24 Aprile 2018 4 commenti

Westworld – La seconda stagione, finalmente di Marco Villa

La seconda stagione di Westworld ci avvisa che non solo non ci si può rilassare, ma è probabile che si debba fare uno sforzo in più rispetto al passato

Copertina, On Air

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ATTENZIONE: SPOILER SULLA PRIMA PUNTATA

Ci siamo, la seconda stagione di Westworld è arrivata. Negli ultimi anni, sono pochissime le serie che hanno creato un pubblico così appassionato, forse solo Game of Thrones per il livello a cui si è scavato e discusso. Dopo quasi un anno e mezzo, Westworld è ripartita, negli Stati Uniti su HBO e in contemporanea in Italia su Sky Atlantic ed è ripartita esattamente come speravamo: nell’arco degli episodi che abbiamo potuto vedere in anteprima, Westworld ricomincia infatti con una trama tesa, stratificata e complessa.

La prima stagione finiva con la rivolta degli host e la strage degli azionisti, che la Delos aveva convocato nel parco per il lancio di una nuova grande narrazione. L’uccisione di Robert Ford (Anthony Hopkins) rappresentava la fine di quello che era stato il parco fino a quel momento, con un simbolico parricidio talmente esplicito da non aver bisogno di particolari riflessioni. A dispetto del suo nome, la cittadina di Sweetwater è sempre stato un posto intriso di violenza, imposta a vario titolo dagli umani ai robot. Normale quindi che quando gli host prendono possesso della propria esistenza, non sappiano fare altro che ripetere quegli stessi gesti violenti, sterminando gli invitati al party e anche diversi simili. These violent delights have violent ends, del resto, dove l’aggettivo “violent” diventa più letterale che nella sua normale traduzione di “improvviso”. 

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A guidare questa ondata di violenza è Dolores che, come mostrato ampiamente dalle immagini promozionali, cavalca verso l’orizzonte scaricando il proprio fucile contro chiunque le capiti a tiro. C’è di più, perché il sentimento di vendetta maturato in lei nel corso degli anni la porta a sviluppare una vena di puro sadismo. Se Dolores è il braccio armato, l’altra capopopolo Maeve sembra la parte più cerebrale, che non si fa problemi a sporcarsi le mani in prima persona, ma preferisce gestire (manipolare?) chi le sta intorno.

La seconda stagione di Westworld non si apre in modo didascalico, spiegando per filo e per segno cosa è successo dopo la sparatoria. O meglio, lo fa: ma a modo suo, introducendo almeno due piani temporali, forse tre.

Il primo è quello già accennato che vede coinvolte Dolores e Maeve: la strage è avvenuta da poco e entrambe le donne inseguono il proprio obiettivo di libertà, che per Dolores significa andare oltre i confini del parco, mentre per Maeve è innanzitutto il ricongiungimento con la figlia perduta.

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Le altre due linee temporali vedono invece protagonista Bernard: la prima (forse contemporanea a quella di Dolores/Maeve, forse no) si innesta pochi istanti dopo la sparatoria e vede il caro Bernard in compagnia di Charlotte Hale, capoccia della Delos. Sappiamo tutti che Bernard è un host e che è anche Arnold, socio “saggio” di Robert Ford, ma con la scomparsa dello stesso Ford, siamo gli unici a conoscere questi dettagli. In questo orizzonte temporale capiamo che Charlotte ha più di un segreto da nascondere e che Bernard, conscio della propria natura (o non-natura), non ha più intenzione di obbedire alla razza che l’ha creato. Anche in questo caso, tifiamo rivolta.

La seconda linea temporale che ha protagonista Bernard è spostata avanti di un paio di settimane e inizia con lo stesso Bernard che si risveglia su una spiaggia, bagnato dall’acqua del mare. Intorno a lui la squadra mandata dalla Delos per occuparsi di tutto il casino che è successo, rimettere in sicurezza il parco e assicurarsi che nessuna informazione tecnologica esca dai suoi confini. In entrambi i momenti, Bernard sembra spaesato, fatica a connettersi con quello che gli accade intorno.

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A fare da collante tra queste due linee temporali, la morte di centinaia di host, il cui ritrovamente chiude la puntata. L’episodio si apriva con un ulteriore flashback (piuttosto remoto, che verrà approfondito negli episodi a venire) di una sessione di analisi tra Bernard e Dolores, durante la quale Bernard raccontava di un sogno in cui gli host lo lasciavano solo e lui sentiva salire dell’acqua intorno a sé. La sensazione è che quel sogno sia poi quello che si è verificato, una sorta di premonizione della fine o di piano estremo già codificato nel suo personaggio.

A tutto questo, si aggiunge William: il man in black sembra muoversi nello stesso mondo di Bernard e Charlotte (e Maeve e Dolores) e continua il suo viaggio alla ricerca del livello segreto di gioco, a cui sembra finalmente accedere dalle parole dell’avatar bambino di Robert Ford.

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Quasi tremila battute per riassumere la trama di un episodio, senza nemmeno andare nel dettaglio: mica male, ma è proprio questo che ci aspettiamo da Westworld. Senza voler fare alcun tipo di spoiler, procedendo con gli episodi si aggiungono ulteriori livelli di complessità, che aprono nuovi scenari (anche temporali), ma permettono di iniziare a mettere al proprio posto diversi tasselli fondamentali per capire cosa è stato il parco nel corso degli anni. Se la prima stagione richiedeva un impegno intellettivo nettamente al di sopra della media delle normali serie tv, la seconda stagione di Westworld sembra voler dire che non solo non ci si può rilassare, ma è probabile che si debba fare uno sforzo in più.

E noi, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, non vediamo l’ora di impegnarci.



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