The Sinner: una seconda stagione che nemmeno doveva esserci, ma che parte alla grande di Diego Castelli
Jessica Biel non c’è più, in compenso ci sono Carrie Coon e una storia che funziona da subito
Con The Sinner è andata così: l’anno scorso USA Network ordinò la prima e teoricamente unica stagione, prodotta e interpretata da una Jessica Biel in stato di grazia che si guadagnò due nomination ai Golden Globes e agli Emmy. Andò così bene che alla fine la rete decise di ordinare una seconda stagione, trasformando la miniserie in una serie antologica con un caso diverso ogni anno, e pochi fili a unire i due cicli, fra cui la presenza del detective Ambrose, interpretato da Bill Pullman.
La paura, naturalmente, era che un prodotto nato da un romanzo e pensato per durare pochi episodi, non avesse la forza sufficiente per rinnovarsi e autoreplicarsi in una seconda stagione meritevole di visione.
Beh, paura infondata, perché la premiere della seconda stagione di The Sinner regge benissimo le aspettative. E poi c’è Carrie Coon, che non guasta.
L’anno scorso The Sinner raccontava di una donna che all’improvviso ammazzava un uomo senza apparente motivo, e senza che lei stessa riuscisse a spiegare il gesto. Indagando nel suo passato, Ambrose risolveva il caso e scopriva una lunga sequela di torbidissimi segreti.
La nuova The Sinner resta in quel solco, con un crimine chiaro nella dinamica ma apparentemente inspiegabile nelle motivazioni, che porta il detective a tornare nella sua città natale per ravanare nel passato suo e degli ex concittadini, e passare così un’altra estate di merda.
A questo giro il delitto è ancora più strano e inquietante: l’omicida è un ragazzino, che avvelena i genitori durante una gita con direzione cascate del Niagara. Il giovane, interpretato da Elisha Enig (l’abbiamo visto poche settimane fa in Alex Inc.), era apparentemente in cura da una sorta di psicologa (la Coon), e capiamo molto presto che in lui alberga una seconda personalità che lo spinge verso il male. E da qui non spoilero oltre.
Come si vede, ci sarebbe materiale per il peggiore dei B-Movie horror, ma la seconda stagione di The Sinner riesce a rimanere ben sopra la linea di galleggiamento grazie alla forza dei suoi interpreti e alla cura della sua messa in scena. Bill Pullman era una garanzia l’anno scorso e lo è anche adesso, nel suo volto barbuto e complessato, un misto di saggezza e depressione che riesce sempre a dare uno spessore malato e zoppicante alla vicenda. Carrie Coon, che in questo episodio si vede relativamente poco ma porta in dote uno dei twist più riusciti, promette faville per le prossime puntate, e lo stesso Enig, chiamato a interpretare un bambino insieme impaurito e inquietante, riesce perfettamente nel compito.
In termini visivi e d’atmosfera, poi, questa premiere funziona benissimo. Non è ricercata come Sharp Objects e forse nemmeno come Castle Rock, con le quali condivide il tema del ritorno alle (complicate) origini di uno dei protagonisti, però va dritta al punto, tesse la sua tela di intrighi e misteri con pacata efficacia, e quando è il momento di alzare improvvisamente il tiro non si fa affatto pregare, come nella scena della morte dei genitori di Julian (tosta di brutto) o durante alcuni interrogatori del ragazzo, dove spunta più facilmente una certa vena orrorifica.
Il risultato è una premiere che molti temevano superflua o inutile, e che invece risulta avvincente e piena di suspense. Soprattutto, sostituendo la bellezza dolorosa di Jessica Biel con il faccino pauroso e tenebroso di Enig, gli autori hanno subito abbandonato la strada del clone puro, per introdurre nuove sfumature e nuovi temi, rimanendo però legati a un concept di fondo che già funzionava. Avanti così.