Here and Now series finale: che brutto quando a deluderti sono HBO e Alan Ball di Diego Castelli
Here and Now era partita bene, ma poi non ha mantenuto le promesse
Detesto sbagliarmi sulle serie tv. E non parlo del fastidio di chi, autoproclamandosi esperto, si trova poi a dover ammettere che non ci azzecca sempre: su questa cosa ci mettiamo un bel chissenefrega e via. No, l’irritazione arriva dal fatto di aver dato fiducia per dieci lunghissimi episodi a una serie che quella fiducia non se la meritava, ed è riuscita a ingannarmi con un pilot all’altezza. Chissà cosa avrei potuto fare in quelle dieci ore… Probabilmente non avrei fatto niente, ma magari avrei semplicemente visto una serie migliore.
Questo discorso si applica a tanti telefilm ed esperienze della vita, ma oggi i rimproveri toccano ad Alan Ball, a HBO e al loro Here and Now.
Il Villa ne aveva parlato in occasione del pilot, e a tutt’oggi mi sento di sposare in toto la sua analisi di allora: il primo episodio era intrigante, strano, misterioso, e prometteva stravolgimenti grossi così, in entrambe le direzioni che nella serie sembravano voler coesistere con buona originalità: il drama familiare e l’elemento soprannaturale.
A questo, naturalmente, andava aggiunta la fiducia pressoché incondizionata per il creatore della serie, che dopo aver messo la firma su Six Feet Under e True Blood si meritava un’attenzione puntuale e sentita.
A fronte di un pilot che funzionava alla grande, il problema con Here and Now è quello che è successo dopo. O meglio, che non è successo.
Nei nove episodi successivi al pilot, compreso l’ultimo che alla fine si è rivelato essere il finale di serie (bassi ascolti e poca attenzione della critica sono troppo anche per HBO, che pure di solito non cancella compulsivamente), in Here and Now è successo poco e niente.
Certo, le dinamiche familiari sono proseguite e si sono sviluppate, e si è proceduto a lavorare sul nocciolo tematico della serie, quello di una famiglia apparentemente perfetta (genitori colti e brillanti con figli adottati a formare un gruppetto da Mulino Bianco progressista) che si rivela essere un castello di carte in cui tutti hanno qualcosa da nascondere e, soprattutto, qualcosa per cui soffrire profondamente.
Il problema è che Here and Now ci aveva promesso di essere più di questo. Le visioni di Ramon erano fin da subito il gancio per un approccio tutto particolare allo storytelling, in cui le classiche strutture del drama sarebbero state pesantemente contaminate dal soprannaturale. E si badi bene, anche True Blood era un po’ drama e un po’ fantastico, ma l’impronta era innanzitutto fantasy e poi si insinuava in territori più relazionali. Ed è così sostanzialmente per tutti gli show di questo tipo: ti attiro con i mostri zannuti che uccidono, e poi ti cullo anche con le loro beghe adolescenziali. Here and Now prometteva un inedito percorso inverso, un drama familiare le cui dinamiche sarebbero state stravolte dal soprannaturale.
Solo che non è stato così. O non lo è stato abbastanza. Per troppo tempo, in Here and Now, abbiamo visto fratelli litigare coi genitori, genitori bisticciare fra loro, amori traditi, problemi sul lavoro, frustrazioni sessuali e quant’altro. E l’elemento soprannaturale, che nel pilot era il cliffhanger che prometteva l’originalità, è rimasto sempre e solo quello: un cliffhanger. In questi dieci episodi non abbiamo scoperto praticamente nulla delle visioni che perseguitavano Ramon, con l’unica eccezione delle analisi fatte dal suo psichiatra, personaggio odiosissimo e che, a conti fatti, ci ha fatto fare pochi passi avanti nella scoperta della verità.
Naturalmente il problema di Here and Now non sta solo nell’equilibrio fra i suoi elementi, ma anche nella qualità degli elementi di per sé: dopo aver visto Kristen perdere la verginità con in testa una maschera da cavallo, eravamo eravamo pronti a seguire una serie capace di stupire anche con le sue singole trovate, con la sua simbologia, con scene spiazzanti da far incastrare all’interno di un tutto magicamente coerente. Solo che poi non ci siamo più stupiti: sono stati rarissimi i momenti capaci di farci alzare il sopracciglio, stuzzicando i nostri occhi e orecchie, colpendoci con la forza di una vera deviazione dallo standard.
Introdotti a uno show di Alan Ball su HBO, accoppiata solitamente spiazzante e divertente, ci siamo trovati di fronte a una serie colpevolmente “normale”, che certo aveva una raffinatezza superiore alla media dei drama generalisti, ma che alla fine si risolveva in episodi da un’ora intera in cui la netta sensazione era che fosse tutto già visto altrove.
L’impressione è che Alan Ball abbia voluto scrivere uno show espressamente politico, sociale e filosofico, infarcito di una dimensione soprannaturale debole e rarefatta, ma che alla fine si sia dimenticato di raccontare una storia che funzionasse di per sé. Un errore che, per esempio, HBO non commette con Westworld, serie capace di filosofia esplicita e spintissima, ma che non dimentica mai di far esplodere roba e di ricondurre lo spettatore ad alcuni nodi narrativi di fondo che tengono su tutta l’impalcatura.
Con Here and Now invece, la filosofia e i temi potenzialmente più controversi (il ruolo e i diritti delle minoranze, il rapporto di coppia, il rapporto con la religione di soggetti cresciuti in culture diverse da quelle dei loro padri) si sono concentrati in alcuni dialoghi e monologhi magari interessanti, ma che nascevano da una struttura narrativa troppo debole, continuamente ballonzolante fra le varie anime dello show, nessuna davvero compiuta.
Il Villa aveva messo in guardia dal fatto che la storia di Ramon avrebbe potuto far crollare tutto da un momento all’altro: ma magari! Magari ci fosse stato il tentativo di premere sull’acceleratore, di spiazzarci in qualche modo. Poi magari ci provi, ti va male e risulti ridicolo, ma almeno ci hai provato. Qui invece niente, tutto col freno a mano tirato, non sia mai che ci sbilanciamo troppo perdendo il nostro equilibrio perfettino.
Si è arrivati così a un finale di stagione in cui esplode addirittura un vulcano, e in cui ci viene suggerito di essere alle soglie di una deflagrazione non solo naturale, ma anche seriale. Solo che ormai non ci crediamo più, perché arriviamo fin qui annoiati e sbuffanti, e il cliffhanger ci sembra solo un modo per costringerci a tornare l’anno prossimo, pur in assenza di un vero entusiasmo.
Alla notizia della cancellazione, ho francamente provato sollievo. Perché sì, nella mia compulsione da serialminder ortodosso avrei fatto fatica a non dare un’altra chance alla seconda stagione, ma era ormai evidente che il progetto non era in grado di tornare su binari saldi che, in realtà, non ha mai avuto. Come se Alan Ball si fosse trovato con una scadenza e avesse consegnato un prodotto ancora non finito, da limare e ricentrare.
Caro Alan, stavolta è andata così, noi comunque ti stimiamo e quando tornerai saremo pronti ad ascoltarti di nuovo. Ecco, diciamo che siamo contenti che non sarà con Here and Now.