Unsolved: The Murders of Tupac and the Notorious B.I.G. – Un nuovo true crime, un altro true crime di Diego Castelli
I true crime stanno diventando troppi, e ogni titolo nuovo sconta la stanchezza per quelli vecchi
In questi giorni sono presissimo al lavoro, proprio da stare in apnea tutto il giorno, e quando succede ho sempre l’impressione di… come dire… non vedere il week end: ogni giorno è uguale all’altro, impegnativo come quello precedente e come quello successivo, e si boccheggia.
Facile dunque immaginare il senso di liberazione al momento di staccare e andare a casa, dove posso mettermi in pantofole e guardarmi un bel pilot di una nuova serie tv.
Solo che ieri ho visto Unsolved, e ho avuto ancora una volta l’impressione di vivere il giorno precedente, e quello prima ancora.
In onda su USA Network, creata da Kyle Long e diretta da Anthony Hemingway (già co-produttore e regista della prima stagione di American Crime Story), Unsolved è una serie antologica true crime che, nel suo primo ciclo di episodi, ricostruisce il mistero e le indagini relative alla morte dei due famosissimi rapper Tupac e The Notorious B.I.G.
E infatti il sottotitolo della prima stagione è, guardacaso, The Murders of Tupac and the Notorious B.I.G..
A questo punto mi sento in dovere di dire una cosa forte, che racchiuda in una singola frase un certo sentimento sviluppato su una stratificazione di sensazioni accumulatesi negli ultimi mesi:
Madonna che palle, ancora il true crime!
Volendo articolare meglio, ci troviamo su un terreno scivoloso. L’ideale, per noi, sarebbe sempre quello di valutare ogni serie per quello che è (o per quello che ci sembra che sia), senza guardare troppo ciò che accade intorno. È il motivo per cui, per esempio, ce ne freghiamo quasi sempre dei romanzi da cui film e serie sono tratti.
Allo stesso tempo, qui siamo tutti impallinati di serie tv, ne guardiamo a quintali, e la capacità di una certa serie di uscire almeno in parte dal solco tracciato dalle altre, buttando dentro qualche elemento di originalità, diventa necessariamente importante.
In questo senso, il true crime sta cominciando a stancare. Risorto a nuova vita negli ultimi 2-3 anni, soprattutto grazie alla prima stagione di American Crime Story e ad alcuni documentari particolarmente di successo (tipo Making a Murderer), ora sembra che le reti televisive non riescano ad andare a dormire se non cagano fuori almeno un true crime a testa.
E se con la storia di OJ Simpson ci siamo esaltati, per poi apprezzare anche uno show come Law & Order True Crime, necessariamente “scopiazzato” ma ancora efficace, ora cominciamo a sentire un po’ la fatica.
La colpa è anche della seconda stagione di American Crime Story, decisamente meno incisiva della prima (e quando dico “meno incisiva” intendo che mi sta annoiando a morte), ma questo non cambia il fatto che Unsolved arriva agli spettatori non tanto come “la nuova serie true crime”, bensì come “l’ennesima”, che come approccio è un po’ meno positivo.
C’è insomma il timore che gli americani, come loro solito, vogliano sfruttare le idee che funzionano anche ben oltre il momento in cui non funzionano più.
Questa è una premessa necessaria per parlare di un pilot che, poverino, non è neanche male. Giocato su tre piani temporali diversi (quello con le vittime ancora vive, quello con le vittime appena morte, e quello con la ripresa dell’indagine dieci anni dopo), Unsolved affronta un altro dei casi criminal-giudiziari che negli States fecero sensazione: Tupac e The Notorious B.I.G., e soprattutto il primo, erano artisti di grandissimo rilievo non solo commerciale, ma anche sociale e culturale. Tupac è tutt’oggi ricordato da molti come il più grande rapper di sempre, e il suo impegno per la comunità afroamericana l’ha trasformato in un’icona che va oltre la semplice industria musicale.
La tripartizione temporale è sicuramente utile a dare alla serie un certo ritmo e una buona capacità di spostare la prospettiva di chi guarda. Se è vero che tutti gli eventi storici vengono compresi davvero solo a qualche anno di distanza dal loro svolgersi, una serie che metta in scena tre tempi diversi di una medesima vicenda punta proprio a darne una visione complessiva non solo nei termini di un’analisi postuma e in qualche modo fredda, ma anche nel senso di una rappresentazione della diversa atmosfera che si respirava nei tre periodi.
Almeno questa mi pare l’intenzione, anche se poi Unsolved non sembra in grado di costruire la stessa tensione drammatica vista in altri prodotti cugini, in cui lo spettatore veniva rapito indipendentemente dal suo interesse per lo specifico caso, ma proprio in virtù della forza incalzante della narrazione. Qui non accade, o non accade abbastanza, perché al netto di quella struttura temporale frammentata, Unsolved è una serie abbastanza tradizionale, che racconta quel che deve raccontare senza prendersi particolari rischi, e anzi (almeno a giudicare dal pilot) rimanendo fin troppo legata alla vicenda degli omicidi, evitando di – o non riuscendo a – ricostruire in modo più completo e culturalmente pregnante la vicenda delle due vittime.
Se cercate su internet, le principali critiche alla serie arrivano proprio da chi sperava di respirare l’atmosfera di quegli anni e la grandezza di Tupac, e invece si trova di fronte un compitino poliziesco.
Purtroppo, a questa analisi si aggiunge poi il problema visto sopra. Unsolved non ha lo stile di ACS, né può vantare lo stesso super-cast (nonostante i vari Josh Duhamel, Michael Harney e Marcc Rose, che già aveva interpretato Tupac in Straight Outta Compton), però il suo lavoro onesto lo fa. Il vero ostacolo, per lo spettatore che non avesse la voglia specifica di conoscere meglio la storia dietro quei famosi delitti, è proprio il senso di soffocamento dato dall’ipersfruttamento di un genere molto riconoscibile e, per questo, subito inflazionato.
Se avessimo visto Unsolved due anni fa, esattamente così com’è, ne parleremmo probabilmente meglio. A inizio 2018, invece, il senso di ripetizione comincia a farsi troppo forte, a meno che il true crime non sia il vostro genere preferito.
Perché seguire Unsolved: non ha la forza dirompente del primo American Crime Story, ma il suo lavoro crime-documentaristico lo fa onestamente.
Perché mollare Unsolved: non sembra in grado di affrontare l’importanza musicale e culturale (non solo criminal-giudiziaria) dei suoi protagonisti, e per questo rischia di essere niente più che l’ennesima serie true crime come già ce ne sono.