanza del personaggio Chuck Lorre va riconosciuta.
Detto tutto questo, siamo qui a parlare di The Kominsky Method, nuova comedy di Netflix firmata, incredibile a dirsi, da Chuck Lorre. Non è la prima serie di Lorre su Netflix, perché prima di questa era arrivata Disjointed, la sitcom fattona con Kathy Bates che a mio giudizio resta il suo prodotto peggiore.
Fortunatamente, il caso di The Kominsky Method è diverso. Prima di tutto perché non è una sitcom multicamera: ho l’impressione che Netflix non sia la piattaforma adatta per quel tipo di tv, più datato e bisognoso, se possibile, di una visione quotidiana, familiare, da sottofondo mentre si fa altro, mentre Netflix ha nel suo DNA l’idea del binge watching e della visione compulsiva.
The Kominsky Method è dunque una comedy single camera, interpretata da due mostri sacri (nonché premi oscar) come Michael Douglas e Alan Arkin, e racconta la storia dell’amicizia fra un leggendario insegnante di recitazione (Douglas) e il suo agente/best friend (Arkin), che sta cercando di far ripartire la carriera di attore del suo assistito, finita un po’ nella polvere negli ultimi anni.
La prima stagione si compone di otto episodi da poco più di venti minuti, che vanno via lisci come l’olio, con qualche minima stanchezza giusto nella seconda parte. Il formato diverso consente a Lorre di spingersi un po’ oltre i suoi consueti confini puramente commediosi (anche se pure Mom ha i suoi momenti drammatici), per dar vita a un tono ibrido che comprende sia le risate veloci e ritmate tipiche dell’autore di Long Island, sia sequenze di maggiore introspezione, quando non di dramma vero (tenete conto che buona parte della trama e della relazione fra i due protagonisti gira intorno alla morte della moglie di Norman, l’agente).
A completare il quadro ci sono gli studenti di Kominsky, tutti sbarbatelli in cerca di fama con l’eccezione della più esperta Lisa (Nancy Travis), con cui Kominsky inizia una storia un po’ buffa; Mindy (Sarah Baker), la figlia del protagonista che da anni sostiene e sopporta le bizzarrie del genitore; e infine la figlia scapestrata e tossicomane di Norman, interpretata da Lisa Edelstein (ex Cuddy di House e ora al lavoro in The Good Doctor).
Al di là dello stile e dell’equilibrio fra dramma e commedia, The Kominsky Method fa parte di quel genere forse mai davvero codificato, ma che possiamo definire “i vecchi divertenti”. Considerando i 74 anni di Douglas, e gli addirittura 84 Arkin (portai da Dio), The Kominsky Method diventa ben presto una comedy sull’ultima parte della vita, quella dove si fanno i bilanci e si contano gli acciacchi, ma in cui si cerca anche di sparare le ultime cartucce di una giovinezza che non c’è più.
Se l’aspetto più triviale di questo approccio sono le battute sulle erezioni o sulla prostata (a cui però è dedicato un cameo eccezionale di Danny De Vito), quello più sottile e delicato riguarda l’addio alle persone care, la gestione di sentimenti d’amore che non possono più essere affrontati come a quindici anni, il rapporto inevitabilmente complicato con i figli, la voglia di contare ancora qualcosa, ma senza per questo tradire valori e convinzioni che ormai sono radicate.
Una comedy crepuscolare insomma, che diverte, intenerisce, e talvolta perfino commuove, e che rappresenta per Lorre il tentativo di addentrarsi in territori tematici e pure anagrafici che finora aveva esplorato solo marginalmente. Per quanto mi riguarda – ma bisogna anche dire che i vecchi divertenti mi sono sempre piaciuti – esperimento riuscito.
Perché seguire The Kominsky Method: pochi episodi, scritti bene, con due grandi attori, e certi temi “da anziani” che possono dare buona comedy e buon drama.
Perché mollare The Kominsky Method: se le battute sui corpi in disfacimento vi danno fastidio.