The Rain – I ragazzi dell’apocalisse di Marco Villa
Una pioggia tossica che distrugge tutto, un gruppo di ragazzi che prova a sopravvivere: abbiamo visto in anteprima The Rain di Netflix
La tempesta è in arrivo, ma non laverà via niente, anzi: annienterà tutto quello che tocca. The Rain non ha un’introduzione, parte subito forte e dopo pochi minuti fornisce già l’unica informazione necessaria per catturare il pubblico: bisogna scappare dalla pioggia, bisogna evitarla a tutti i costi. A dare l’informazione è uno scienziato e ricercatore della azienda Apollon, che raduna la famiglia per portarla in salvo in un bunker nel bosco creato proprio dalla sua azienda. Lui deve lasciare subito la famiglia perché è l’unico a “poter salvare il mondo”, la madre fa presto una brutta fine e così nel bunker si ritrovano la figlia maggiore Simone e il piccolo Rasmus, che il padre definisce in modo sibillino “la chiave di tutto”. I due fratelli si rintanano nel bunker e non escono per sei anni: quando lo faranno, troveranno un mondo distrutto dalle piogge tossiche, dove la sopravvivenza è messa a rischio letteralmente a ogni passo.
The Rain è la prima produzione originale Netflix realizzata in Danimarca, nazione che negli anni ha regalato titoli di livello come Borgen, Forbrydelsen (che è poi diventata The Killing) e Bron (che è poi diventata The Bridge e The Tunnel). Proprio Jannik Tai Mosholt, uno degli autori di Borgen, è accreditato come showrunner di The Rain, che racconta un mondo post-apocalittico in cui l’umanità è ridotta a pochi sopravvissuti. La colpa è delle piogge e – nei primi tre episodi che abbiamo potuto vedere in anteprima – si capisce in fretta che di mezzo ci sono proprio la Apollon e il padre di Simone, che diventa però la meta da raggiungere per i due fratelli quando escono dal bunker. Farlo da soli è impossibile e per questo si uniscono a un gruppetto di sopravvissuti, più o meno loro coetanei.
Quella di The Rain è la storia di ragazzi che non si conoscono, costretti a fare fronte comune per sperare di salvarsi: a livello di riferimenti, potremmo parlare di un incrocio tra The 100 e The Walking Dead, con il contesto della prima e il “modus operandi” della seconda, fatto di spostamenti e rifugi. Ogni giorno arriva la pioggia da cui ripararsi, ma durante il resto della giornata la minaccia è rappresentata dagli altri umani che si aggirano per le stesse zone, alla costante ricerca di cibo. Il mondo di The Rain, infatti, è un mondo in cui tutto è stato contaminato: l’agente infettante non è un umanoide che perde pezzi di pelle e che cerca di arrivarti addosso in ogni modo, ma tutto ciò che ti circonda. Basta entrare in contatto con una pozzanghera e la fine è inevitabile: lo scontro, insomma, è tra l’uomo e il mondo deviato che ha creato.
The Rain non ha la potenza produttiva e visiva delle serie di genere statunitensi e questo si vede in alcune scene che sembrano uscite da un telefilm tedesco, uno di quelli che andavano su Rai2 prima del telegiornale. Dalla sua, però, ha una scrittura che fa delle linearità il proprio punto di forza. In The Rain tutto è molto chiaro è semplice: i personaggi, i rapporti, gli obiettivi. La conseguenza è una serie asciutta, che può concentrarsi senza grossi patemi sull’azione, ponendo i protagonisti davanti a sfide che li mettono alla prova e li fanno avanzare verso la meta.
Per questo motivo, pur non essendo certo un prodotto di livello eccelso, è difficile staccarsi da The Rain: escluso il primo, gli episodi sono sotto i quaranta minuti, scelta che si traduce in una scorrevolezza ammirevole e in un invito alla visione compulsiva che diventa quasi obbligatoria. Per dirla facile: quando avremo a disposizione l’intera prima stagione, sarà davvero difficile smettere di guardarla. E in fin dei conti l’obiettivo di Netflix è esattamente questo.
Perché guardare The Rain: perché una volta iniziata difficilmente riuscirete a staccarvene
Perché mollare The Rain: perché non è all’altezza dei prodotti di punta dell’intrattenimento contemporaneo.