Marvel’s Cloak and Dagger: piccoli supereroi crescono, piano piano di Diego Castelli
Il Marvel Cinematic Univers si allarga a due adolescenti problematici, costretti a diventare qualcosa in più di quello che vorrebbero
Il principale vantaggio delle serie tv (rispetto per esempio cinema) è la possibilità di prendersi il tempo necessario per raccontare le loro storie. Non c’è fretta, con le serie tv, perché una decina di episodi te li danno sempre, e quindi non serve correre a perdifiato per presentare e sviluppare personaggi che, invece, possono crescere sani e forti, senza fretta.
(L’ovvio rovescio della medaglia, inutile a dirsi, è che se non sei bravo a gestire quel tempo aggiuntivo finisce che scrivi una cosa super-noiosa, ma insomma ci siamo capiti).
La cosa vale con tutte le serie, e perché no anche con quelle che hanno per protagonisti dei supereroi: se un qualunque “primo film” su un supereroe ha bisogno di consegnare poteri e divisa nel giro di 20 minuti, perché poi c’è molto altro da raccontare, una serie può addirittura permettersi di non fornire l’uniforme ufficiale se non dopo tredici episodi da un’ora (tipo Daredevil), perché tanto è già stata rinnovata per la seconda stagione.
È una libertà creativa, pur nei suoi rischi, di cui evidentemente vuole fare buon uso anche Joe Pokaski, creatore di Cloak & Dagger, nuova serie targata Marvel in onda su Freeform, l’ex ABC Family.
Basata sui personaggi a fumetti nati nel 1982 per mano di Bill Mantlo (testi) ed Ed Hannigan (disegni), Cloak & Dagger racconta la storia di due teenager che scoprono di avere speciali poteri e un destino particolarmente intrecciato.
Come di consueto non ci metteremo a fare grandi confronti fra fumetto e serie, tanto se volete vedere le differenze c’è wikipedia. Parliamo invece di cosa succede nella serie: quando ancora sono bambini, Tyrone Johnson (Aubrey Joseph) e Tandy Bowen (Olivia Holt) finiscono per motivi diversi nello stesso mare in cui, pochi istanti prima, è crollata una piattaforma petrolifera liberando una grande quantità di energia.
Nel disastro Tandy e Ty perdono rispettivamente il padre e il fratello, ma guadagnano straordinari poteri che cominceranno a manifestarsi solo nell’adolescenza, quando i due ormai si saranno persi completamente di vita.
Tandy acquista il potere di creare lame di energia psionica, veri e propri coltelli a cui Tandy dà forma dal nulla; Ty invece diventa capace di aprire squarci nella dimensione oscura che, in questa prima fase, gli permettono in primo luogo di teletrasportarsi.
Nel futuro dei due protagonisti, dopo il loro primo incontro/scontro, ci sarà un’amicizia, un amore, e probabilmente anche un dipendenza di tipo soprannaturale (nei fumetto Ty sviluppa una atavica e pericolosa “fame di luce”, che tiene controllata “mangiando” l’energia gentilmente offerta da Tandy). Ma la cosa che mi pare più rilevante del doppio pilot è che di questo futuro di coppia, di questo sodalizio supereroistico che potrebbe portarli a combattere i criminali per le strade, c’è volutamente molto poco, perché il vero fuoco della storia sta altrove.
Nella quasi ora e mezza complessiva, infatti, Pokaski si impegna soprattutto a mostrarci la difficile quotidianità dei due ragazzi: Tyrone vive in una famiglia tutto sommato normale, in cui però la morte del primogenito ha lasciato una ferita profonda e insanabile, il cui dolore riaffora a corrente alternata, rendendo difficile per il ragazzo condurre una vita serena. A Tandy è andata pure peggio: morto il padre si è trovata da sola con una madre alcolizzata e drogata, e ben presto ha imparato a cavarsela da sola diventando una vera e propria ladra/truffatrice. Niente che le dia particolare entusiasmo, naturalmente, perché di certo preferirebbe avere una vita più tradizionale, ma intanto prende quello che passa il convento e si barcamena come può.
C’è pochissimo supereroismo, in questi due episodi, ma piuttosto due vite difficili in cui i poteri, in prima battuta, arrivano perfino come un ostacolo, una fonte di paura e sgomento, per due adolescenti che già hanno i loro problemi. C’è poco spazio, insomma, per la scoperta entusiasta di abilità superumane che diventano subito la scusa per svolazzare in giro e picchiare i cattivi.
Più che una serie supereroistica con spruzzate di drama, nel suo esordio Cloak & Dagger è dunque un drama con l’aggiunta dei poteri, più Jessica Jones che Agents of SHIELD, e questa scelta, palesemente consapevole, sembra andare proprio nella direzione di offrire qualcosa di diverso dal genere supereroistico mainstream, un prodotto che offra facce e situazioni riconoscibili al pubblico di riferimento del canale, senza per questo rinunciare a un minimo di autorialità.
Se la semplice messa in scena della serie non stupisce (niente voli pindarici alla Legion), a lasciarci più soddisfatti è proprio il tentativo di scavare nei personaggi in maniera un po’ più approfondita rispetto al solito, con in testa un’idea di realismo che naturalmente non si applica a ciò che effettivamente succede (gente che si teletrasporta e crea coltelli di luce), ma piuttosto allo scenario sociale e adolescenziale che gli sta attorno.
Che poi si vada verso una serie in cui provare vero affetto e vera immedesimazione per i protagonisti, oppure verso un polpettone melodrammatico e troppo lento (e troppo poco “super”), solo il tempo ce lo dirà. Ma quando qualcuno prova a mescolare un po’ le carte, noi di base apprezziamo.
Perché seguire Cloak & Dagger: punta a uno stile poco usuale nel supereroismo, più realista e intimista, e per questo abbastanza originale.
Perché mollare Cloak & Dagger: c’è il rischio che sacrifichi troppo l’azione in nome del drama, finendo con l’impantanarsi nel polpettone sentimental-adolescenziale.