Impulse: storia di superpoteri, ma non troppo di Diego Castelli
Con Impulse, youtube affronta il tema della violenza sulle donne da una prospettiva inedita e straniante
SPOILER RIDOTTI ALLO STRETTO INDISPENSABILE
Giusto pochi giorni fa scrivevo di Marvel’s Cloak and Dagger, la serie supereroistica di Marvel-Freeform in cui, dopo tre episodi, ancora non si vede alcun supereroe, ma piuttosto due ragazzini pieni di problemi a cui se ne aggiunge pure un altro: la comparsa di poteri speciali che, prima di diventare motivo di gioia powerrangeresca, sono soprattutto causa di smarrimento e paura.
E non avevo ancora visto Impulse.
Prodotta per Youtube, e ispirata all’omonimo romanzo di Steven Gould (a sua volta terzo di una saga il cui primo capitolo era diventato il film Jumper, con Hayden Christensen e Rachel Bilson), Impulse racconta la storia di Henry, una ragazza che scopre di avere l’abilità di teletrasportarsi, ma è assai distante dal normale racconto di “tizio/a con poteri speciali”.
Non c’è alcun collegamento fra Impulse e Cloak and Dagger, naturalmente, ma essendo uscite nello stesso periodo è difficile non fare un collegamento istintivo fra due serie diverse, pensate per piattaforme completamente diverse, che però usano i superpoteri più o meno nello stesso modo, cioè come strumento di scavo psicologico dei personaggi, piuttosto che come scusa per mettere in scena battaglie campali.
In Impulse, Henry (diminutivo maschile di Henrietta) è una ragazza tutto sommato normale, ma con una situazione familiare un po’ precaria: la madre salta da un partner all’altro e non le ha mai garantito stabilità, e solo ora sembra aver trovato un principio di serenità fra le braccia di un uomo che ha a sua volta una figlia dell’età di Henry, Jenna. In questa vita disordinata Henry ha dovuto costruire una scorza contro le delusione della vita, e si muove con discreto cinismo e sarcasmo all’interno di un mondo adolescenziale in cui non è mai riuscita a integrarsi perfettamente. Soprattutto, è affetta da episodi di convulsioni e attacchi di panico, la cui natura è almeno in parte misteriosa.
Tutto questo, comunque, non le impedisce di socializzare con i suoi compagni e di provare attrazione, ricambiata, per Clay Boone, il belloccio della scuola, stella della squadra di football.
I due escono insieme, tutto funziona, ma poi a un certo punto Clay vorrebbe andare oltre un semplice limone di fine appuntamento. Henry non vuole, lo dice a chiare lettere, ma Clay cerca di forzarle la mano. È in quel momento che Henry incappa in una delle sue crisi e si teletrasporta nella sua stanza. Il teletrasporto però non è indolore, perché il salto piega lo spazio intorno al teletrasportato (o teletrasportante?), e nello specifico devasta la macchina di Clay con lui dentro: risultato, Clay finisce su una sedia a rotelle.
Impulse ha anche una trama secondaria un po’ più crime e cospiratoria, probabilmente più legata al romanzo originale, e sono abbastanza certo che se parlerà di più verso fine stagione (al momento in cui scrivo ne ho vista circa metà). Ma intanto quello che conta è che, ancora una volta, i poteri di Henry non sono l’arma di un eroe, ma la croce capitata fra capo e collo di una povera crista che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Preceduto da messaggi che invitano le spettatrici vittime di violenza a rivolgersi alle autorità competenti per chiedere aiuto, Impulse è prima di tutto la storia di un tentato stupro, e di come esso agisca sulla psicologia della vittima a settimane di distanza dall’evento.
Nel teletrasportarsi, Henry ha dato prova di un grande potere, un potere che in qualche modo l’ha difesa e potrebbe difenderla ancora. Tanto più che il suo stupratore, che nemmeno si ricorda l’accaduto, è finito su una sedia a rotelle. Ma nemmeno la scoperta di quella straordinaria abilità può farle dimenticare la violenza subita, e qui sta il nocciolo dello sviluppo del personaggio.
Più che una storia di persone benedette da poteri speciali, Impulse diventa allora il racconto di una vittima di violenza per la quale quella violenza si trasforma in un macigno calato sulla sua intera vita, inamovibile perfino quando arrivano i superpoteri. È dunque un prodotto duro, serio, per nulla consolatorio, in cui le paure e la disperazione di Henry vengono perfettamente gestite dalla protagonista Maddie Hasson (Twisted, Mr Mercedes), capace di costruire sia la pellaccia dura della Henry donna-di-mondo, sia la fragilità non richiesta di una giovane donna abusata.
Arrivati a metà stagione ci si rende conto, quasi con sorpresa, di non stare guardando lo show che ci si sarebbe aspettati e che il pilot poteva far supporre, ma non si rimane comunque delusi: se è vero che Impulse rientra quasi obbligatoriamente nel grande e variegato calderone delle serie coi superpoteri, allo stesso tempo trova una sua strada originale che rifugge i cliché del genere per raccontare qualcos’altro, qualcosa per cui i poteri, più che un simbolo di forza, sono una metafora di fragilità, di impossibilità di fuggire da traumi dai quali, psicologicamente, non ci si può teletrasportare via.
Non è nemmeno un caso, dunque, che il sottotitolo della serie sia “non puoi controllare quello che non capisci”, frase che naturalmente si applica al teletrasporto, ma non solo, e che rappresenta una interessante variazione sul tema degli abusi sulle donne, così importante in questo periodo e capace di declinarsi in storie dal sapore anche molto diverso, pur in presenza di un nocciolo comune.
Ora sono curioso di vedere come, nella seconda parte della stagione, verrà integrata la componente più thriller-complottista, sperando non ne vega fuori un pastrocchione. Nel caso ci risentiamo.
Perché seguire Impulse: la serie parte da elementi supereroistici, ma poi va da tutt’altra parte, raccontando un dramma forte, solido e ben recitato.
Perché mollare Impulse: La sua natura ibrida potrebbe far storcere il naso sia agli amanti dei superpoteri, sia a quelli che i drama li preferiscono “normali”.