Living Biblically: la sitcom sul tizio che voleva vivere secondo i dettami della Bibbia di Diego Castelli
Il concept di Living Biblically poteva dare vita a una grande serie, e invece è una semplice sitcom di CBS
Se non mi sto perdendo dei pezzi (cosa assolutamente possibile) l’ultima volta che abbiamo guardato una nuova sitcom multicamera – cioè di quelle girate in studio in presenza del pubblico che ride – dicendo “be’ ma questa è una figata”, risale al 2007, anno della prima stagione di The Big Bang Theory. Non me ne viene in mente un’altra più recente che si sia potuta definire realmente nuova e realmente dirompente.
Il che non significa che non abbiano più prodotto sitcom piacevoli o divertenti: ci sono state 2 Broke Girls, Mom, io adoravo Undateable, che per un periodo è andata in onda in diretta, fatto assai poco usuale. Ma di fenomeni veri, pochi o niente.
Tutto questo per dire che il formato della sitcom multicamera sta vivendo un periodo di appannamento che potrebbe anche essere definitivo, almeno fino al prossimo megasuccesso del genere che ci farà ricredere tutti.
E niente, ora non pensate che questo preambolo serva da introduzione a un grande rivoluzione. Era solo un preambolo. Di quelli per i quali il Villa poi mi accusa di sbrodolare.
Perché Living Biblically, la sitcom di cui parliamo oggi, non sarà il nuovo fenomeno serial-mediatico del decennio, ma probabilmente manco del prossimo mese.
In onda su CBS, creata da Patrick Walsh, tratta dal libro di A.J. Jacobs, e prodotta fra gli altri da Johnny Galecki (il Leonard di The Big Bang Theory), racconta di Chip (Jay R. Ferguson), un uomo qualunque che, dopo la morte del suo migliore amico, decide di provare a vivere i prossimi mesi, fino alla nascita del futuro figlio già in crescita nel grembo di sua moglie, secondo i dettami della Bibbia. Nel senso di letteralmente.
Quella che inizia come un’idea strampalata e destinata a fallire in fretta prende corpo quando l’esperienza di Chip viene notata dalla sua capa alla rivista per cui scrive, che gli dice di documentare per i lettori il suo percorso: e il resto è storia. Anzi il resto è sitcom.
Ora, io sono un ateo rancoroso, di quelli che non solo sono indifferenti alla religione, ma la schifano proprio, per lo meno nella sua parte strettamente fideistica (perché poi dal punto di vista narrativo ci sono pure delle discrete figate, roba da farci diverse stagioni da 13 episodi).
Per questo la satira sulla religione mi piace sempre, mi fa sentire intelligente e moderno. In questo senso, Living Biblically ha molto materiale su cui lavorare, perché sarà capitato a tutti di trovare su internet le classifiche tipo “le 10 cose assurde che dovremmo fare se vivessimo seguendo la Bibbia alla lettera”. La serie funziona allo stesso modo, e buona parte della comicità arriva dalla necessità, per Chip, di fare cose abbastanza assurde come vestirsi sempre usando un solo tipo di stoffa alla volta, oppure tirare sassi ai fedifraghi. E se a questo aggiungiamo la presenza di un prete e un rabbino assai meno intransigenti del protagonista e interpretati da quelle due sagomacce di David Krumholtz e Ian Gomez, ecco che riusciamo a sguazzare in una generale atmosfera di amichevole piacevolezza.
Purtroppo però, la vera satira religiosa, graffiante e scorretta, non sta certo qui, né forse potrebbe starci, in una sitcom generalista che non si può permettere di esagerare. Da questo punto di vista, troviamo ironia ben più ficcante in serie che non sono nemmeno espressamente comiche, tipo Preacher, o Shameless. Living Biblically sembra fingere di essere cattiva, riesce al massimo a essere birbantella, e finisce col diventare serenamente buonista, lasciandoci con il rimpianto al pensiero di cosa questo concept sarebbe potuto diventare su una cable in grado di spingere sul serio sul pedale del sangue e della bruttura, magari pestando sul pedale delle non-differenze fra quelli che condannano le altre religioni senza ricordare che pure nelle pieghe della propria si nascondono le peggio puttanate.
Non gliene faccio comunque una gran colpa, a Living Biblically: fa quello che deve fare su una rete che ha obiettivi ben diversi da HBO o AMC. Certo noi, da spettatori, possiamo però pretendere di più di qualche momento di simpatia.
Perché seguire Living Biblically: ha un ritmo discreto, una generica simpatia, e agli amanti della satira religiosa il tema potrebbe interessare.
Perché mollare LIving Biblically: Non è abbastanza graffiante per diventare un cult anticlericale, e in generale non riesce a spiccare sullo sfondo, in un momento storico in cui le sitcom multicamera faticano a trovare nuove vie all’intrattenimento.
PS Abbiamo ovviamente inserito Living Biblically nella nostra classifica dei pilot del 2018. Correte a vedere la sua posizione, yeee!