Il Cacciatore – La serie tv di RAI 2 gioca pesante di Marco Villa
Il Cacciatore è una serie tv italiana di alta qualità e ormai è il caso di smettere di sorprenderci
Vi ricordate quando arrivò la prima stagione di Gomorra e scoprimmo di colpo che sì, qualcosa di muoveva davvero anche in Italia? Ecco, sono passati 4 anni e possiamo dire tranquillamente che non solo qualcosa si mosse ai tempi, ma che quella novità ha aperto una strada. E dopo non sono arrivate solo serie Sky come 1992, ma anche molti altri titoli andati in onda – udite udite – sulla Rai. Da Non Uccidere a Rocco Schiavone, passando per La linea verticale. E finendo a Il Cacciatore, in onda dal 14 marzo su Rai 2 e disponibile anche su RaiPlay
Il Cacciatore è una serie in 12 episodi diretta a metà da Davide Marengo e Stefano Lodovichi e ispirata alla storia del magistrato Alfonso Sabella. Siamo a Palermo, all’indomani delle stragi di Capaci, via D’Amelio, ma anche delle bombe a Milano, Firenze e Roma. Un periodo tesissimo, in cui si muove il magistrato Saverio Barone (Francesco Montanari) nel tentativo di fermare le mire espansionistiche dei nuovi vertici mafiosi, quelli che hanno raccolto lo scettro di Totò Riina dopo la sua incarcerazione. Si tratta soprattutto di Leoluca Bagarella (David Coco), Giovanni Brusca (Edoardo Pesce), nomi che chi ha vissuto quegli anni ricorda perfettamente. Il Cacciatore racconta lo scontro tra lo Stato e la mafia, in quel contesto di trattativa stato-mafia che è stato oggetto di processi infiniti: oltre a quello rappresentato dai mafiosi, infatti, il pericolo è incarnato anche da traditori e fiancheggiatori che potrebbero nascondersi tra i servitori dello stato, a ogni livello.
Per quanto romanzate, le vicende raccontate da Il Cacciatore sono vere: nei primi due episodi si parla del sequestro e dell’uccisione di Giuseppe Di Matteo, figlio tredicenne del collaboratore di giustizia Balduccio. Uno degli episodi più crudi e terribili di quel periodo, a testimoniare come la serie non abbia nessuna intenzione di dare un’immagine romantica dei mafiosi, visto che il loro biglietto da visita è un ragazzino sciolto nell’acido. Una scelta ovviamente più che condivisibile, che permette alla serie di spaziare maggiormente a livello visivo, con una regia che non si accontenta di mostrare quello che succede, ma cerca di essere attiva e presente. A questo si aggiunge anche la scelta di presentare con i mafiosi con grafiche super pop, che indicano i nomi e il numero di omicidi di cui sono accusati, con un contrasto netto tra ciò che viene comunicato e la forma di quella stessa comunicazione.
La serie si chiama Il Cacciatore e ovviamente il centro della narrazione è il personaggio di Francesco Montanari, ma è inevitabile che il vero interesse stia nella possibilità di andare da una fazione all’altra, grazie anche al personaggio di Paolo Briguglia, giovane picciotto che diventa autista personale di Leoluca Bagarella. In tutte le interviste e le presentazioni, è stato fatto il nome di Narcos ed effettivamente il link viene automatico. Ed è un ottimo segno, perché significa che si è a un livello tale per poter fare questo collegamento senza sentirsi a disagio: la scrittura è asciutta; la messa in scena più che interessante; il cast tutto di livello, in particolare Montanari e Coco, ma soprattutto, rispetto a tanti prodotti italiani sia televisivi che cinematografici, non ci sono picchi negativi di recitazione. I famosi cani, che spesso affiorano anche dove non te li aspetteresti.
Il Cacciatore è un prodotto di genere di alta qualità: per usare un modo di dire ormai abusato, non è una fiction, ma una serie tv. L’aspetto più bello, però, è che ora è davvero il momento di smettere di sorprenderci.
Perché seguire Il Cacciatore: perché è una serie dritta senza fronzoli, ovvero la migliore descrizione per una serie di genere
Perché mollare Il Cacciatore: perché siete tra quelli che “basta raccontare storie di mafia”. Mi viene la noia solo a scriverlo, però