Black Lightning: un nuovo supereroe CW, con giusto qualche novità di Diego Castelli
CW aggiunge un eroe nero e anzianotto alla squadra di superumani, ma Black Lightning rimane saldamente nel solco dei suoi cugini
Non posso affermare di conoscere con certezza il motivo per cui CW abbia deciso di introdurre un nuovo supereroe nella sua già allegra brigata composta da Green Arrow, Supergirl, Flash e tutti i cabarettisti di Legends of Tomorrow, né tanto meno posso dire di sapere perché hanno scelto proprio Black Lightning, un personaggio nato sul finire degli anni Settanta e protagonista di una storia editoriale abbastanza travagliata, con poco spazio da protagonista e tante apparizioni da comprimario.
Allo stesso tempo, un motivo mi pare facilmente immaginabile: volevano avere un eroe nero, e sono andati a cercarsene uno dei pochi dell’universo DC, che come quello Marvel è un mondo soprattutto maschio e ancor più soprattutto bianco.
La strategia è tanto banale quanto legittima, e mi sembra ancor più palese se consideriamo che in Black Lighting di bianchi ce ne sono pochissimi, quasi nessuno, e perfino il cattivo Tobias Whale, che è visivamente bianco, in realtà è un afroamericano albino, interpretato da Marvin Jones III (per gli amici dell’hip hop Krondon).
La domanda è: la voglia di creare un prodotto più appetibile per gli spettatori afroamericani basta per ottenere una serie degna “in generale”? A quanto pare, sì e no.
Il pilot di Black Lighting – in cui il protagonista metaumano, picchiatore e domatore di elettricità è interpretato da Cress Williams – si porta dietro almeno due pregi evidenti e un difetto ancor più evidente.
Di buono c’è una costruzione della storia di Jefferson Pierce che prova a partire in modo diverso dal solito. Non ci troviamo di fronte il solito ragazzo che scopre di avere (o acquisisce) dei poteri, per poi decidere di combattere il crimine con modalità e costumi tutti da scoprire. Qui no, qui Black Lighting c’era già, e anzi è già andato in pensione. Dopo anni passati a bruciare i peli del culo ai cattivi e a rischiare la vita, Pierce ha appeso il costume al chiodo per dedicarsi alla famiglia e in particolare alle due figlie. Per farlo è diventato preside di una scuola d’eccellenza che, di fatto, è l’unica oasi di equilibrio e non violenza rimasta all’interno di una città in cui, senza più il suo supereroe, la criminalità ha potuto prima riprendersi e poi prosperare.
La serie dunque prende le mosse nel momento in cui Pierce, un uomo più maturo e con più storia alle spalle rispetto ai suoi cugini supereroi televisivi (a parte forse Oliver Queen che ci ha smaronato all’infinito con i suoi cinque anni lontano da casa), non può più girare la testa dall’altra parte, momento che inevitabilmente coincide con il coinvolgimento delle figlie in affari e compagnie poco losche. Che poi le ragazze non sono mica scapestrate, sia chiaro, è che semplicemente c’è così tanto marcio in città, che alla fine pure loro rischiano di essere sporcate.
A questo punto non resta che tornare dall’amico sarto Peter Gambi (interpretato da James Remar, di nuovo mentore e “padre” dopo Dexter), entusiasta all’idea di tornare in azione ché di vendere camicie non ne poteva assolutamente più, e via che si torna per strada a dar la scossa ai malviventi.
Questa struttura “anziana”, se così possiamo chiamarla, di Black Lightning, è certamente un pregio perché ci consente di vedere cose già viste da una prospettiva almeno parzialmente nuova, e perché la metafora del diventare grandi tipica di ogni supereroe ragazzino viene sostituita da un grumo di sensazioni ancora più difficili, che c’entra con la responsabilità, il sacrificio, il rimpianto, ma anche la paura delle scelte ancora da compiere in un periodo della vita in cui le decisioni più importanti dovrebbero essere già state prese.
A interpretare tutto questo, e qui arriva il secondo pregio, c’è un Cress Williams che ha carisma da vendere, un bel quasi-cinquantenne con le spalle larghe e il volto solido e comprensivo di chi è soldato, padre, preside, mentore per qualcuno e studente per qualcun altro. Uno che, insomma, potrebbe andare da tutti gli altri supereroi DC per mettergli sul fuoco il latte coi biscotti, dando agli spettatori la giusta impressione di avere tanta esperienza ma anche brutte cicatrici.
Certo, poi il pilot di Black Lighting non è nemmeno una bomba, nel senso che non ci stupisce in maniera particolare né dal punto di vista narrativo (a parte la buona inversione di cui parlavamo prima), né dialogico, né visivo. Non è nemmeno quello a cui punta CW, che non voleva certo stravolgere il suo pantheon supereroistico con una serie completamente diversa dalle altre (sennò poi i crossover come li gestisce?), e che per questo mette insieme un episodio onesto che scorre via con lodevole semplicità.
Il difetto vero, semmai, arriva verso al fine. Per 30-35 minuti Black Lightning ci racconta di un uomo segnato dalla vita, ma ora dotato di un minimo di equilibrio, costretto a tornare a combattere contro la sua volontà (al contrario di tutti gli altri supereroi CW che invece si buttano a pesce nel pericolo perché gli piace). Tutto sommato ci si diverte, ma poi succede che Pierce deve mettersi il vecchio custome, giusto un po’ aggiornato dall’amico sarto, e qui inspiegabilmente va un po’ tutto in vacca. Addosso a un Cress Williams pieno di elegante carisma, il costume appare grosso e pacchiano. Le scene di combattimento, in cui i poteri elettrici dell’eroe si risolvono quasi sempre nel semplice “ti tiro un pugno da cui spuntano i fulmini”, risultano stanche e già viste, con pochissima verve. Quando poi Fulmine Nero decide di fare cose un po’ diverse, ecco che usa l’elettricità per tenere sospeso in aria un cattivo e interrogarlo, trasformando i fulmini in una specie di telecinesi che ok, non possiamo tacciare di “irrealismo” perché stiamo pur sempre guardando una serie fantasy piena di cose assurde, però un sopracciglio ce lo alza lo stesso.
L’impressione finale, confermata per ora anche dal secondo episodio, è quella di una serie che potrebbe avere un po’ di cose da raccontare, un nuovo capitolo del supereroismo CW che, partendo da basi leggermente diverse rispetto ai cugini, promette scorci nuovi e tematiche almeno in parte originali (supportate dall’ambientazione nei ghetti che fa sembrare Flash un borghesotto fortunello che deve solo preoccuparsi di correre fortissimo). Tutto questo, però, all’interno di una cornice stilistica che non poteva cambiare più di tanto, e che quindi non credo possa convincere chi non ha mai guardato Arrow, Supergirl e via dicendo. Certo, a meno che non siate afroamericani che non aspettavano altro di vedere un nero supereroe protagonista di uno show televisivo generalista. Se il problema era solo quello – “Madonna quanto guarderei Arrow se solo Oliver Queen fosse nigeriano” – allora siete a posto.
Perché seguire Black Lightning: Il protagonista più anziano e navigato della media dei supereroi CW offre spunti narrativi più originali del solito.
Perché mollare Black Lightning: lo stile complessivo rimane simile a quello degli altri prodotti della stessa rete: se Flash, Arrow e Supergirl non vi hanno mai stuzzicato, questo farà la stessa fine.